Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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giovedì 28 gennaio 2010
Andreotti: «Silvio rischia il botto» di Valentino Parlato
Parla il senatore a vita: «Berlusconi non è onnipotente Il giorno in cui dovesse cadere sarebbe pericoloso»
Il 14 gennaio, Giulio Andreotti ha compiuto 91 anni. Un buon motivo per fargli gli auguri e parlare un po’ con lui. Mi riceve nel suo studio di Palazzo Giustiniani. È seduto, rannicchiato, nella sua poltrona davanti a un tavolo ingombro di libri e riviste, dove è difficile trovare un posto per prendere appunti. Come sempre molto gentile. Gli ricordo che, nei primi anni del manifesto, stampammo un indice delle firme, che gli mandai scrivendo, «sia pure in ordine alfabetico, Lei è la prima delle nostre firme» e lui mi rispose con un gentile biglietto: «Se aveste fatto una graduatoria in ordine di attacchi, sarei stato egualmente il primo della lista». Lo stile è l’uomo. Comincia l’intervista. Molto andreottiana, cauta e raramente con risposte non possibiliste.
Lei, con i suoi settanta anni di storia politica, come valuta la situazione presente?
C’erano problemi che ci preoccupavano molto e che si sono dissolti. Viceversa ci sono cose, fatti, che abbiamo trascurato e che, invece, si rivelano importanti.
Per esempio?
Fatti della vita quotidiana, ordinari, ma che poi diventano importanti, decisivi. In politica non basta l’analisi. Bisogna avere intuito.
Ma Lei ha detto che in una normalità, piuttosto semplice, c’è qualcosa di preoccupante. Cosa?
Noi politici non riusciamo ad avere un contatto, una comunicazione con i giovani. Lasciamo un vuoto che può essere pericolosissimo.
I partiti. Oggi, salvo la Lega, non ci sono più.
Quelli organizzati e un po’ burocratici certamente no. Però ci sono aggregazioni che pesano, anche se, in più di un caso, le persone rappresentative contano più di quel che resta dei partiti.
Ma Lei non pensa che viviamo una sorta di populismo privatistico? Quel che resta dei partiti è una sommatoria di interessi personali?
Non è una novità che ci siano aspirazioni personali. È umano. L’importante è che non siano assolute e che si collochino in un quadro obiettivamente utile alla nazione.
Sì, ma una volta i partiti riuscivano a produrre una sintesi di questi particolari. Penso al Pci e alla Dc. Perché la Dc, partito forte e popolare, non c'è più?
In parte perché il suo ruolo era di antagonismo: venuto meno il comunismo con sede generale a Mosca, vien meno questa antitesi e la Dc non c’è più.
Lei dice: finito il Pci finisce pure la Dc. Non riduce il ruolo della Dc?
Non credo.Non bisogna dimenticare quella stagione storica, di forti, prevalenti, antagonismi totalizzanti e internazionali.
Tornando al passato. Il compromesso storico di Berlinguer è fallito, ma era una cosa seria, possibile?
A me pare di sì. L’essenziale era che non fosse solo forma, tattica, come non lo era. Ma non è riuscito. Forse troppe realtà erano contro, a ripensarci.
Torniamo al presente. Questo Popolo delle libertà ha una sostanza o solo un leader?
Risponderei al 50 per cento. C’è una sostanza, una parte della società, ma senza il traino, senza il fascino personale del leader probabilmente non ci sarebbe. Non avrebbe sbocco.
E quando il fascinoso leader non ci sarà più? Siamo tutti mortali. Le successioni appartengono alla vita.
Può darsi che spunti qualche nuovo gioiello nella nostra politica.
Fini?
Certamente Fini non è personalità mediocre. Però bisognerebbe che si autonomizzasse. Che desse più rilievo alla sua personalità rispetto al gruppo.
Che cosa pensa dell’Udc di Casini che vuol fare la politica dei «due forni»?
Ma ci sono ancora «i forni»? I forni? Due o tre? Non so. È cane e coda. Bisogna avere orecchie e occhi aperti. Il mondo cammina.
Secondo Lei l’Udc non ha orecchie e occhi aperti?
La situazione non è chiara. C’è confusione. Berlusconi preme per il presidenzialismo.
Dobbiamo procedere verso una repubblica presidenziale?
Si tratta di vedere come e in che misura, ma preme la presenza di un soggetto rappresentativo, contro il rischio di spinte diverse che rischiano confusione e sterilità.
Ma Lei è favorevole a una Repubblica presidenziale?
Sostanzialmente sì ... nel senso ...
Da parte sua mi stupisce.
Capisco,ma è necessaria, specie oggi, la presenza di un’autorità autorevole.
Lei ha avuto diverse grane con la giustizia, ma è stato un imputato molto corretto e disciplinato. Ha mai pensato a una legge ad personam per salvaguardare Giulio Andreotti?
No, avrebbe significato chiedere una ciambella di salvataggio. Mi sentivo obiettivamente, nei fatti, molto forte.
Ripensando al suo passato c’è qualcosa che rifarebbe e qualcosa che non rifarebbe?
Avere un po’ più di cautela.Ho sempre avuto fiducia neimiei interlocutori. Ora non penso che avrei dovuto avere più sfiducia, ma certamente un po’ più di senso critico e di cautela.
Ma qualche errore nella sua vita l’avrà fatto?
Non penso di aver commesso errori sostanziali. Non ho mai avuto la pretesa di essere il centro dell’universo.
Pensa a Berlusconi?
Berlusconi ha indubbiamente meriti, ma considerarlo onnipotente, divinizzarlo da vivo è cosa che non si fa.
Ma adesso che bisognerebbe fare?
Non ho idee nuove. Penso che sia utile avvicinare il popolo, l’opinione pubblica ai problemi concreti. Ho la sensazione che oggi ci sia una divaricazione molto pericolosa.
Divaricazione tra chi?
Tra l’opinione pubblica in generale e i problemi che ci pesano addosso.
Una divaricazione tra politica e popolo?
In parte sì. Il popolo è una complessità e nessuno può pretendere il monopolio della rappresentanza.
Berlusconi pretende il monopolio della rappresentanza.
Che lo pretenda, proprio, non lo so. Certamente ho la sensazione che lui – anche perché finora gli è andata bene – abbia acquisito un senso di onnipotenza. E questo può essere un grave rischio. Per tutti e anche per lui.
Un’ultima domanda. Lei ha sempre diffidato del senso di onnipotenza, del protagonismo esagerato. Tutto il contrario di Berlusconi, che appare come un totale contrario del personaggio di Andreotti. Che dice?
In senso assoluto non sono d’accordo. Ma certo Berlusconi ha una caratteristica, un senso di sé, che io non ho. Lui pensa che qualunque sua iniziativa andrà bene e finora è stato così. Però è rischioso. Il giorno che facesse il botto, sarebbe tremendo. Pericoloso.
Intervista tratta da 'Il Manifesto'
Il 14 gennaio, Giulio Andreotti ha compiuto 91 anni. Un buon motivo per fargli gli auguri e parlare un po’ con lui. Mi riceve nel suo studio di Palazzo Giustiniani. È seduto, rannicchiato, nella sua poltrona davanti a un tavolo ingombro di libri e riviste, dove è difficile trovare un posto per prendere appunti. Come sempre molto gentile. Gli ricordo che, nei primi anni del manifesto, stampammo un indice delle firme, che gli mandai scrivendo, «sia pure in ordine alfabetico, Lei è la prima delle nostre firme» e lui mi rispose con un gentile biglietto: «Se aveste fatto una graduatoria in ordine di attacchi, sarei stato egualmente il primo della lista». Lo stile è l’uomo. Comincia l’intervista. Molto andreottiana, cauta e raramente con risposte non possibiliste.
Lei, con i suoi settanta anni di storia politica, come valuta la situazione presente?
C’erano problemi che ci preoccupavano molto e che si sono dissolti. Viceversa ci sono cose, fatti, che abbiamo trascurato e che, invece, si rivelano importanti.
Per esempio?
Fatti della vita quotidiana, ordinari, ma che poi diventano importanti, decisivi. In politica non basta l’analisi. Bisogna avere intuito.
Ma Lei ha detto che in una normalità, piuttosto semplice, c’è qualcosa di preoccupante. Cosa?
Noi politici non riusciamo ad avere un contatto, una comunicazione con i giovani. Lasciamo un vuoto che può essere pericolosissimo.
I partiti. Oggi, salvo la Lega, non ci sono più.
Quelli organizzati e un po’ burocratici certamente no. Però ci sono aggregazioni che pesano, anche se, in più di un caso, le persone rappresentative contano più di quel che resta dei partiti.
Ma Lei non pensa che viviamo una sorta di populismo privatistico? Quel che resta dei partiti è una sommatoria di interessi personali?
Non è una novità che ci siano aspirazioni personali. È umano. L’importante è che non siano assolute e che si collochino in un quadro obiettivamente utile alla nazione.
Sì, ma una volta i partiti riuscivano a produrre una sintesi di questi particolari. Penso al Pci e alla Dc. Perché la Dc, partito forte e popolare, non c'è più?
In parte perché il suo ruolo era di antagonismo: venuto meno il comunismo con sede generale a Mosca, vien meno questa antitesi e la Dc non c’è più.
Lei dice: finito il Pci finisce pure la Dc. Non riduce il ruolo della Dc?
Non credo.Non bisogna dimenticare quella stagione storica, di forti, prevalenti, antagonismi totalizzanti e internazionali.
Tornando al passato. Il compromesso storico di Berlinguer è fallito, ma era una cosa seria, possibile?
A me pare di sì. L’essenziale era che non fosse solo forma, tattica, come non lo era. Ma non è riuscito. Forse troppe realtà erano contro, a ripensarci.
Torniamo al presente. Questo Popolo delle libertà ha una sostanza o solo un leader?
Risponderei al 50 per cento. C’è una sostanza, una parte della società, ma senza il traino, senza il fascino personale del leader probabilmente non ci sarebbe. Non avrebbe sbocco.
E quando il fascinoso leader non ci sarà più? Siamo tutti mortali. Le successioni appartengono alla vita.
Può darsi che spunti qualche nuovo gioiello nella nostra politica.
Fini?
Certamente Fini non è personalità mediocre. Però bisognerebbe che si autonomizzasse. Che desse più rilievo alla sua personalità rispetto al gruppo.
Che cosa pensa dell’Udc di Casini che vuol fare la politica dei «due forni»?
Ma ci sono ancora «i forni»? I forni? Due o tre? Non so. È cane e coda. Bisogna avere orecchie e occhi aperti. Il mondo cammina.
Secondo Lei l’Udc non ha orecchie e occhi aperti?
La situazione non è chiara. C’è confusione. Berlusconi preme per il presidenzialismo.
Dobbiamo procedere verso una repubblica presidenziale?
Si tratta di vedere come e in che misura, ma preme la presenza di un soggetto rappresentativo, contro il rischio di spinte diverse che rischiano confusione e sterilità.
Ma Lei è favorevole a una Repubblica presidenziale?
Sostanzialmente sì ... nel senso ...
Da parte sua mi stupisce.
Capisco,ma è necessaria, specie oggi, la presenza di un’autorità autorevole.
Lei ha avuto diverse grane con la giustizia, ma è stato un imputato molto corretto e disciplinato. Ha mai pensato a una legge ad personam per salvaguardare Giulio Andreotti?
No, avrebbe significato chiedere una ciambella di salvataggio. Mi sentivo obiettivamente, nei fatti, molto forte.
Ripensando al suo passato c’è qualcosa che rifarebbe e qualcosa che non rifarebbe?
Avere un po’ più di cautela.Ho sempre avuto fiducia neimiei interlocutori. Ora non penso che avrei dovuto avere più sfiducia, ma certamente un po’ più di senso critico e di cautela.
Ma qualche errore nella sua vita l’avrà fatto?
Non penso di aver commesso errori sostanziali. Non ho mai avuto la pretesa di essere il centro dell’universo.
Pensa a Berlusconi?
Berlusconi ha indubbiamente meriti, ma considerarlo onnipotente, divinizzarlo da vivo è cosa che non si fa.
Ma adesso che bisognerebbe fare?
Non ho idee nuove. Penso che sia utile avvicinare il popolo, l’opinione pubblica ai problemi concreti. Ho la sensazione che oggi ci sia una divaricazione molto pericolosa.
Divaricazione tra chi?
Tra l’opinione pubblica in generale e i problemi che ci pesano addosso.
Una divaricazione tra politica e popolo?
In parte sì. Il popolo è una complessità e nessuno può pretendere il monopolio della rappresentanza.
Berlusconi pretende il monopolio della rappresentanza.
Che lo pretenda, proprio, non lo so. Certamente ho la sensazione che lui – anche perché finora gli è andata bene – abbia acquisito un senso di onnipotenza. E questo può essere un grave rischio. Per tutti e anche per lui.
Un’ultima domanda. Lei ha sempre diffidato del senso di onnipotenza, del protagonismo esagerato. Tutto il contrario di Berlusconi, che appare come un totale contrario del personaggio di Andreotti. Che dice?
In senso assoluto non sono d’accordo. Ma certo Berlusconi ha una caratteristica, un senso di sé, che io non ho. Lui pensa che qualunque sua iniziativa andrà bene e finora è stato così. Però è rischioso. Il giorno che facesse il botto, sarebbe tremendo. Pericoloso.
Intervista tratta da 'Il Manifesto'
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Ritengo che le parole del Presidente siano sempre dette nel momento e nel modo giusto per chi voglia intendere e comprendere.
RispondiEliminaComplimenti Presidente!!!le sono vicino.
Anna