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di 'Per quel che mi riguarda'

sabato 20 febbraio 2010

ANTICORPI DEMOCRATICI di Loris Campetti

La decisione del governo Berlusconi-Tremonti di spegnere con un voto di fiducia le voci scomode dell'editoria italiana, impugnando la doppia arma di una crisi economica improvvisamente scoperta e di un presunto libero mercato che decapita chi non ce la fa a vivere con i suoi mezzi, al di là delle menzogne che contiene rappresenta perfettamente lo stato in cui è ridotta la nostra democrazia. La cronaca di quel che è successo nella tarda serata di giovedì dice più di qualsiasi analisi o commento: nel giorno stesso in cui la maggioranza assoluta dei parlamentari firmava un appello a prorogare di due anni la modifica della legge dell'editoria - con annessa cancellazione del diritto soggettivo dei giornali no profit ad accedere ai contributi pubblici - la commissione bilancio della Camera ha bocciato gli emendamenti che questa decisione bipartisan avrebbe consentito. Decretando così l'impossibilità di certificare il bilancio e dunque la morte di molte delle 92 testate senza fini di lucro, cooperative e di partito su cui pende la spada di Damocle di Tremonti.
Il superministro economico è un uomo potente. Non si può dire la stessa cosa per quei parlamentari del partito di Berlusconi costretti a piegarsi al suo diktat. È già emblematico che a 345 parlamentari ai quali è costituzionalmente assegnato il compito di fare le leggi, non resti che esprimersi con un appello. Ma è un dato di fatto, un segnale di vita, mentre a colpi di maggioranza si vuole svuotare il potere legislativo delle sue funzioni, in un percorso pericolosissimo all'interno del quale persino il terzo potere dello Stato, quello giudiziario, viene screditato e sterilizzato quotidianamente. Lo schiaffo ricevuto dal primo potere dello Stato, poi, segna un ulteriore salto di qualità: resta soltanto il potere esecutivo, anzi, resta un solo uomo al comando: il Sovrano, che accelera il processo di accentramento di tutto il potere nelle suemani con relativo svuotamento della Costituzione, sia quella
materiale che quella formale. Questo, almeno, è il tentativo in atto.
Mutatis mutandis, qualcuno vorrebbe riesumare «l'aula sorda e grigia» di mussoliniana memoria. In fondo, il burrone verso il quale Berlusconi pretende di trascinare la
nostra malconcia democrazia è la risposta più radicale agli appelli che si alzano da ogni parte politica e sociale contro i costi e la corruzione della politica: via i partiti (molti stanno lavorando in proprio allo stesso obiettivo), via anche il Parlamento. Altro che ridurre il numero di deputati e senatori. Tanto a che servono? Ma resta il fatto politico: la maggioranza dei parlamentari ha espresso un'intenzione positiva e democratica, sia pure affossata da Tremonti. Questo ci consente di sperare che tale fatto politico non resti senza conseguenze, e segni soltanto l'inizio di un percorso libero.
La partita è aperta, dunque. Si può ancora salvare, con la democrazia italiana, anche il diritto dei giornali come il manifesto, che operano in un mercato editoriale sempre più monopolistico e meno libero, di continuare a esprimere idee, raccontare la realtà, fare inchieste e battaglie politico-editoriali. E, soprattutto, va salvata la pluralità dell'informazione e cioè il diritto di tutti i cittadini a non essere assordati da un'unica voce in campo: quella del Sovrano.

Fonte articolo 'IL Manifesto'

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