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di 'Per quel che mi riguarda'

mercoledì 10 marzo 2010

VERSO LO SCIOPERO, Epifani lancia la manifestazione della Cgil: “Aumentano i disoccupati e i precari” di Stefano Feltri

La Cgil incassa una vittoria prima ancora di andare in piazza, venerdì. La commissione Lavoro della Camera ha appena approvato un emendamento che allunga la durata della cassa integrazione ordinaria da 52 a 78 settimane. Ancora non è chiaro quanto costerà, la copertura finanziaria non è stata quantificata ma dovrebbe arrivare dagli otto miliardi già stanziati per gli ammortizzatori sociali. E lo scopo è ampliare la principale misura cuscinetto in questa fase di crisi, che consente di evitare il tracollo completo dei redditi dei dipendenti delle aziende in difficoltà. L’iniziativa è di un deputato del Pdl, Giuliano Cazzo-la, e potrebbe essere approvata in via definitiva dopo le elezioni regionali.
IN VENETO. Ma la soddisfazione per questo intervento della maggioranza non ferma il sindacato guidato (ancora per poco, fino al congresso) da Guglielmo Epifani che ha scelto Padova come piazza principale per lo sciopero generale di venerdì: si fermeranno tutti i settori, inclusi i trasporti, per protestare contro la nuova legge sul mercato del lavoro che introduce l’arbitrato obbligatorio ma soprattutto per chiedere al governo un cambio di politica economica. Anche dal dato geografico – la manifestazione sarà in molte piazze ma quella principale sarà a Padova – si capisce che l’approccio alla crisi e la strategia di comunicazione della Cgil sono cambiati rispetto a qualche mese fa. Ora il sindacato ha affinato la sua diagnosi di quello che sta succedendo al tessuto economico italiano: a dicembre dava risalto e chiedeva interventi per Eutelia, Phonemedia, per i lavoratori stagionali del Mezzogiorno, per i call center. Cioè storie di cattiva gestione aziendale, spesso al limite del criminale (su Eutelia indagano due procure ), ma che non avevano nulla a che fare con la recessione. Adesso invece la Cgil va in Veneto, dove 14 imprenditori si sono suicidati nei primi due mesi del 2010, in gran parte per lo shock di dover mettere in cassa integrazione i dipendenti o, in certi casi, chiudere. Ma il governo, ha detto Epifani ieri annunciando lo sciopero, “nega la crisi e promette che nessuno verrà lasciato indietro ma la disoccupazione cresce, si licenziano i precari e si moltiplicano le vertenze sull'occupazione”. Per capire l’analisi della Cgil di questa fase di crisi bisogna vedere la ricerca che ha presentato ieri l’Ires, il centro studi del sindacato: di questa crisi si è accorto quasi soltanto chi ha perso il lavoro. Il 53 per cento degli intervistati dal sondaggio commissionato all’Swg non ha avuto conseguenze in azienda. Mentre l’87 per cento di chi ha perso il posto vede nella crisi la responsabile . E la Cgil è consapevole che quello che si è visto finora indica soltanto una parte della gravità della crisi: la dinamica della recessione prevede – come emerge dalla ricerca Ires – che prima della perdita del posto di lavoro si osservino contratti di solidarietà (13 per cento dei casi) – tutti lavorano meno per evitare licenziamenti – il ricorso alla cassa integrazione ordinaria e in deroga (quella per le situazioni più disperate) nel 16 per cento dei casi e una riduzione dell’orario di lavoro nel 27 per cento. Traduzione politica: ai due milioni di disoccupati attuali bisogna aggiungere quelli potenziali, e sonotanticonsiderandoperesempio l’aumento del ricorso alla cassa integrazione in gennaio (+99,25 per cento rispetto a gennaio 2009).
LE RICHIESTE. In parziale sintonia con quanto promette da tempo il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, dalla piazza la Cgil chiederà interventi fiscali a sostegno dei lavoratori. Alcune sono politicamente praticabili come l’estensione degli ammortizzatori sociali, altre – come la riduzione della prima aliquota al 20 per cento o la tassazione delle rendite finanziarie – sono più complicate, visto che ogni volta che qualcuno dentro la maggioranza (incluso Silvio Berlusconi) ha proposto tagli alle tasse si è scontrato con il divieto assoluto da parte di Tremonti che già ora deve gestire un debito pubblico a 1.800 miliardi.

Fonte articolo e foto 'Il Fatto Quotidiano'

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