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di 'Per quel che mi riguarda'

sabato 27 marzo 2010

L’AUGURIO DI BOLOGNA di Norma Rangeri

(Foto di Teresa De Masi-'Dedicato a chi non c'era')

















Ci siamo ripresi dal blackout, abbiamo respirato, ci siamo anche divertiti. Bastava vedere cos’era Bologna l’altra sera, dentro e fuori il Paladozza. Agli ascolti (ogni strumento usato per trasmettere ha moltiplicato la propria audience), va aggiunta la forza della partecipazione nelle piazze. Prevedibile, ma non nelle dimensioni che l’hanno accompagnata. Un botto di fine campagna elettorale che non si misura con lo share. Se ce ne fosse bisogno, le risposte rabbiose di Berlusconi e dei suoi boys sono la prova più efficace del successo di Santoro.
L’impresa «obbrobriosa, incivile e barbara» è riuscita, la sfida è stata vinta, non solo dal punto di vista organizzativo, di questi tempi niente affatto secondario. Il significato politico più prezioso che arriva da Bologna è aver dimostrato di saper rispondere all’avversario sul terreno di scontro a lui più noto e favorevole: bucare con un contro-evento lo scudo che ancora protegge quel che resta (il peggio) del berlusconismo.
Ora comincia un lungo, difficile secondo tempo sui cui sviluppi naturalmente
molto influirà l’esito elettorale. Perché non basta contarsi, riconoscersi (si rischia l’autoreferenzialità), né a questo punto della deriva democratica è più sufficiente difendere la propria trincea, lasciando che nella maggioranza della società si perpetuino i medesimi meccanismi di formazione del consenso. C’è un altro servizio pubblico da mettere in campo al posto di una Rai «obbrobriosa, incivile e barbara» che precipita il paese nell’inferno dell’ignoranza.
Una macchina nemmeno governata dai partiti ma, dopo l’ultima deprimente esperienza di centrosinistra, dopo la legge Gasparri, fino alla chiusura di alcuni programmi, solo bottino di gruppi di potere organizzati per bande. Un sistema di disinformazione, generale e costante, con alcuni programmi fiore all’occhiello. La via per tornare a un pluralismo effettivo dell’informazione non sarà ristabilire lo stesso assetto e tirare avanti.
Il presidente del consiglio non si trattiene, invoca nuovi interventi dell’Autorità, ma intanto non si stacca dalle telecamere di tutte le televisioni del regno sapendo che solo così può recuperare indecisi, neutralizzare una buona fetta di astensionismo e provare se non a vincere, almeno a strappare qualche importante risultato regionale. Ma se vince o se perde, il campo di battaglia decisivo resta lo stesso. Per cambiare il senso comune, per ristabilire un contatto con chi non sa, non legge, non ha altro riferimento che Berlusconi, bisogna entrare nella grande periferia della tv, tra la società più debole, che non merita la condanna a subire la violenza di un populista che la degrada e la incita alla retorica del capo e della plebe. Sempre che la sinistra sia capace di giocarsi una partita di queste dimensioni. A cominciare dal voto di domani.

Fonte articolo 'Il Manifesto'

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