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di 'Per quel che mi riguarda'

lunedì 24 agosto 2009

Le dieci regole dell’economia prima e dopo la recessione di Loretta Napoleoni

Come sarà il rapporto con il denaro




Si parla molto di grandi cambiamenti legati alla crisi economica, c’è addirittura chi pensa che una nuova etica sociale emergerà dal marasma economico di questi anni. Ma si sbagliano, la recessione non può ridisegnare la natura umana nè trasformarne le passioni che ne costituiscono il motore principale senza un sistema di rigidi controlli. L’economia è una scienza sociale, che studia un aspetto dei comportamenti individuali e societari, quello relazionato al denaro. E il rapporto che abbiamo con i soldi è immutato nei secoli: nè le guerre, nè le grandi crisi economiche l’hanno intaccato, perchè dovrebbe succedere oggi? Analizzzando brevemente questi immutabili comportamenti atavici,potremmo anche descrivere i dieci comandamenti dell’economia sociale.

La previsione del futuro
Da sempre gli economisti prevedono il futuro andamento dell’economia, o almeno tentano di farlo. Il desiderio di anticipare gli eventi fa parte della nostra natura mortale, anzi è una costante del nostro essere, e fin quando non avremo scoperto l’elisir di lunga vita, il futuro sarà sempre oggetto di studi e previsioni. Gli oroscopi finanziari, prodotti quasi quotidianamente dagli istituti di ricerca di banche e società, sono venduti a caro prezzo; alcuni si basano su complesse formule matematiche inserite in modelli econometrici. Si tratta dell’analisi tecnica, secondo cui gli andamenti economici del passato anticipano quelli del futuro. Per molti si tratta di una sorta di economia voodo, ma sulle piazze affari di tutto il mondo questo tipo di previsioni riscontra sempre un grosso successo.

La formula per l’equilibrio
Il secondo comandamento si riferisce alla ricerca della formula perfetta per capire l’andamento dell’economia e quindi per gestirla. Una sorta di alchimia economica che aiuta i governi a mantenere una crescita stabile senza crisi economiche. Economisti, matematici persino illustri scienziati tentano la sorte per scoprire la formula magica. L’università di Cambridge ancora possiede una macchina idraulica, costruita nel 1949 dall’inventore neozelandese Bill Phillips, chiamata Moniac, che mima il complesso funzionamento del sistema monetario. Una riduzione del gettito fiscale, ad esempio, produce un improvviso aggiustamento che fa muovere tutti gli ingranaggi corrispondenti alle componenti dello Stato, dal tesoro alla sicurezza nazionale.

La speculazione
Gli indovini economici sono poi funzionali agli speculatori. Non illudiamoci che la crisi del credito li costringa a indossare la camicia di forza. Il progetto di riforma presentato dal presidente Obama non intacca il funzionamento della speculazione finanziaria. Eppure questa è una forma d’azzardo anche se poggia sull’analisi dei dati e sulla psicologia del mercato, cioè sulle previsioni del futuro. Secondo Keynes la speculazione è un’attività importante per il mercato perchè lo rende più liquido, ma ai tempi in cui il celeberrimo economista scriveva quest’attività rappresentava una frazione infinitesimale del mercato, oggi può anche deviarne i comportamenti come è successo l’anno scorso con la crisi alimentare, dovuta in toto alla speculazione sul mercato delle materie prime.

I derivati
Neppure gli strumenti prediletti dagli speculatori, i derivati, scompariranno. Già il fatto che si differenzino quelli ‘buoni’ da quelli ‘cattivi’ è un errore. Ecco il quarto comandamento: onora gli attrezzi del mestiere dell’alta finanza. Tutti sanno che la bolla è stata gonfiata a dismisura dai Credit Default Swaps, assicurazioni sull’insolvenza futura delle grosse banche e finanziarie, nessuno ha però ventilato la possibilità di metterli fuori legge.

I paradisi fiscali
Anche i paradisi fiscali, di cui si è discusso molto negli ultimi mesi, sopravvivranno alla crisi attuale perché servono ai governi e alle corporation per ‘facilitare’ il processo finanziario. Ne abbiamo conferma dalla Cina, la superpotenza economica del futuro, che al G20 di Londra ha posto il veto alla loro regolamentazione. Al momento Pechino utilizza Hong Kong, che è anche porto franco, per convertire la moneta nazionale.

L’influenza sulla politica
Il sesto comandamento si riferisce al potere che l’alta finanza esercita sui politici, che potremmo definire il fascino discreto delle ex banche d’affari. Goldman Sachs, da cui è uscito più di un ministro del tesoro americano, a settembre del 2008 rischiava la bancarotta, oggi dopo una serie di giochi contabili, la ridefinizione dello status in banca commerciale per accedere al TARP, si trova in imbarazzo nel dichiarare un attivo di 7 miliardi di dollari alla fine del secondo trimestre. Come può una banca in pochissimi mesi rivoluzionare i suoi bilanci in questo modo in un mercato che si definisce ‘liberista’?

Le nazionalizzazioni
In realtà l’economia occidentale di liberismo ha poco o nulla. Le nazionalizzazioni in Gran Bretagna, quelle parziali negli USA e in Europa, lo dimostrano. Il capitalismo non segue una teoria specifica, al contrario è liberista nelle fasi di crescita e keynesiano in quelle di contrazione, ecco il settimo comandamento. Ciò vuol dire che chi abusa del sistema vince sempre e chi invece è un semplice utente finisce per essere doppiamente penalizzato.

Il protezionismo
La riprova di quest’anomalia proviene dal vento protezionista che già soffia in occidente. In Francia Sarkozy, che a parole si dice intenzionato a difendere il libero commercio fino alla morte nei fatti già ha iniziato a ‘proteggere’ l’industria francese. È quindi sulla stessa lunghezza d’onda di Obama quando propone lo slogan buy American products e di Gordon Brown quando dichiara British jobs for British people.

La difficoltà dei controlli
Gli ultimi due comandamenti descrivono il difficilissimo processo di controllo dell’intero sistema. La crisi ha messo a nudo le difficoltà che la finanza globalizzata incontra nell’autoregolarsi, l’idea che banche ed operatori di mercato agiscano secondo un codice etico da loro assunto è semplicemente assurda. Perfino la finanza islamica, che opera sulla base del codice etico della sharia, utilizza lo sharia board, il consiglio d’amministrazione religioso, per codificare prodotti e comportamenti finanziari. Nella finanza tradizionale questo compito lo svolge una miriade di organizzazioni che vanno dalle agenzie di rating private agli organismi statali ad hoc. E le proposte ventilate per ristrutturare questo sistema invece di tendere a centralizzare la rete dei controlli la stanno invece allargando. Obama ha proposto l’introduzione di altri tre organismi tra cui anche uno che rappresenta i consumatori.

La deregulation
La soluzione del problema è però a monte e si riferisce alla regolamentazione specifica e dettagliata dell’attività finanziaria nell’economia globalizzata, ci vuole insomma una rilettura e una riforma della deregulation degli anni ‘90. Ma questo andrebbe contro l’ultimo importantissimo comandamento finanziario: la deregulation non si tocca.

Conclusioni
Ed ecco, da brava economista, la mia previsione per il futuro: se non si riscrivono completamente i comandamenti della finanza, l’economia occidentale ed in parte anche quella globalizzata dovrà abituarsi a convivere con l’alternarsi di periodi di crescita sfrenata e di crisi profonde, con le disuguaglianze economiche e le tensioni sociali che a questi si accompagnano sempre. Un futuro non troppo roseo.


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