Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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venerdì 26 febbraio 2010
PALADINI DELL’AMORE: Medioevo prossimo venturo di Ida Dominijanni
(vignetta di Claudio Ruiu)
Raschiato col sexgate il fondo del barile dell’immaginario anni Ottanta che da Drive In è arrivato in crescendo ai festini di Palazzo Grazioli, Silvio Berlusconi sale sulla macchina del tempo e innesca la retromarcia verso il Medioevo. Scendono le veline, salgono i paladini. Tacciono le rime sgraziate di Ghedini sugli utilizzatori finali, attaccano le ottave incrociate su le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese che furono al tempo che passaro i Mori d’Africa il mare: tanto siamo sempre lì, con i Mori di nuovo all’assalto dei cristiani e la sinistra che spalanca le porte invece di alzare i ponti levatoi.
Il Popolo della Libertà non basta più, scenda in campo l’esercito del Bene contro l’avvento del Male, si mobilitino i paladini dell’Amore contro i militanti dell’Odio. Michela Brambilla e Dani Santanché nella parte di Orlando e Rinaldo, non c’è male. Non fosse che il fedele Orlando cade a Roncisvalle, e l’insofferenza di Rinaldo annuncia l’anarchia feudale che sopraggiunge con la decadenza di Carlo Magno...I vassalli infatti già suonano l’allarme. Guardate Libero, che alle due paladine dà delle pretoriane e annuncia la fondazione di «Forza Silvio», «una base di ultrà non irregimentati dagli schemi del partito», con toni quasi preoccupati.
Leggete Feltri, che non sa su quali specchi arrampicarsi per rendere commestibile la «svolta movimentista» del Capo, audace mossa per saltare gli ostacoli finiani, tuffarsi in mezzo al Popolo e dargli la sveglia perché smetta di sonnecchiare imbambolato guardando Amici e si decida a calare nella mischia al suo fianco. L’ora è grave, la doppietta Bertolaso-Di Girolamo ha colpito, i sondaggi annunciano astensione e calo di fiducia nel governo. Tradotto: siamo alla frutta e ormai lo sanno tutti.
Però come sempre c’è poco da ridere con l’immaginario del Cavaliere ovvero, stavolta, dei cavalieri. La lingua non mente e la retromarcia verso il Medioevo è lo specchio fedele della regressione galoppante in cui Berlusconi ha trascinato l’Italia. C’era una volta la Repubblica, la Costituzione, lo Stato: era l’epoca della politica moderna. Poi venne il Cavaliere postmoderno, e cominciò l’opera di smontaggio: dalla democrazia costituzionale alla democrazia plebiscitaria, dalla Repubblica al sovrano assoluto senz’altra successione possibile che la principessa Marina, dallo Stato unitario allo spezzatino leghista, dal lettone di Putin al lettone di Napoleone. Un mattone tolto oggi uno domani alla delicata costruzione dello stato moderno e si torna in un lampo al Medioevo e alle crociate, e infatti eccoci qua, con tanto di paladini anzi paladine perché il Cavaliere giura sulla superiorità delle donne, i Buoni contro i Cattivi e i Cristiani contro i Mori.
Con un’ultima, definitiva ironia della storia. Perché non sarà un caso se il nostro, dopo aver passato un anno a farsi campione della a-moralità contro il moralismo, del godimento privato contro l’etica pubblica, della seduzione seriale contro il ruolo istituzionale, adesso si arma del vocabolario della Morale alla testa del Bene contro il Male e dell’Amore contro l’Odio. C’era una volta la politica moderna, orgogliosamente autonoma dalla morale divina perché forte della propria moralità e della propria razionalità. E’ quando la politica perde la testa e si corrompe fin nel midollo che ha bisogno di tornare a invocare dio e le armate del Bene e dell’Amore. E’ un film che abbiamo già visto, ovviamente girato negli studios qmericani nell’era straziata di Bush il giovane. E sappiamo anche com’è andata
a finire per i cow boys.
Fonte articolo 'Il Manifesto'
Raschiato col sexgate il fondo del barile dell’immaginario anni Ottanta che da Drive In è arrivato in crescendo ai festini di Palazzo Grazioli, Silvio Berlusconi sale sulla macchina del tempo e innesca la retromarcia verso il Medioevo. Scendono le veline, salgono i paladini. Tacciono le rime sgraziate di Ghedini sugli utilizzatori finali, attaccano le ottave incrociate su le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese che furono al tempo che passaro i Mori d’Africa il mare: tanto siamo sempre lì, con i Mori di nuovo all’assalto dei cristiani e la sinistra che spalanca le porte invece di alzare i ponti levatoi.
Il Popolo della Libertà non basta più, scenda in campo l’esercito del Bene contro l’avvento del Male, si mobilitino i paladini dell’Amore contro i militanti dell’Odio. Michela Brambilla e Dani Santanché nella parte di Orlando e Rinaldo, non c’è male. Non fosse che il fedele Orlando cade a Roncisvalle, e l’insofferenza di Rinaldo annuncia l’anarchia feudale che sopraggiunge con la decadenza di Carlo Magno...I vassalli infatti già suonano l’allarme. Guardate Libero, che alle due paladine dà delle pretoriane e annuncia la fondazione di «Forza Silvio», «una base di ultrà non irregimentati dagli schemi del partito», con toni quasi preoccupati.
Leggete Feltri, che non sa su quali specchi arrampicarsi per rendere commestibile la «svolta movimentista» del Capo, audace mossa per saltare gli ostacoli finiani, tuffarsi in mezzo al Popolo e dargli la sveglia perché smetta di sonnecchiare imbambolato guardando Amici e si decida a calare nella mischia al suo fianco. L’ora è grave, la doppietta Bertolaso-Di Girolamo ha colpito, i sondaggi annunciano astensione e calo di fiducia nel governo. Tradotto: siamo alla frutta e ormai lo sanno tutti.
Però come sempre c’è poco da ridere con l’immaginario del Cavaliere ovvero, stavolta, dei cavalieri. La lingua non mente e la retromarcia verso il Medioevo è lo specchio fedele della regressione galoppante in cui Berlusconi ha trascinato l’Italia. C’era una volta la Repubblica, la Costituzione, lo Stato: era l’epoca della politica moderna. Poi venne il Cavaliere postmoderno, e cominciò l’opera di smontaggio: dalla democrazia costituzionale alla democrazia plebiscitaria, dalla Repubblica al sovrano assoluto senz’altra successione possibile che la principessa Marina, dallo Stato unitario allo spezzatino leghista, dal lettone di Putin al lettone di Napoleone. Un mattone tolto oggi uno domani alla delicata costruzione dello stato moderno e si torna in un lampo al Medioevo e alle crociate, e infatti eccoci qua, con tanto di paladini anzi paladine perché il Cavaliere giura sulla superiorità delle donne, i Buoni contro i Cattivi e i Cristiani contro i Mori.
Con un’ultima, definitiva ironia della storia. Perché non sarà un caso se il nostro, dopo aver passato un anno a farsi campione della a-moralità contro il moralismo, del godimento privato contro l’etica pubblica, della seduzione seriale contro il ruolo istituzionale, adesso si arma del vocabolario della Morale alla testa del Bene contro il Male e dell’Amore contro l’Odio. C’era una volta la politica moderna, orgogliosamente autonoma dalla morale divina perché forte della propria moralità e della propria razionalità. E’ quando la politica perde la testa e si corrompe fin nel midollo che ha bisogno di tornare a invocare dio e le armate del Bene e dell’Amore. E’ un film che abbiamo già visto, ovviamente girato negli studios qmericani nell’era straziata di Bush il giovane. E sappiamo anche com’è andata
a finire per i cow boys.
Fonte articolo 'Il Manifesto'
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