Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)

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di 'Per quel che mi riguarda'

giovedì 27 agosto 2009

LA NERA QUOTIDIANITÀ di Gianfranco Capitta

Mauro Biani
È uno stillicidio, una storiaccia al giorno, intolleranza e violenza a tappeto: contro stranieri e omosessuali soprattutto, ma non solo. L’estate dell’informazione innalza normalmente il livello d’attenzione sulla cronaca, ma questa volta è davvero un bollettino di guerra. Che proprio dentro quella «nera» quotidianità svela una compattezza e una precisione nerissima contro tutti quelli che sono fuori della "normalità" costituita e imposta, non più col manganello - si poteva dire ancora distrattamente fino a qualche giorno fa -ma con i modelli imposti da un pensiero sempre più unico. Qualcosa sembra bruscamente cambiare in questi tempi. L’incendio del Qube romano, cuore di una cultura diversa che prende corpo nei party di Muccassassina (ricordo mitico la curiosità di Pina Bausch), viene poche ore dopo l’aggressione infame davanti al chiosco paninaro fuori del Gay Village. Con facili pennellate nelle cronache di colore sull’impunibilità di tale Svastichella, che fa brillare perfino al sindaco Alemanno che ne reclama l’arresto. Ma il seguito, comprese lemanette, il mistero sui complici dell’aggressione e l’indifferenza di chi assisteva davanti al chiosco, segna meglio la propria direttrice, mirando dopo i froci del Gay Village, al più noto luogo di aggregazione e orgoglio gay a Roma. Una intenzione politica e sociale certo, contro tutti coloro che sono meno governabili, fuori degli stereotipi e dei valori dominanti, fuori dal «gusto» appiattito di un paese appitonato davanti a un premier che strizza l’occhio evocando le proprie «marachelle», monito e modello. Un immaginario sempre più ristretto al panorama di «tette e culi» (mai così letterali) che come in un film horror sono usciti dalle tv padronali e dalle copertine di famiglia. Garantito da improbabili ronde che paiono iingovernabili ancor prima di nascere. Segnali inquietanti ce ne sono stati tanti e diversi in questo anno e mezzo, dalle leggi razziste alle love story presidenziali. È che oggi tutto pare saldarsi in un’unica visione, quasi un progetto, se si può dire, «culturale». Desiderio di sopraffazione e vendetta verso qualcuno, intimidazione contro chi possa apparire debole o impuro, esibizione di muscoli e di coltelli, ricerca disperata di una identità unica, hanno già caratterizzato per un ventennio, nel secolo scorso, il nostro paese. Il loro ritorno, in una democrazia cullata tra alcove e lustrini, fa paura, anche se perfettamente conseguente e coerente con la politica che la governa. Quella di un paese dei campanelli dove tutto deve rispondere a discutibili criteri estetici e culturali. Tanto che mentre un tipo detto Svastichella massacra due ragazzi, esponenti leghisti di governo accusano i dignitari pontifici di «comunismo», e proprio come in un’operetta d’antan, minacciano di "rivedere" i patti lateranensi, se la chiesa continua a denunciare le loro leggi ultrarazziste. La cultura, quella vera, è stata già stroncata alle radici dal trio Tremonti/Gelmini/Bondi, una premiata ditta di sfracelli che va lieta verso la tabula rasa di ogni patrimonio culturale. Resterebbe la domanda retorica su cosa fa il resto della politica, quella che era la sinistra. Ma sono stati due esponenti di spicco del Pd a denunciare che la stessa tematica omosessuale è del tutto assente da programmi e dibattiti del loro partito, della sua festa e dei suoi concorrenti. Tra paura e fastidio,non si può continuare a sperare che sia solo il remake di una nostalgica operetta.

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