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di 'Per quel che mi riguarda'

martedì 16 febbraio 2010

MILANO DA MORIRE di Alessandro Dal Lago

Se guardiamo ai fatti di Milano, non dimentichiamo Rosarno. In Calabria per la prima volta i migranti arrivati da tutt’Italia per guadagnarsi da vivere nei campi (20-25 euro al giorno per 10-12 ore di lavoro) hanno reagito all’infame caccia allo straniero, sport non solo lì assai praticato. E a Milano gli stranieri protestano non solo per l’uccisione di uno di loro, ma contro il muro di esclusione, ottusità e razzismo che la società italiana ha eretto intorno a gente di cui ha bisogno, ma a cui non vuole concedere nulla, a partire dai diritti elementari: esistere come persone, vivere in pace, ottenere riconoscimento civile e sociale.
Ma a Milano è emerso qualcosa di più: il fallimento ufficiale della non-politica verso gli stranieri con cui la destra, manovrata dalla Lega, ha creduto di affrontare le migrazioni. Se Bossi, a cui un certo fiuto non manca, ha smentito le sparate sui rastrellamenti casa per casa del suo allievo Salvini, vuol dire che ha sentito puzza di bruciato. E cioè che l’ottusità razzista si stava ritorcendo contro la Lega. Da due decenni la destra domina e amministra Milano. Da quasi dieci, con l’eccezione del breve e insignificante intermezzo Prodi, la destra controlla le politiche di ordine pubblico (Scajola, Pisanu e soprattutto Maroni). Ed ecco che la città simbolo delle vandee italiane (dalla Lega agli ex socialisti, dagli ex fascisti al Pdl e Cl) si rivela quella più conflittuale, più cattiva e meno vivibile. Mettiamo in conto anche il fallimento dei progetti edilizi faraonici e ora le mazzette (il prode Prosperini è sempre stato tra i più esagitati contro gli immigrati). Scricchiolii della cultura decisionista, del manganello e dell’espulsione. E intanto la figura del Capo si impantana ogni giorno di più, tra risibili comparsate all’estero, processi incombenti, riforme al palo, economia a rotoli, dittatori dell’emergenza ridimensionati. Un flash di 18 anni fa: poco prima dello scandalo di Mani Pulite, l’allora sindaco Pillitteri fu contestato dai tranvieri al deposito di Lambrate, vicino alla via dove è stato fischiato il vicesindaco De Corato…
La non-politica migratoria del governo,tutta al negativo, basata com’è su paura, sparate sull’insicurezza e appelli alla xenofobia sta diventando un incubo che si morde la coda. Più si strumentalizza la questione migratoria a fini di consenso, più
si lasciano marcire i conflitti urbani, in un crescendo senza fine. Dove porterà tutto questo? Conoscendo stoffa culturale e lungimiranza politica di chi ci governa, c’è da pensare al peggio. Anche perché non si vedono modelli alternativi alla destra.
È facile per Pd e IdV, di fronte alla pura e semplice evidenza, accusare il governo di cavalcare la paura. Ma dov’erano prima quei partiti? Sono sicuri di avere la coscienza a posto? Sono sicuri che Penati e Chiamparino, per non parlare di De Luca, solo per fare i primi nomi che vengono in mente, la pensino diversamente dal sindaco Moratti o dall’ineffabile Maroni in tema di ordine pubblico? Secondo me, no. Vuol dire che un’inversione della politica che il nostro paese segue da venticinque anni in tema di immigrazione non è pensabile. Quando mai si è ragionato in termini di cittadinanza effettiva come principale strumento per l’integrazione degli stranieri nella nostra società, a ogni livello, dalla scuola, al lavoro e ai diritti civili? Poiché così non è mai stato, è facile che altre Rosarnoe altre vie Padova ci attendano.


Fonte articolo 'Il Manifesto'

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