Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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martedì 26 maggio 2009
"Un’idea preconcetta e negativa dell’Italia"
Il pastone Noemi ammazza la satira di Norma Rangeri
Il primo telegiornale italiano ci rifila il caso-Noemi infilandolo dentro il pastone politico perché «si incrocia con le polemiche sulle riforme istituzionali».Ma che cosa si incroci, giorno dopo giorno, non è stato mai spiegato.
Il pastone quotidiano del Tg1 non dice nulla sulle notizie che raccontano la natura
del rapporto tra l’anziano presidente del consiglio e la giovanissima ragazza napoletana. I leader politici dell’opposizione chiedono al capo del governo di rispondere alla domande di Repubblica, i colleghi della maggioranza replicano che si tratta di pettegolezzi da bar dettati dalla disperazione di chi perderà le elezioni.
Ma quali siano gli interrogativi che attendono una risposta, cosa abbiano riferito i protagonisti della storia, è e resta una materia misteriosa. Le notizie non vengono neppure sfiorate e dunque la polemica politica che su di esse si arroventa è un surreale, criptico botta e risposta affidato alle figurine della telepolitica. Un meccanismo perfetto di disinformazione applicato con rigore a ogni argomento. La scomparsa dei fatti è la tecnica che tiene a bada lo scandalo nel tentativo di proiettare in primo piano le reazione del premier e dei suoi fedeli scudieri, tralasciando del tutto i comportamenti che ne sarebbero all’origine.
A soffrirne è tutto il sistema della comunicazione, satira compresa. Anche le battute
di Luciana Littizzetto, Che tempo che fa, o le parodie di Glob, l’osceno del villaggio (per citare due esempi di intrattenimento impegnato) sono un pannicello caldo, depotenziate in partenza, una presa in giro bonaria. Quando Sabina Guzzanti, con il suo Raiot, proprio per sfondare il muro della censura, usò lo spazio della satira per informare il pubblico sugli affari di Berlusconi, ne pagò le conseguenze con la chiusura del programma. E ancora prima, lo stesso capitò al Satyricon di Daniele Luttazzi, reo di aver dato spazio all’Odore dei soldi, un libro che descriveva le origini dell’impero berlusconiano. E se qualcuno, per esempio Report di Milena Gabanelli, uno dei pochi spazi di approfondimento che ai fatti ci tiene moltissimo, ha la pretesa di raccontare come è andata a finire la vicenda dell’Alitalia, e quali sorprese riservi il digitale terrestre, il ministro Bondi e compagnia non contestano i contenuti dell’inchiesta, preferiscono accusare il programma di propagare «un’idea preconcetta e negativa dell’Italia». Come fossero le sentinelle del sistema immunitario del regime mediatico.
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Il primo telegiornale italiano ci rifila il caso-Noemi infilandolo dentro il pastone politico perché «si incrocia con le polemiche sulle riforme istituzionali».Ma che cosa si incroci, giorno dopo giorno, non è stato mai spiegato.
Il pastone quotidiano del Tg1 non dice nulla sulle notizie che raccontano la natura
del rapporto tra l’anziano presidente del consiglio e la giovanissima ragazza napoletana. I leader politici dell’opposizione chiedono al capo del governo di rispondere alla domande di Repubblica, i colleghi della maggioranza replicano che si tratta di pettegolezzi da bar dettati dalla disperazione di chi perderà le elezioni.
Ma quali siano gli interrogativi che attendono una risposta, cosa abbiano riferito i protagonisti della storia, è e resta una materia misteriosa. Le notizie non vengono neppure sfiorate e dunque la polemica politica che su di esse si arroventa è un surreale, criptico botta e risposta affidato alle figurine della telepolitica. Un meccanismo perfetto di disinformazione applicato con rigore a ogni argomento. La scomparsa dei fatti è la tecnica che tiene a bada lo scandalo nel tentativo di proiettare in primo piano le reazione del premier e dei suoi fedeli scudieri, tralasciando del tutto i comportamenti che ne sarebbero all’origine.
A soffrirne è tutto il sistema della comunicazione, satira compresa. Anche le battute
di Luciana Littizzetto, Che tempo che fa, o le parodie di Glob, l’osceno del villaggio (per citare due esempi di intrattenimento impegnato) sono un pannicello caldo, depotenziate in partenza, una presa in giro bonaria. Quando Sabina Guzzanti, con il suo Raiot, proprio per sfondare il muro della censura, usò lo spazio della satira per informare il pubblico sugli affari di Berlusconi, ne pagò le conseguenze con la chiusura del programma. E ancora prima, lo stesso capitò al Satyricon di Daniele Luttazzi, reo di aver dato spazio all’Odore dei soldi, un libro che descriveva le origini dell’impero berlusconiano. E se qualcuno, per esempio Report di Milena Gabanelli, uno dei pochi spazi di approfondimento che ai fatti ci tiene moltissimo, ha la pretesa di raccontare come è andata a finire la vicenda dell’Alitalia, e quali sorprese riservi il digitale terrestre, il ministro Bondi e compagnia non contestano i contenuti dell’inchiesta, preferiscono accusare il programma di propagare «un’idea preconcetta e negativa dell’Italia». Come fossero le sentinelle del sistema immunitario del regime mediatico.
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