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di 'Per quel che mi riguarda'

venerdì 1 maggio 2009

Delara Darabi, un grande dolore.

Le hanno messo una corda al collo e l'hanno fatta penzolare, era l'alba. Lo stesso ayatollah Mahmud Hashemi Shahrudi di Teheran che le aveva sospeso la pena la settimana scorsa, ne ha ordinato la morte. Si chiamava Delara, aveva solo 23 anni e da 5 anni era in carcere per un presunto concorso in omicidio. Una sconfitta per chi come me ha creduto che firmare ripetutamente gli appelli fatti fa Amnesty international, da Iran Human Rights e altre associazioni che si erano battute per la sua salvezza, potesse bastare, e invece no. Ha vinto il carnefice, forte di una legge disumana vigente in Iran, la Sharia.
Impotente, ecco come mi sento, triste e impotente per non averla potuto salvare.

Condivido l'amara dichiarazione rilasciata daMahmood Amiry-Moghaddam, portavoce di Iran Human Rights’, è vera come è vera la morte di Delara:
‘L'esecuzione di Delara è stata possibile perché l'Iran continua a pensare di poter agire da sola e che le reazioni internazionali siano solo parole e non abbiano conseguenze', dice .

Delara era un'artista, una pittrice che disegnava col carboncino ma due settimane fa il giudice, lo stesso giudice che ne ha comandato la morte, aveva ordinato di toglierle anche quella gioia. Ovunque tu sia Delara in questo momento disegna la giustizia e la libertà e non la morte e il dolore come facevi su questa terra che trasuda anche del tuo sangue.

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