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lunedì 7 settembre 2009
Tremonti: 'C'è fieno in cascina'
Quel duro attacco agli economisti Loretta Napoleoni
Il ministro delle finanze italiane attacca apertamente gli economisti. Dice loro di andarsene a casa e di rimanere zitti per due anni. Questo è l’ultimo di una lunghissima serie di attacchi contro chi ha avuto la cattiva idea trent’anni fa di studiare l’economia. Sembra infatti che a causare la crisi del credito e la recessione siano stati tutti coloro che esercitano questa professione. Ebbene non è vero. Gli economisti, anche quelli neo-liberisti che continuano a osannare la mano magica del mercato, con la crisi c’entrano ben poco. E in fondo anche i banchieri, gli agenti di borsa, i traders e tutti coloro che si guadagnano da vivere a piazza affari non sono i veri responsabili del crollo. Ed ad un anno dal fallimento della Lehman Brothers è ormai chiaro che a creare la bolla è stata l’assenza di regole e di legislazioni che disciplinassero il funzionamento dei mercati. E questa negligenza può essere attribuita solo ai politici.
Molti di coloro che oggi accusano i mercati e gli economisti quindici anni fa sedevano sulle stesse poltrone che occupano oggi. Allora il mantra era neo-liberista oggi è polemico. Quegli stessi che danno la caccia agli evasori fiscali per racimolare qualche spicciolo e gettarlo nel pozzo nero del debito pubblico dei loro paesi, poco più di un decennio fa scendevano a patti con gli hedge funds offrendogli sgravi fiscali da favola, o come è successo in Gran Bretagna, condizioni super privilegiate.
Si rischia insomma di alzare un gran polverone per dimenticare all’opinione pubblica chi sono i veri peccatori. E nella confusione generale è facile trovare un capro espiatorio. Non è vero che gli economisti debbono tacere, al contrario, molti hanno alzato finalmente la testa e dalle pagine dei giornali fino alle sale cambi criticano duramente i politici. Krugman ha titolato un suo articolo per il New York Times “era meglio al tempo di Nixon”, tracciando un parallelo tra le politiche monetarie di Obama e quelle del presidente dello scandalo Watergate. Anche nel Regno Unito c’è chi ha il coraggio di mettere in discussione il modo in cui questa crisi viene gestita.
Ma sono le discriminazioni che lasciano particolarmente perplessi gli economisti. Si bacchetta la svizzera per il segreto bancario, dietro il quale Europa ed America temono si siano trincerati i loro evasori, ma nessuno critica l’Italia che concede loro l’ennesimo condono. Quanti recidivi pensate che ci siano nelle nuove liste stilate dal ministro delle finanze? E chi meglio di un commercialista può disegnare condono dopo condono, in fondo è il suo mestiere pagare allo stato il minimo indispensabile.
È possibile che dietro le accuse agli economisti si celi una verità scomoda? Che la simbiosi tra politica e finanza sia tale che i politici si sono dimenticati che il loro compito è promuovere il benessere e fare gli interessi della popolazione non quelli di un gruppo di privilegiati loro clienti? Forse piuttosto che gli economisti a stare zitta dovrebbe essere tutta la classe politica che ci ha portato allo sfacelo economico e che ancora ci rappresenta. Forse è arrivata l’ora di cambiarla tutta.
Fonte articolo
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