
Già, perché gli italiani devono “esserci” mentre tutti, ma proprio tutti, pensano a non esserci più come truppe combattenti. A cominciare dal ritiro dei britannici da Sangin per le troppe perdite subite, dagli spagnoli che resteranno fino al 2011 ma senza partecipare alla guerra, senza dimenticare la vera e propria fuga con disonore del comandante in capo generale McChristal che è rocambolescamente uscito di scena, e dall’esercito Usa, con un suo personalissimo conflitto con Obama e un’altrettanto personale exit strategy. Ma addirittura il nuovo comandante David Petraeus, mentre annuncia periodi di guerra ancora più drammatici, avvia in Afghanistan il piano già provato in Iraq, anche se con ambigui risultati: mettere a libro paga i talebani buoni, poi i così e così e infine anche i cattivi. Anche il presidente Obama annuncia il ritiro entro il 2011 ma, sotto pressione dei militari, lo vuole su posizioni di forza; così ordina l’incomprensibile: allerta per la ritirata ma inizia una nuova escalation con 31mila soldati americani in più.
Una disfatta, per una guerra scattata nell’ottobre del 2001 come vendetta per l’11 settembre, e subito caratterizzata si per le feroci stragi dei civili. Forse politicamente più grave di quella del Vietnam.
Perché dimostra che, dopo l’89, il conflitto armato è l’unica offerta, concreta e simbolica,che l’Occidente sa rivolgere al groviglio dei conflitti orientali. Ed è una risposta perdente.
Ce n’è abbastanza perché in Italia si spacchi quella rovinosa coalizione bipartisan che la guerra ha approvato. E che il Pd e chi dichiara di incalzarlo da sinistra indichi la questione primaria delle primarie: la guerra, contro la Costituzione e contro i civili. Perché ieri, tra le nuove rivelazioni del portale Wikileaks, è emersa la preoccupante stagione delle menzogne di centrosinistra.
«Più truppe, ma con discrezione», chiedeva il governo Prodi, la condizione posta alle pressioni americane era che il dibattito sull’invio di nuovi soldati italiani «non sia trattato pubblicamente ma solo a livello tecnico». Bisognava tacere la crudeltà, poi bastò metterci la pezza dei caveat: l’importante era, ed è anche in questo momento, avere sul campo militari combattenti. Bisognava, per una «prova di civiltà», entrare a tutti i costi nella considerazione di George W. Bush che non voleva parlare con il capo di una coalizione di centrosinistra e che inviava il famigerato ambasciatore Negroponte a lamentarsi del «molto problematico» processo a Lozano per il ferimento a Baghdad di Giuliana Sgrena e l’uccisione di Nicola Calipari. Ecco che una guerra tira l’altra. La metafora delle rivelazioni di Wikileaks è che se la prima vittima della guerra è la verità, la seconda è la sinistra.
Fonte articolo e vignetta 'Il Manifesto'

Nessun commento:
Posta un commento