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di 'Per quel che mi riguarda'

lunedì 15 marzo 2010

Scandalo pedofilia a Ratisbona: 'Ma le voci non possono tacere' Giuseppe Zois

Caro Diario,
quante notizie, quante storie mi passano davanti agli occhi, nel momento di affidare alcuni fatti e i volti dei protagonisti alle tue righe! La prepotenza continua ad attraversare i giorni.

LO SCANDALO della pedofilia, che meglio sarebbe chiamare con il suo nome - pedocriminalità - è un’onda lunga che si sta abbattendo da tempo sulla Chiesa. Dall’America si è riversata sull’Irlanda, ora sulla Germania, poi dovrebbe raggiungere Olanda e Austria. In Vaticano ammettono che è un momento di “grande travaglio” e si può senz’altro convenire che non va messo sotto accusa soltanto il mondo cattolico. Ci sono troppe ferite crudeli inferte già in famiglia, nel luogo che dovrebbe essere di massima difesa per l’inviolabilità dell’infanzia. E tuttavia è innegabile che fra i sacri palazzi sia stata (e rimanga ancora) imperante una “cultura del silenzio”, che dovrebbe invece diventare un urlo.

ALCUNI GIORNALI hanno titolato che il fratello del Papa, Georg Ratzinger, direttore del coro dei piccoli cantori del duomo di Ratisbona, “ha chiesto scusa alle vittime degli abusi sessuali”. Questa titolazione è fuorviante: chi si ferma al titolo pensa che sia stato il sacerdote stesso a commettere i reati. Lui, invece, si sarebbe limitato a rifilare alcuni schiaffi ai discoli “passeri del Duomo”. Il tardivo rimorso è per le sberle. Gli abusi sarebbero invece da far risalire all’allora rettore dell’internato. I ragazzi lasciavano intendere ciò che accadeva con il Sergente-padrone. D’accordo che non è facile smascherare gli orchi, ma Padre Georg ha diretto il coro dal 1964 al 1994. Si fatica a credere che “l’ampiezza e la gravità del problema” gli fossero sconosciute. Ci vorrebbe orecchio non solamente per il pentagramma.

LA VIOLENZA porta stivali chiodati, la coscienza ha la voce sottile. In Cina vogliono fare “tabula rasa” del buddismo. Le dittature hanno sempre la tentazione, avvertita come un imperativo morale, di fare rieducazione. Per orientare i nuovi monaci, Pechino si infilerà nei monasteri del Tibet. In Birmania il regime le sta attuando tutte contro il Premio Nobel Aung San Suu Kyi, trattata come una criminale, con l’unica colpa di credere e volere la libertà. La giunta militare, con un editto, l’ha messa fuori corsa per il prossimo voto. I generali, a qualsiasi latitudine, si sentono inamovibili e indispensabili. La prepotenza, nel piccolo e nel grande, continua a reggersi sulla mala convinzione che l’uomo può dominare altri esseri. E’ un niente, basta anteporre la forza alla ragione.

Fonte articolo 'Il Caffé'

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