Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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venerdì 6 novembre 2009
ISTERIA SENZA FEDE di Marco Politi
Nasce dalla fede la reazione isterica di tanti politici alla sentenza di Strasburgo? Marinella Perroni, presidente del Coordinamento delle teologhe italiane e docente all’università pontificia S. Anselmo di Roma, dove insegna Nuovo Testamento, nutre forti dubbi. “In questo succedersi di polemiche – spiega – si avverte che non è in gioco Gesù Cristo né il modo di vivere la fede, ma dai toni enfatici e retorici si capisce che la croce diventa pretesto per altri scopi”.
È sorpresa dalla virulenza del dibattito?
“Mi dispiace che sull’onda del conflitto manchi un discorso sereno sulla convivenza tra più religioni e opzioni. Tra l’altro le discussioni odierne mi sembrano poco fondate sulla realtà. In molte aule il crocifisso non c’è e se c’è, non sta nelle teste di tanti giovani. Semmai servirebbe un discorso serio sullo stato della fede nel nostro paese”.
C’è qualcosa di rivoltante nell’esibirsi di esponenti politici. La Russa che urla Possono morire! Non lo toglieremo mai. Berlusconi che si fa fotografare impugnando il crocifisso.
“Di fatto il richiamo alla croce rimanda ad altre questioni: il richiamo all’identità, la difesa dell’ ‘italianità’ e, più nel profondo, la paura dell’immigrazione e dell’Islam. Ma se in paesi europei come la Germania, la Francia, l’Inghilterra, i crocifissi in classe non ci sono, forse sono nazioni che hanno perso le radici cristiane? Oppure hanno un rapporto diverso con la fede?”.
Colpisce in questo clamore il rifiuto di accettare il confronto con l’Altro, con i diversamente credenti. Perchè?
“Probabilmente perché in altre parti d’Europa si ha l’esperienza con più modalità di cristianesimo. In Italia no. I cristiani di altre confessioni da noi sono piccole minoranze, non portano voti e allora si presenta come unica opzione quella cattolico-romana. Eppure sappiano che storicamente la croce può anche essere un segno ambiguo, usato per altri scopi: si sono uccisi uomini, nel suo nome. Ce lo ha spiegato Giovanni Paolo II chiedendo perdono. Mi creano disagio gli atteggiamenti superficiali: senza la Bibbia il richiamo al crocifisso è ambiguo. Se parliamo di valori, andiamo veramente alla ricerca del suo significato profondo. A me le strumentalizzazioni, siano clericali o anticlericali, non interessano”.
Politici e uomini di Chiesa sostengono che il simbolo trasmette valori universali, validi per credenti non credenti.
“Qui il ragionamento si fa duplice. È indubitabile che a partire da Paolo di Tarso la predicazione della croce può raggiungere il mondo intero e ha qualcosa da dire a tutti. Ma dire che tutti sono obbligati a crederci e a sottostarvi sarebbe strumentale. C’è un messaggio rivolto a tutti, ma non c’è il diritto di imporlo”.
Le croci, le edicole, le cappelle lungo le strade sono certo segni di tradizione e devozione popolare. Si può dire altrettanto dei simboli affissi negli spazi istituzionali, che ricordano semmai l’alleanza tra trono e altare di altri tempi?
“Non c’è dubbio che la decisione di esporlo in certi ambienti abbia il significato di esprimere la confessionalità dello Stato. Anche se il più delle volte nessuno ci fa caso. Vorrei che se ne potesse dibattere serenamente,in un clima democratico. E se anche in una classe ci fossero soltanto due alunni atei, che si sentono lesi nella loro libertà, è giusto che le loro argomentazioni fossero degne di essere discusse. È terribile che la croce possa servire a fare violenza, anche solo verbale. La croce è un testo, una narrazione della morte e resurrezione di Cristo, che invita ad un comportamento da tenere. Guai se diventa un pretesto. Perchè non si riesce a fare una riflessione ad alto livello sulla sentenza della Corte di Strasburgo?”.
L’atteggiamento della gerarchia ecclesiastica, qui e nel caso della volontà di imporre che l’insegnamento di religione abbia i voti come le altre materie, non ha origine nella paura di non poter basare la propria influenza sul libero consenso delle coscienze? Si ricorre alla legge perché la fede è minoritaria?
“Il fatto è che l’Italia è la prima e ultima provincia del Vaticano. E dunque assume un valore esemplare. Personalmente vorrei che certe cose si capissero senza l’intervento della Corte europea. Da credente non permetterei mai che qualcuno mi impedisse di portare la croce al collo e respingo gli sghignazzi alla Odifreddi. Però vorrei che la Chiesa aprisse una riflessione con tutte le anime della cattolicità e del cristianesimo del nostro paese su ciò che significa essere testimoni della fede oggi in Italia”
Fonte articolo
È sorpresa dalla virulenza del dibattito?
“Mi dispiace che sull’onda del conflitto manchi un discorso sereno sulla convivenza tra più religioni e opzioni. Tra l’altro le discussioni odierne mi sembrano poco fondate sulla realtà. In molte aule il crocifisso non c’è e se c’è, non sta nelle teste di tanti giovani. Semmai servirebbe un discorso serio sullo stato della fede nel nostro paese”.
C’è qualcosa di rivoltante nell’esibirsi di esponenti politici. La Russa che urla Possono morire! Non lo toglieremo mai. Berlusconi che si fa fotografare impugnando il crocifisso.
“Di fatto il richiamo alla croce rimanda ad altre questioni: il richiamo all’identità, la difesa dell’ ‘italianità’ e, più nel profondo, la paura dell’immigrazione e dell’Islam. Ma se in paesi europei come la Germania, la Francia, l’Inghilterra, i crocifissi in classe non ci sono, forse sono nazioni che hanno perso le radici cristiane? Oppure hanno un rapporto diverso con la fede?”.
Colpisce in questo clamore il rifiuto di accettare il confronto con l’Altro, con i diversamente credenti. Perchè?
“Probabilmente perché in altre parti d’Europa si ha l’esperienza con più modalità di cristianesimo. In Italia no. I cristiani di altre confessioni da noi sono piccole minoranze, non portano voti e allora si presenta come unica opzione quella cattolico-romana. Eppure sappiano che storicamente la croce può anche essere un segno ambiguo, usato per altri scopi: si sono uccisi uomini, nel suo nome. Ce lo ha spiegato Giovanni Paolo II chiedendo perdono. Mi creano disagio gli atteggiamenti superficiali: senza la Bibbia il richiamo al crocifisso è ambiguo. Se parliamo di valori, andiamo veramente alla ricerca del suo significato profondo. A me le strumentalizzazioni, siano clericali o anticlericali, non interessano”.
Politici e uomini di Chiesa sostengono che il simbolo trasmette valori universali, validi per credenti non credenti.
“Qui il ragionamento si fa duplice. È indubitabile che a partire da Paolo di Tarso la predicazione della croce può raggiungere il mondo intero e ha qualcosa da dire a tutti. Ma dire che tutti sono obbligati a crederci e a sottostarvi sarebbe strumentale. C’è un messaggio rivolto a tutti, ma non c’è il diritto di imporlo”.
Le croci, le edicole, le cappelle lungo le strade sono certo segni di tradizione e devozione popolare. Si può dire altrettanto dei simboli affissi negli spazi istituzionali, che ricordano semmai l’alleanza tra trono e altare di altri tempi?
“Non c’è dubbio che la decisione di esporlo in certi ambienti abbia il significato di esprimere la confessionalità dello Stato. Anche se il più delle volte nessuno ci fa caso. Vorrei che se ne potesse dibattere serenamente,in un clima democratico. E se anche in una classe ci fossero soltanto due alunni atei, che si sentono lesi nella loro libertà, è giusto che le loro argomentazioni fossero degne di essere discusse. È terribile che la croce possa servire a fare violenza, anche solo verbale. La croce è un testo, una narrazione della morte e resurrezione di Cristo, che invita ad un comportamento da tenere. Guai se diventa un pretesto. Perchè non si riesce a fare una riflessione ad alto livello sulla sentenza della Corte di Strasburgo?”.
L’atteggiamento della gerarchia ecclesiastica, qui e nel caso della volontà di imporre che l’insegnamento di religione abbia i voti come le altre materie, non ha origine nella paura di non poter basare la propria influenza sul libero consenso delle coscienze? Si ricorre alla legge perché la fede è minoritaria?
“Il fatto è che l’Italia è la prima e ultima provincia del Vaticano. E dunque assume un valore esemplare. Personalmente vorrei che certe cose si capissero senza l’intervento della Corte europea. Da credente non permetterei mai che qualcuno mi impedisse di portare la croce al collo e respingo gli sghignazzi alla Odifreddi. Però vorrei che la Chiesa aprisse una riflessione con tutte le anime della cattolicità e del cristianesimo del nostro paese su ciò che significa essere testimoni della fede oggi in Italia”
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