Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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martedì 1 giugno 2010
ISRAELE: Le ragioni di un’azione senza ragioni di Zvi Schuldiner
Da Gerusalemme-Il premier Benjamin Netanyhau ha dovuto annullare il suo incontro con Obama a Washington e rientrare precipitosamente di fronte al montare dell’enorme crisi internazionale creata dalla brutale azione della marina israeliana contro la «Freedom Flottilla» diretta a Gaza.
L’incendio si estende per il mondo e Israele si ritrova in mezzo a un terribile uragano che forse ha un solo punto positivo: l’impressionante catena delle reazioni internazionali all’azione israeliana serve a gettare un fascio di luce su una realtà oscurata quali l’assedio di Gaza e la miseria imposta a un milione e mezzo di palestinesi.
La ragione di un atto senza ragione sembra essere in defintiva piuttosto semplice: il governo israeliano è al fondo un governo di piromani che minaccia costantemente di appiccar fuoco a tutta la regione. La propaganda a buom mercato che racconta di un governo d’Israele alla ricerca incessante della pace non può nascondere l’essenza del problema: la politica di Netanyahu e soci è una politica di forza fondata sulla necessità di imporre un accordo che permetta di consolidare l’espansionismo territoriale della destra radicale e dei suoi alleati.
Pavlovianamente il ministro della difesa Ehud Barak, uno pseudo «social-democratico moderato», e altri agit-prop israeliani già si sono lanciati nel tradizionale vittimismo proprio della propaganda ufficiale: non sono pacifisti, a Gaza non c’è nessuna crisi umanitaria, hanno attaccato i nostri soldati e volevano ammazzarli, sono agenti al servizio dell’Iran, degli Hezbollah, del terrorismo islamico, volevano aprire in realtà un canale per introdurre armi e missili..., noi siamo le vittime!
Appena tornato Netanyahu si troverà davanti alla peggior crisi affrontata dal suo governo che dovrà rispondere a quello che tutto il mondo vuole sapere: perché si è scelto l’attacco armato quando in tutta evidenza c’erano altre opzioni alternative, anche sul piano militare, che avrebbero permesso di evitare spargimenti di sangue? Si leva già qualche voce, qui in Israele, a chiedere una commissione giudiziaria d’inchiesta ma soffocata da altre voci, quelle degli agit-prop del governo e del leader della «opposizione»: Tsipi Livni del Kadima ha già offerto i suoi servigi a Netanyahu perché in questa ora difficile dobbiamo stare tutti uniti, dice l’ex-ministro degli esteri nel governo di Olmert che scatenò la criminale guerra contro Gaza nel dicembre 2008.
Solo la sinistra, i partiti arabi e il Meretz sembrano fare eccezione all’esplosione sciovinista d’appoggio ai «nostri ragazzi che hanno dovuto reagire davanti al pericolo per le loro vite». La Freedom Flottilla costituiva un problema fin dall’inizio. Non perché servisse da copertura di qualche gruppo terrorista, perché fosse al servizio dell’Iran o di Hamas ma perché rimetteva in primo piano la criminale stupidità del governo israeliano che continua nel suo brutale assedio di Gaza, sulla base di argomenti propagandistici che sono oro colato per i razzisti di ogni risma, per ’aria anti-islamica che spira in occidente, per tutti quelli che amano l’uso della forza e la guerra.
L’assedio di Gaza è illegale, provoca enorme penuria alla popolazione e non può nascondere il fatto che se si vuole davvero la pace bisognerà discuterla anche con Hamas abbandonando una politica mirata ad approfondire le divisioni interne fra i palestinesi. Con vari morti turchi, con una violenta reazione diplomatica europea e mondiale che include i migliori amici del governo israeliano (Merkel, Sarkozy, Medvedev, fra gli altri), con l’ambasciatore turco richiamato ad Ankara e un serio deterioramento dei rapporti con la Turchia, con il Consiglio di sicurezza convocato d’urgenza, la propaganda menzognera e demagica di Israele non basterà.
Chissà che il tragico evento di ieri non abbia anche un effetto positivo: il fatto che non si può più continuare a ignorare l’assedio di Gaza. Oggi è diventato ancor più chiaro che la cieca politica di forza del governo israeliano non serve neanche gli interessi di Israele. Più importante ancora che cercare la responsabilità di quel tal sergente o soldato, il sanguinoso attacco dei commandos dimostra che bisogna mettere fine alla brutale politica israeliana e cercare la strada per negoziati di pace seri.
Fonte articolo e vignetta 'Il Manifesto'
L’incendio si estende per il mondo e Israele si ritrova in mezzo a un terribile uragano che forse ha un solo punto positivo: l’impressionante catena delle reazioni internazionali all’azione israeliana serve a gettare un fascio di luce su una realtà oscurata quali l’assedio di Gaza e la miseria imposta a un milione e mezzo di palestinesi.
La ragione di un atto senza ragione sembra essere in defintiva piuttosto semplice: il governo israeliano è al fondo un governo di piromani che minaccia costantemente di appiccar fuoco a tutta la regione. La propaganda a buom mercato che racconta di un governo d’Israele alla ricerca incessante della pace non può nascondere l’essenza del problema: la politica di Netanyahu e soci è una politica di forza fondata sulla necessità di imporre un accordo che permetta di consolidare l’espansionismo territoriale della destra radicale e dei suoi alleati.
Pavlovianamente il ministro della difesa Ehud Barak, uno pseudo «social-democratico moderato», e altri agit-prop israeliani già si sono lanciati nel tradizionale vittimismo proprio della propaganda ufficiale: non sono pacifisti, a Gaza non c’è nessuna crisi umanitaria, hanno attaccato i nostri soldati e volevano ammazzarli, sono agenti al servizio dell’Iran, degli Hezbollah, del terrorismo islamico, volevano aprire in realtà un canale per introdurre armi e missili..., noi siamo le vittime!
Appena tornato Netanyahu si troverà davanti alla peggior crisi affrontata dal suo governo che dovrà rispondere a quello che tutto il mondo vuole sapere: perché si è scelto l’attacco armato quando in tutta evidenza c’erano altre opzioni alternative, anche sul piano militare, che avrebbero permesso di evitare spargimenti di sangue? Si leva già qualche voce, qui in Israele, a chiedere una commissione giudiziaria d’inchiesta ma soffocata da altre voci, quelle degli agit-prop del governo e del leader della «opposizione»: Tsipi Livni del Kadima ha già offerto i suoi servigi a Netanyahu perché in questa ora difficile dobbiamo stare tutti uniti, dice l’ex-ministro degli esteri nel governo di Olmert che scatenò la criminale guerra contro Gaza nel dicembre 2008.
Solo la sinistra, i partiti arabi e il Meretz sembrano fare eccezione all’esplosione sciovinista d’appoggio ai «nostri ragazzi che hanno dovuto reagire davanti al pericolo per le loro vite». La Freedom Flottilla costituiva un problema fin dall’inizio. Non perché servisse da copertura di qualche gruppo terrorista, perché fosse al servizio dell’Iran o di Hamas ma perché rimetteva in primo piano la criminale stupidità del governo israeliano che continua nel suo brutale assedio di Gaza, sulla base di argomenti propagandistici che sono oro colato per i razzisti di ogni risma, per ’aria anti-islamica che spira in occidente, per tutti quelli che amano l’uso della forza e la guerra.
L’assedio di Gaza è illegale, provoca enorme penuria alla popolazione e non può nascondere il fatto che se si vuole davvero la pace bisognerà discuterla anche con Hamas abbandonando una politica mirata ad approfondire le divisioni interne fra i palestinesi. Con vari morti turchi, con una violenta reazione diplomatica europea e mondiale che include i migliori amici del governo israeliano (Merkel, Sarkozy, Medvedev, fra gli altri), con l’ambasciatore turco richiamato ad Ankara e un serio deterioramento dei rapporti con la Turchia, con il Consiglio di sicurezza convocato d’urgenza, la propaganda menzognera e demagica di Israele non basterà.
Chissà che il tragico evento di ieri non abbia anche un effetto positivo: il fatto che non si può più continuare a ignorare l’assedio di Gaza. Oggi è diventato ancor più chiaro che la cieca politica di forza del governo israeliano non serve neanche gli interessi di Israele. Più importante ancora che cercare la responsabilità di quel tal sergente o soldato, il sanguinoso attacco dei commandos dimostra che bisogna mettere fine alla brutale politica israeliana e cercare la strada per negoziati di pace seri.
Fonte articolo e vignetta 'Il Manifesto'
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