Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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domenica 24 maggio 2009
Il tramonto della democrazia di Arundhaty Roy
Cara Rosalba, per le notizie sull'India occorrerebbe inserire l'articolo di A. Roy. Credo che L'India sia anche un impero che soffoca e domina la politica del Pakistan.Poi facciamo tutte le debite differenze tra i mussulmani. Stiamo creando un nuovo mostro e le terre più povere sono insanguinate. Facciamo di più. Facciamo in modo che la guerra, in qualsiasi forma o con qualsiasi giustificazione si presenti, non esista mai più...
Questo é un commento fatto da Gloria Gaetano, un'amica del blog, al post precedente. Ritengo che Gloria abbia ragione ed é per questo che posto l'articolo di Arundhaty Roy e invito tutti a leggerlo. Grazie Gloria.
sabato 16 maggio 2009
Settecento milioni di indiani eleggono il nuovo parlamento. È un voto che fa comodo alle multinazionali, ai mercanti di armi e agli estremisti politici e religiosi. Ma che non serve al paese e alla democrazia, scrive Arundhati Roy
Poiché ci chiediamo ancora se ci sia vita dopo la morte, possiamo farci anche un’altra domanda: c’è vita dopo la democrazia? E che vita sarà?
Con “democrazia” non intendo un regime astratto e ideale a cui aspirare. Mi riferisco al modello più diffuso: la democrazia liberale occidentale con le sue varianti, prese così come sono.
E allora, c’è vita dopo la democrazia? Quando cerchiamo di rispondere a questa domanda, spesso paragoniamo i diversi sistemi di governo per concludere con una difesa piccata e anche un po’ aggressiva della democrazia. Ha i suoi difetti, diciamo di solito. Non è perfetta, ma è meglio degli altri sistemi a disposizione. Inevitabilmente, qualcuno chiederà: “Afghanistan, Pakistan, Arabia Saudita, Somalia... Preferireste questi sistemi?”.
Se la democrazia sia un ideale a cui devono tendere tutte le società “in via di sviluppo” è un’altra questione (io penso di sì, e la fase iniziale, ancora piena di ideali, può essere davvero inebriante). La domanda sulla vita dopo la democrazia va rivolta a chi di noi vive già in una democrazia, o in paesi che fingono di essere democratici. Non voglio suggerire un ritorno a modelli passati e ormai screditati di governo totalitario o autoritario. Ma penso che sia il nostro ideale di democrazia, e non la nostra economia, ad avere bisogno di un po’ di adeguamenti strutturali.
Il punto è capire cosa abbiamo fatto della democrazia. In cosa l’abbiamo trasformata? Che succede una volta che è stata svuotata e privata di senso? Cosa succede quando ognuna delle sue istituzioni è diventata metastasi fino a trasformarsi in un’entità maligna e pericolosa? Cosa succede ora che democrazia e capitalismo si sono fusi in un unico organismo predatorio, dall’immaginazione limitata e incentrata quasi esclusivamente sull’idea della massimizzazione dei profitti? È possibile invertire questo processo?
Quello che serve oggi, per salvare il pianeta, è un progetto a lungo termine. Lo possono offrire i governi democratici, che sopravvivono solo grazie allo sfruttamento delle risorse? È possibile che la democrazia si riveli un boomerang per il genere umano? Se la democrazia ha tanto successo probabilmente è perché condivide con l’umanità il suo più grosso difetto: la miopia. La nostra incapacità di vivere nel presente e al tempo stesso di guardare in avanti, ci rende strani esseri “di mezzo”, né bestie né profeti. La nostra intelligenza sembra averci privato dell’istinto di sopravvivenza. Saccheggiamo la Terra sperando di accumulare surplus materiali che compensino tutto quello che di profondo e indicibile abbiamo perso.
Sarebbe presuntuoso dire di avere le risposte anche a una sola di queste domande. Continua a leggere
Questo é un commento fatto da Gloria Gaetano, un'amica del blog, al post precedente. Ritengo che Gloria abbia ragione ed é per questo che posto l'articolo di Arundhaty Roy e invito tutti a leggerlo. Grazie Gloria.
sabato 16 maggio 2009
Settecento milioni di indiani eleggono il nuovo parlamento. È un voto che fa comodo alle multinazionali, ai mercanti di armi e agli estremisti politici e religiosi. Ma che non serve al paese e alla democrazia, scrive Arundhati Roy
Poiché ci chiediamo ancora se ci sia vita dopo la morte, possiamo farci anche un’altra domanda: c’è vita dopo la democrazia? E che vita sarà?
Con “democrazia” non intendo un regime astratto e ideale a cui aspirare. Mi riferisco al modello più diffuso: la democrazia liberale occidentale con le sue varianti, prese così come sono.
E allora, c’è vita dopo la democrazia? Quando cerchiamo di rispondere a questa domanda, spesso paragoniamo i diversi sistemi di governo per concludere con una difesa piccata e anche un po’ aggressiva della democrazia. Ha i suoi difetti, diciamo di solito. Non è perfetta, ma è meglio degli altri sistemi a disposizione. Inevitabilmente, qualcuno chiederà: “Afghanistan, Pakistan, Arabia Saudita, Somalia... Preferireste questi sistemi?”.
Se la democrazia sia un ideale a cui devono tendere tutte le società “in via di sviluppo” è un’altra questione (io penso di sì, e la fase iniziale, ancora piena di ideali, può essere davvero inebriante). La domanda sulla vita dopo la democrazia va rivolta a chi di noi vive già in una democrazia, o in paesi che fingono di essere democratici. Non voglio suggerire un ritorno a modelli passati e ormai screditati di governo totalitario o autoritario. Ma penso che sia il nostro ideale di democrazia, e non la nostra economia, ad avere bisogno di un po’ di adeguamenti strutturali.
Il punto è capire cosa abbiamo fatto della democrazia. In cosa l’abbiamo trasformata? Che succede una volta che è stata svuotata e privata di senso? Cosa succede quando ognuna delle sue istituzioni è diventata metastasi fino a trasformarsi in un’entità maligna e pericolosa? Cosa succede ora che democrazia e capitalismo si sono fusi in un unico organismo predatorio, dall’immaginazione limitata e incentrata quasi esclusivamente sull’idea della massimizzazione dei profitti? È possibile invertire questo processo?
Quello che serve oggi, per salvare il pianeta, è un progetto a lungo termine. Lo possono offrire i governi democratici, che sopravvivono solo grazie allo sfruttamento delle risorse? È possibile che la democrazia si riveli un boomerang per il genere umano? Se la democrazia ha tanto successo probabilmente è perché condivide con l’umanità il suo più grosso difetto: la miopia. La nostra incapacità di vivere nel presente e al tempo stesso di guardare in avanti, ci rende strani esseri “di mezzo”, né bestie né profeti. La nostra intelligenza sembra averci privato dell’istinto di sopravvivenza. Saccheggiamo la Terra sperando di accumulare surplus materiali che compensino tutto quello che di profondo e indicibile abbiamo perso.
Sarebbe presuntuoso dire di avere le risposte anche a una sola di queste domande. Continua a leggere
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