
Il cinema italiano e il mondo della cultura (enti lirico-sinfonici, teatro, danza, tv...) è in pre-agitazione. E sarebbe ora che si ribellasse con forza contro i «riflessi autoritari» (li chiama Veltroni) crescenti. Comunque, poco a poco, la cultura sta surriscaldando la scena politica, provocando il governo a menar colpi bassi e goffi alla Totti, la Brembilla a aizzare gli avvocati e l’opposizione a apire di che si parla. «Smantellamento della cultura », sintetizza Vita (Pd), «vietare tutto», secondo Giulietti. Ma Bersani non simuove. Cosa è in gioco?
1. La libertà di espressione.
2. Il rispetto e la tutela della produzione artistica, lavoro non meno usurante e a tempo intero, di qualunque altro, anche se il finish, la performance virtuosa, possa apparire un flash.
3. L’innovazione della macchina produttiva, di cui l’invenzione estetica, lo dice la parola stessa, è l’anima. Se non c’è ricerca avanzata non c’è mercato non c’è lavoro non c’è consumo non c’è profitto.
4. Lo smantellamento del luogo comune: la cultura è assistita troppo: ma 1 euro elargito, se non altro in tasse, ne frutta il doppio e sarebbe il quintuplo, se fosse aiutata come altrove.
5.«La corruzione» e altre criminalità non sono mai problemi di chi le denuncia, ma di chi le pratica. Così. Dopo le cordate ministeriali di Bertolaso contro i film che infangherebbero la patria (lui & Spa), con tanto di processo mediatico e «esecuzione» in mondovisione dalla costa azzurra. E le minacce del’altissimo prima contro Saviano «l’imbrattatore» e poi contro una leggenda vivente del teatro, Ascanio Celestini, colpevole di pensare, e dunque imitare su Rai3, l’eretico Luttazzi, che al confino spetta Dandini, il ministro dei beni culturali Bondi annuncia la ferale notizia. Andò bene ad Andreotti la battuta arrogante e farsesca dei panni sporchi che si lavano in casa. Perché a lui no? Ha così declinato, offeso, l’invito a partecipare al prossimo festival di Cannes. Perchè? Qualcuno l’ha invitato (forse Letta-Medusa)? Perché a differenza di Luca di Montezemolo non è un cinephile? O il più fedele amico del premier è indignato da Draquila, colpevole di far propaganda, «offendere la verità e l’intero popolo italiano», o come dice il genio della protezione civile: «racconta una sola verità» (ma fosse quella giusta)? O ha paura ormai della torta in faccia, dopo che Jack Lang, emissario speciale di Sarkozy, lo definisce «settario, puerile, infantile, capriccioso» e le sue parole: «incomprensibili per un ministro» e la sua concezione della libertà strana.
Sappiamo che Bondi teme il cinema italiano che piace all’estero, e ama solo quello, apologetico e encomiastico, che racconta all’intero popolo italiano (il Pdl, esclusi i finiani?) «meno male che Silvio c’è». Come ha spiegato già a Locarno 2009 e l’altro ieri, rifiutando di rendere omaggio ai 4 premi David più adorati dalla critica mondiale, La bocca del lupo di Marcello, Vincere di Bellocchio, Tarantino (e Sergio Corbucci). E credo stia maturando anche una viscerale sindrome anti-Cannes perché sulla Croisette bivaccano film faziosi che disonorano non solo gli italiani (e non ha visto ancora Frammartino!) ma perfino i cugini cristiani francesi, descritti come un covo di fetenti tagliagola nei talentuosi Robin Hood di Ridley Scott o Fuori dalla legge di Bouchareb, senza che Sarkozy batta un ciglio.
Che, lo sapessero Gabio Granata (finiano) e Margherita Boniver (Pdl), forse gli darebbero ragione, invece di invitarlo a desistere dai suoi propositi e a «rappresentarci». Comunque politici e ministri andranno a pavoneggiarsi a Venezia, tra il «culturame parassitario vissuto di risorse pubbliche che sputa sentenze contro il proprio Paese e leggermente schifoso», come affermò, con coraggio, l’innovativo Brunetta, senza accorgersi che il Lido è anche una trappola.
Fonte articolo 'Il Manifesto'
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