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di 'Per quel che mi riguarda'

martedì 25 maggio 2010

UNA BELLA RETATA di Norma Rangeri

Piuttosto insolita, qualcuno dice storica, la scena nel salone della Federazione nazionale della stampa. I direttori della gran parte dei quotidiani nazionali e locali, grandi e piccoli, si sono riuniti sotterrando divisioni politiche e rivalità mercantili, per testimoniare un inedito fronte della protesta contro il disegno di legge del governo sulle intercettazioni.
Questa reazione, siglata da un breve documento firmato da tutti, è un elemento nuovo, possibile preludio di forme di disubbidienza collettive. Se il testo, oggi al passaggio cruciale dalla commissione giustizia all’aula del senato, dovesse passare così come è stato pensato dagli avvocati di Berlusconi, le edicole domani potrebbero sfidare multe e manette
vendendo lo stesso articolo proibito. Una bella retata di direttori, ecco un altro miracolo berlusconiano. Sono ore di intenso lavoro per mediatori e pontieri, all’opera nei palazzi romani per limare, cancellare, emendare, e alla fine raddrizzare l’impianto di un disegno di legge segnato da quel misto di arroganza e debolezza che costituisce il tratto dominante della fase berlusconiana. E per questo difficilmente cancellabile.
Costretto ad annunciare quei «duri sacrifici» inflitti agli italiani da una classe politica moralmente impresentabile, colpito dal precipitoso calo di fiducia del leader, il governo tenta l’ultimo giro di vite, nel momento di maggiore precarietà degli equilibri politici. Per questo il disegno di legge, concepito come l’estremo rimedio, l’unico in grado di cancellare quel gigantesco contro-reality che ha alzato il velo sul governo del malaffare, è una specie di ancora della salvezza. Pensavano di poter allontanare le inchieste giudiziarie e di silenziare la stampa in un colpo solo, per poi affrontare il resto della legislatura. Trattare i poteri editoriali come un qualunque Tg1 da zittire è stato un errore. Ha ragione Fedele Confalonieri a dire che si è esagerato. Con questa legge le foto del caso Cucchi non potevano essere pubblicate. Solo che il presidente di Mediaset si riferisce amagistrati e giornalisti.
Noi abbiamo una ragione in più per partecipare a una battaglia di libertà. Anche se ne sopportiamo il pesomaggiore. Non avremo un editore o un partito in grado di pagare
le multe stratosferiche per chi disobbedisce alla legge, e con i tagli di Tremonti ci vengono sottratti i finanziamenti
necessari per sopravvivere. Una questione di diritto soggettivo camuffata da risparmi indotti dalla crisi, così come il passaggio di regime operato da questa legge è travestito da provvedimento contro le intercettazioni.
Ora il compito della stampa è tradurre l’unanime protesta delle testate in un coinvolgimento costante dell’opinione pubblica. A essere sfregiato non è il dovere dei giornalisti o il potere dei giudici, ma il diritto delle persone di conoscere in totale trasparenza chi sono i politici che chiedono il voto. Prima ancora di investire la Corte di Strasburgo, sono i cittadini, i lettori, in definitiva l’altra metà del paese che va informata e mobilitata per la libertà, contro una democrazia a bassa di bassa qualità.

Fonte articolo e vignetta 'Il Manifesto'

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