Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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mercoledì 23 giugno 2010
Scuola di giornalismo di Marco Travaglio
(vignetta satrix)
Più che per il fatto in sé, già masticato e ruminato da sei anni di indagini tutte archiviate, l’iscrizione sul registro degl’indagati di Di Pietro per l’annosa polemica sui rimborsi elettorali del 2004 è illuminante per come la trattano i giornali “garantisti”: quelli che escono ogni mattina non per dare notizie, ma per coprire le vergogne dei loro editori pregiudicati o imputati. Partiamo dal Giornale (Berlusconi) e da Libero (Angelucci). Feltri l’altroieri lacrimava per il rinvio a giudizio di don Gelmini per molestie sessuali: “Finire sui giornali quale protagonista di torbide vicende è una sofferenza atroce per tutti” (e lui ne sa qualcosa, avendo sbattuto in prima pagina una falsa informativa di polizia sull’omosessualità di Boffo). Infatti ora titola: “COSÌ IMPARI”. “L’ex pm nei guai. Se fosse coerente dovrebbe lasciare il Parlamento”. “Neanche l’ennesimo scandalo (sic, ndr) convincerà Tonino a smettere di atteggiarsi a modello di legalità”. Ecco: i fatti non contano nulla, l’importante è poter mettere sullo stesso piano Di Pietro e Berlusconi in una notte dove tutte le vacche sono nere ed espellere la questione morale dal dibattito politico. Libero, l’inserto satirico del Giornale, titola in prima: “DOVE HA MESSO I SOLDI?”. Parla delle tangenti degli Angelucci e di Berlusconi? No, dei rimborsi elettorali Idv. Belpietro (avete capito bene: Belpietro) si lagna perché Di Pietro “è uscito candido come un giglio” da tutte le inchieste, anzi osa pure “atteggiarsi a vittima di calunniatori e avversari politici”: in effetti 30 procedimenti a Brescia basati sul nulla e finiti nel nulla sono pochi. Per atteggiarsi a vittima bisogna depenalizzare i propri reati o farla franca per amnistia, prescrizione, Cirielli, lodo Schifani o Al Fano, legittimo impedimento. Ma stavolta il garantista Belpietro ha buone speranze che Di Pietro verrà arrestato: “Aspettiamo la fase 2, quella delle manette pulite, un giorno arriverà”, purché si trovi “un giudice vero”. E Libero ne ha trovati addirittura due. Alla Procura di Roma. Il pm Caperna che indaga su Di Pietro “è un bell’uomo, alto e distinto”, mentre l’altro, Pisani, “è minuto e affabile”. Finalmente due pm che piacciono a Libero. Anche fisicamente. Il Pompiere della Sera, dall’alto delle sue campagne moralizzatrici sui suoi editori pregiudicati (Ligresti) e imputati (Geronzi), si domanda se il Fatto darà la notizia dell’indagine su Di Pietro o la nasconderà. Spettacolare la “Nota” di Massimo Franco, il pompiere capo ieri moderatamente piromane: dicendo che la sua iscrizione è un “atto dovuto” in seguito alla denuncia di Veltri, cioè la pura verità, Di Pietro “tenta di screditare in anticipo qualunque possibilità che l’indagine possa metterlo nei guai”. Molto meglio gridare al complotto delle toghe azzurre pilotate dai nemici politici, invocare l’immunità e la privacy, attaccare la Costituzione, depenalizzare la truffa, invocare un lodo Di Pietro. Gran finale di Franco: “‘Male non fare, paura non avere’, dice ai militanti il leader nella sua memoria. Ma la scelta di rovesciare valanghe di documenti sul proprio sito è la conferma di un imbarazzo palpabile”. Ma certo: se uno non risponde alle domande, strilla al complotto e sfugge alla giustizia, vuol dire che non ha nulla da temere. Se invece risponde subito nel merito con “valanghe di documenti” per dimostrare che non ha nulla da nascondere, vuol dire che è imbarazzato. Chissà cosa c’è sotto. Ps. Nell’editoriale “L’enigma Brancher”, Pigi Battista si domanda perché mai Brancher sia diventato ministro, visto che non lo voleva neppure Bossi e, nel suo piccolo, nemmeno Gasparri. “Una scelta estrosa”, insomma. A un certo punto accenna al legittimo impedimento che lo mette al riparo dal processo Antonveneta, ma subito lo liquida come “un sospetto ingiusto”. La notizia che Brancher pagava tangenti per la Fininvest e, in tre mesi di carcere, tenne la bocca chiusa, non gli è pervenuta. Lui del resto è ancora convinto che i bambini li porti la cicogna o si trovino sotto un cavolo. La mamma non gli ha ancora detto nulla.
Fonte articolo 'Il fatto Quotidiano'
link collegato:
Piercazzeggiando di Marco Travaglio
Il pompiere incendiario di Marco Travaglio
Più che per il fatto in sé, già masticato e ruminato da sei anni di indagini tutte archiviate, l’iscrizione sul registro degl’indagati di Di Pietro per l’annosa polemica sui rimborsi elettorali del 2004 è illuminante per come la trattano i giornali “garantisti”: quelli che escono ogni mattina non per dare notizie, ma per coprire le vergogne dei loro editori pregiudicati o imputati. Partiamo dal Giornale (Berlusconi) e da Libero (Angelucci). Feltri l’altroieri lacrimava per il rinvio a giudizio di don Gelmini per molestie sessuali: “Finire sui giornali quale protagonista di torbide vicende è una sofferenza atroce per tutti” (e lui ne sa qualcosa, avendo sbattuto in prima pagina una falsa informativa di polizia sull’omosessualità di Boffo). Infatti ora titola: “COSÌ IMPARI”. “L’ex pm nei guai. Se fosse coerente dovrebbe lasciare il Parlamento”. “Neanche l’ennesimo scandalo (sic, ndr) convincerà Tonino a smettere di atteggiarsi a modello di legalità”. Ecco: i fatti non contano nulla, l’importante è poter mettere sullo stesso piano Di Pietro e Berlusconi in una notte dove tutte le vacche sono nere ed espellere la questione morale dal dibattito politico. Libero, l’inserto satirico del Giornale, titola in prima: “DOVE HA MESSO I SOLDI?”. Parla delle tangenti degli Angelucci e di Berlusconi? No, dei rimborsi elettorali Idv. Belpietro (avete capito bene: Belpietro) si lagna perché Di Pietro “è uscito candido come un giglio” da tutte le inchieste, anzi osa pure “atteggiarsi a vittima di calunniatori e avversari politici”: in effetti 30 procedimenti a Brescia basati sul nulla e finiti nel nulla sono pochi. Per atteggiarsi a vittima bisogna depenalizzare i propri reati o farla franca per amnistia, prescrizione, Cirielli, lodo Schifani o Al Fano, legittimo impedimento. Ma stavolta il garantista Belpietro ha buone speranze che Di Pietro verrà arrestato: “Aspettiamo la fase 2, quella delle manette pulite, un giorno arriverà”, purché si trovi “un giudice vero”. E Libero ne ha trovati addirittura due. Alla Procura di Roma. Il pm Caperna che indaga su Di Pietro “è un bell’uomo, alto e distinto”, mentre l’altro, Pisani, “è minuto e affabile”. Finalmente due pm che piacciono a Libero. Anche fisicamente. Il Pompiere della Sera, dall’alto delle sue campagne moralizzatrici sui suoi editori pregiudicati (Ligresti) e imputati (Geronzi), si domanda se il Fatto darà la notizia dell’indagine su Di Pietro o la nasconderà. Spettacolare la “Nota” di Massimo Franco, il pompiere capo ieri moderatamente piromane: dicendo che la sua iscrizione è un “atto dovuto” in seguito alla denuncia di Veltri, cioè la pura verità, Di Pietro “tenta di screditare in anticipo qualunque possibilità che l’indagine possa metterlo nei guai”. Molto meglio gridare al complotto delle toghe azzurre pilotate dai nemici politici, invocare l’immunità e la privacy, attaccare la Costituzione, depenalizzare la truffa, invocare un lodo Di Pietro. Gran finale di Franco: “‘Male non fare, paura non avere’, dice ai militanti il leader nella sua memoria. Ma la scelta di rovesciare valanghe di documenti sul proprio sito è la conferma di un imbarazzo palpabile”. Ma certo: se uno non risponde alle domande, strilla al complotto e sfugge alla giustizia, vuol dire che non ha nulla da temere. Se invece risponde subito nel merito con “valanghe di documenti” per dimostrare che non ha nulla da nascondere, vuol dire che è imbarazzato. Chissà cosa c’è sotto. Ps. Nell’editoriale “L’enigma Brancher”, Pigi Battista si domanda perché mai Brancher sia diventato ministro, visto che non lo voleva neppure Bossi e, nel suo piccolo, nemmeno Gasparri. “Una scelta estrosa”, insomma. A un certo punto accenna al legittimo impedimento che lo mette al riparo dal processo Antonveneta, ma subito lo liquida come “un sospetto ingiusto”. La notizia che Brancher pagava tangenti per la Fininvest e, in tre mesi di carcere, tenne la bocca chiusa, non gli è pervenuta. Lui del resto è ancora convinto che i bambini li porti la cicogna o si trovino sotto un cavolo. La mamma non gli ha ancora detto nulla.
Fonte articolo 'Il fatto Quotidiano'
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