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di 'Per quel che mi riguarda'

martedì 6 ottobre 2009

MEGLIO VOTARE di Gabriele Polo

E alla fine arrivò la «chiamata». Logorato dalle proprie maniacalità, attaccato al cuore del suoportafoglio dalla condanna sul «Lodo Mondadori», «corresponsabile» di numerosi trucchi e quindi perennemente a rischio giudiziario, Silvio Berlusconi intravede il crepuscolo e manda avanti i falchi del centro-destra per tastare il polso al popolo, nella duplice possibilità di piazza e urne: marciare in nome del capo e, se non basta, sfidare il «nemico» sul terreno elettorale. Mossa azzardata, ma astuta. Nell’immediato, per un ultimo ricatto alla Consulta che oggi dovrebbe pronunciarsi sulla costituzionalità del Lodo Alfano, la legge «ad caricam» costruita sulla personalità del premier; nel medio periodo, per giocare sul piano istituzionale l’incapacità dell’opposizione parlamentare a rappresentare una politica alternativa al nazional-populismo oggi al potere. È una sfida che sembra spaventare il centro-sinistra, in gran parte preso da storie e assenze tutte sue. Al punto da non cogliere le incertezze del mondo berlusconiano e da non saper mettere a frutto nemmeno il messaggio della manifestazione di sabato scorso. Perché, invece, non rilanciare e chiedere le dimissioni del governo e le elezioni anticipate? Sarebbe la logica conseguenza di quanto detto e scritto in tutti questi mesi sul crollo di credibilità del premier, sul suo discredito internazionale, sulla sua politica dell’apparenza. E sul modo in cui questo governo ha (non) affrontato la crisi economica, la guerra (nascosta) in Afghanistan, la ricostruzione (finta) dell’Abruzzo e i saccheggi ambientali che seminano morte come in Sicilia? Per dirne solo una - l’ultima - non merita di andarsene un premier che sorvola le frane di Messina e rivendica di «aver previsto il disastro», senza però aver fatto nulla per evitarlo? Persino nel Pd, anzi in tutti e tre i Pd in corso d’opera, sono convinti che esistano mille buone ragioni per cambiare governo. Solo che non hanno il coraggio di dirlo davvero, solo che sono spaventati da una sfida elettorale: non si sentono pronti a prendere l’iniziativa. Non si fidano di se stessi e dei propri «vicini», non confidano nell’opinione pubblica che sabato si è incontrata a piazza del Popolo, temono «vuoti» istituzionali e sopravvalutano la forza dell’avversario.Perché è vero che la destra è culturalmente egemone nel paese - forse ha ragione Martinazzoli quando dice che l’Italia è diventata la biografia di Berlusconi - ma ha pure un bel po’ di problemi di rappresentanza e di coesistenza tra anime diverse. Problemi sempre più difficili da celare e superare di fronte al crepuscolo personale del capo e del cassiere (che poi sono la stessa persona). Accettare la sfida delle elezioni anticipate, anzi, farne la propria parola d’ordine lancerebbe un messaggio chiaro, coerente tra ciò che si dice e ciò che si fa (o si tentadi fare), sottraendo a Berlusconi l’arma della minaccia. Certo, c’è sempre il rischio di perdere - ma è la vita.
E, poi, c’è qualcun altro, oltre a Confindustria, che ha interesse a tirare avanti altri quattro anni in questa palude politica?

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