Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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lunedì 24 maggio 2010
LA RAPINA DEL CONDONO di Edoardo Salzano
La notizia è confermata. Il governo starebbe per inserire nella manovra finanziaria un provvedimento di condono per gli edifici abusivi emersi dalle verifiche del catasto. Insomma, per compensare gli autori delle speculazioni finanziarie e «risolvere» in tal modo la crisi dell’euro, oltre a togliere soldi dalle nostre tasche tagliando salari e pensioni e aumentando tariffe, tolgono speranza al nostro futuro dissipando un po’ di più due beni comuni cui è affidato il nostro destino: l’autorità dello stato e la salute del territorio.
Lo Stato - anzi, la Repubblica - non è di «lorsignori». Lo abbiamo conquistato con la Resistenza, e con la Costituzione gli abbiamo affidato la cura degli interessi collettivi, fondandolo sul lavoro e sulla tensione verso l’equità. La certezza della legge è la garanzia soprattutto per quelli che hanno meno potere degli altri. Condonare gli abusi di chi ha infranto la legge dello stato significa minare l’autorità pubblica, confermando la convinzione che chi non viola la legge (a spese degli altri) è un fesso.
Il territorio non è suolo edificabile ad libitum di chi ne possiede un pezzo. È un bene scarso, intriso di bellezza e di storia e minacciato da fragilità estese e spesso nascoste; è un patrimonio collettivo che deve essere utilizzato oggi e domani, nelle sue potenzialità e nei suoi valori. In tutti i paesi civili la sua utilizzazione da parte dei possessori è assoggettata al rispetto di norme d’interesse collettivo, che si chiamano «piani territoriali e urbanistici». Legittimare l’abusivismo significa premiare chi ha anteposto i propri interessi immediati a quelli di tutti, incoraggiare quelli che possono a seguire questa strada.
Come Paolo Berdini ricordava, anticipando sul manifesto del 16 maggio il ricorso governativo al condono, il berlusconismo non è nuovo a queste imprese. Dopo il condono di Craxi nel 1985 i governi di destra ne hanno approvato un secondo (1996) e un terzo (2003). L’anno scorso, plagiando i presidenti regionali,
Berlusconi col suo «piano casa» ha promosso quello che si è definito «condono preventivo». E meno di un mese fa, con un decreto legge che è passato sotto silenzio, il Consiglio dei ministri ha approvato un provvedimento che condona gli abusi «per fronteggiare la grave situazione abitativa della Campania».
Una grande campagna d’opinione per difendere i beni comuni dell’autorità collettiva e del territorio dovrebbe intrecciarsi con quelle in corso per la difesa dell’acqua pubblica e per la libertà dell’informazione. Solo quando queste battaglie, insieme a quelle per la scuola e per il lavoro, troveranno un denominatore e una voce comune si potrà sperare in un coronamento politico dell’azione che si svolge nelle piazze: queste sono il primo luogo della democrazia, non possono essere l’unico.
Il denominatore comune emerge dalla violenza dei fatti: è la difesa dei beni comuni. La voce ancora non si è levata.
Fonte articolo 'Il Manifesto'
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Il territorio non è suolo edificabile ad libitum di chi ne possiede un pezzo. È un bene scarso, intriso di bellezza e di storia e minacciato da fragilità estese e spesso nascoste; è un patrimonio collettivo che deve essere utilizzato oggi e domani, nelle sue potenzialità e nei suoi valori. In tutti i paesi civili la sua utilizzazione da parte dei possessori è assoggettata al rispetto di norme d’interesse collettivo, che si chiamano «piani territoriali e urbanistici». Legittimare l’abusivismo significa premiare chi ha anteposto i propri interessi immediati a quelli di tutti, incoraggiare quelli che possono a seguire questa strada.
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Una grande campagna d’opinione per difendere i beni comuni dell’autorità collettiva e del territorio dovrebbe intrecciarsi con quelle in corso per la difesa dell’acqua pubblica e per la libertà dell’informazione. Solo quando queste battaglie, insieme a quelle per la scuola e per il lavoro, troveranno un denominatore e una voce comune si potrà sperare in un coronamento politico dell’azione che si svolge nelle piazze: queste sono il primo luogo della democrazia, non possono essere l’unico.
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Fonte articolo 'Il Manifesto'
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