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di 'Per quel che mi riguarda'
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mercoledì 13 luglio 2011

Cos’è successo, Minzolini? La dg Lei: Tg1 in calo oggettivo, serve una riflessione. Domani il cda processa il direttorissimo di Domenico Cirillo

(vignetta Vadelfio)
«È un problema molto serio». «Mi chiedo cosa sia successo, serve una riflessione complessiva». Ascoltati assieme dalla commissione parlamentare di vigilanza, il presidente e la direttrice generale della Rai per la prima volta esprimono la stessa preoccupazione sul calo degli ascolti del Tg1. E annunciano che domani il consiglio di amministrazione di viale Mazzini avrà al centro proprio il «problema» Augusto Minzolini. Il direttorissimo è sotto esame e la sua poltrona non è più salda. Traballa come quella dell’azionista di riferimento di palazzo Chigi. Del resto è stato proprio il «direttorissimo» qualche settimana fa ad ammettere che il suo destino è legato a quello di Berlusconi: «Resterò - disse - fino a quando resterà lui». Preoccupante per Minzolini è soprattutto la presa di distanza di Lorenza Lei, alla quale prudente sceglie di non replicare. Se la prende piuttosto con Paolo Garimberti e ne nasce una pubblica lite. «Fossi in lui mi preoccuperei di più di Rai1», dice Minzolini. «Pensi piuttosto a fare bene il suo lavoro», replica il presidente. «E lui a fare il presidente di tutti», controreplica il direttore.
Non è stata un’audizione di routine quella di ieri della direttrice generale della Rai. Ai commissari della vigilanza Lorenza Lei ha ammesso che il Tg1 delle 20.00 «evidenzia una flessione di 2,7 punti percentuali di share (nella stagione 2010-11 rispetto alla precedente, ndr), questi sono dati oggettivi. Certo quando registra un ascolto vicino al 20% mi chiedo cosa sia successo». La dg dunque ha annunciato una «riflessione complessiva». Che ci sarà domani, come poco prima aveva detto Garimberti. Secondo il quale più che il sorpasso del Tg5 «quello che mi preoccupa è il Tg1 al 20,6%, vuol dire che lo spettatore sente che l’informazione non è completa e adeguata». Nel consiglio di amministrazione «faremo una riflessione sugli ascolti e sulla qualità dell’informazione del Tg1, è un problema che riguarda anche Rai1 ma bisogna fare qualcosa perché il Tg1 torni a essere il Tg1». Ai deputati e ai senatori della vigilanza, Lorenza Lei ha parlato anche della flessione dell’edizione pomeridiana dal Tg1 (-1,2%), ma il responsabile del forum comunicazioni del Pd Paolo Gentiloni ha fornito dati più preoccupanti. «L’ultimo riepilogo disponibile del giugno scorso indica uno share del 22,8% - ha detto -, nell’ultimo mese di giugno del Tg1 diretto dal predecessore di Minzolini (Riotta nel 2008, ndr) gli ascolti serali erano stati del 31,7%. Nove punti in tre anni sono davvero troppi». Minzolini ha replicato a questi dati sostenendo che il calo degli ascolti è un problema diffuso nella tv generalista e che «se il Tg1 ha perso nove punti dal 2008 a oggi, Rai1 in prima serata ne ha persi sedici». Secondo il «direttorissimo» dunque il vero confronto va fatto nello scontro diretto con il Tg5 e lì «quest’anno abbiamo perso solo due volte, l’anno scorso una volta soltanto, bisogna tornare al 1999 per avere una performance uguale». A Minzolini ha replicato duramente il direttore di Rai1 Mauro Mazza, altro segnale della difficoltà del «direttorissimo». «Mi limito ad osservare che da molti mesi quello delle 20 è l’unico tg nella storia della tv mondiale che fa meno share del programma che lo precede», ha detto Mazza, anche lui in quota Pdl. «La tv generalista è in crisi - ha detto invece uno degli ultimi difensori di Minzolini, il capogruppo del Pdl in vigilanza Alessio Butti - il tema degli ascolti è un tema complesso che qualcuno vuole utilizzare politicamente per tagliare la testa a uno dei pochi spazi della tv pubblica non occupati dall’egemonia gramsciano-togliattiana dei soliti noti».
Nel corso dell’audizione, la direttrice generale ha anche annunciato che il cda di domani farà «un approfondimento sul canone»: di fronte a un aumento dell’evasione che porta a circa 600 milioni di euro la cifra persa dalla Rai, viale Mazzini si prepara a chiedere un aumento al governo. Lorenza Lei ha inoltre risposto ad alcune domande sulla cosiddetta «struttura Delta» e sulle risultanze dell’inchiesta P4 e ha assicurato di non aver subito pressioni «che non potrebberomai sortire alcun effetto». Ha poi spiegato che Fabio Fazio «è tornato in azienda» ma che avrà una deroga per quattro speciali l’anno su La7, fino al 2014, con Roberto Saviano. E infine ha detto che intende «garantire la messa in onda del programma Report trovando anche una soluzione transitoria» al problema della mancata copertura legale. Garimberti invece ha concluso parlando del conflitto di interessi di Berlusconi. La Rai, ha detto, è un «grande mistero imprenditoriale, perché resta leader di ascolti e raccoglie meno pubblicità» di Mediaset». Il presidente ha persino fatto un
appello agli «investitori coraggiosi»: «Resistete - ha detto - alle pressioni per non fare investimenti in Rai».

fonte articolo 'Il Manifesto'
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sabato 26 marzo 2011

Maglie larghe di Marco Travaglio

Per raccontare l'Italia dell'ultimo ventennio, gli storici del futuro non potranno evitare un capitolo sulla stampa berlusconiana. Cioè alla corrente dadaista del giornalismo italiano rappresentata da Giornale, Libero, Panorama e TgLingua che, pur avari di notizie vere, regalano da anni al Paese grandi momenti di ilarità, buonumore e spensieratezza. Ieri, per esempio, Sallusti titolava in prima pagina: “Benzina più cara? Colpa di Nanni Moretti & C”. Al primo assembrarsi di infermieri sotto la sede del Giornale, qualcuno nota che anche a Libero c'è bisogno urgente di cure. Infatti pure Belpietro titola: “Ci tassano la benzina per pagare i filmetti”. Anche lui ce l'ha col governo che ritocca lievemente le accise per finanziare la guerra di Libia e rinnovare il contratto alle forze dell'ordine; qualche spicciolo andrà anche a ridurre i tagli alla tutela dei beni archeologici, ai musei, ai teatri, agli enti lirici, al Fondo unico per lo spettacolo, alla Biennale e a Cinecittà-Luce. Naturalmente “i filmetti” non c'entrano nulla, tantomeno Moretti che non ha mai chiesto un euro al Ministero e di solito i finanziamenti se li trova all'estero. Ma –si chiederanno gli storici del futuro– i giornali di destra non erano tenuti a verificare le notizie prima di darle? C'era forse una legge che li esentava dal farlo? No, si sono semplicemente garantiti un'ampia franchigia che consente loro di sparare la prima cazzata che passa per la testa, nell'assoluta certezza che nessuno ci fa più caso. Non solo non sono tenuti a scrivere cose vere, ma nemmeno verosimili. Un po' come Aldo Biscardi che, querelato dall'associazione arbitri, si difese così: “Lo sanno tutti che le cose che diciamo al Processo del Lunedì sono poco credibili”. Alla fine fu assolto con la decisiva motivazione che era “troppo poco credibile per poter diffamare qualcuno”. Un'altra caposcuola del surrealismo giornalistico è Maria Giovanna Maglie. Lei gli articoli non li digita al computer: li crivella con raffiche di kalashnikov. L'altroieri, in un delicato editoriale dal titolo “Il fronte di Lampedusa. Ora rischiamo l'invasione dei poligami”, spiega su Libero che a Genova “un macellaio marocchino vuole che gli autorizziamo la terza moglie” e “non sarebbe una scandalosa novità: in Italia ospitiamo graziosamente già 15 mila poligami ufficiali con relative famiglie, conseguenti costi sociali, devastante degrado della nostra civiltà”. Volete mettere, per dire, quei bei monogami italianissimi che sgozzano la moglie (per fortuna unica) tra le quattro mura di casa o molestano le figlie al calduccio del focolare domestico? Ora però, avverte la leggiadra editorialista, “provate a immaginare la stessa prepotente pretesa moltiplicata per la folla che da Lampedusa ci sta occupando e invadendo”. Un poligamo oggi, un poligamo domani e “allora sì che saremo minoranza schiacciata e reietta”, a meno che non si faccia tosto una legge per negare “il permesso di soggiorno a chi non rinuncia alla poligamia”. Com'è noto, i disperati che sbarcano mezzi morti a Lampedusa sono sceicchi travestiti da straccioni che nascondono sotto i cenci un harem di almeno cinque mogli per ciascuno. L'altro giorno il Giornale titolava a tutta prima pagina: “Il golpe dei magistrati” e, oltre a pubblicare le loro mail private, attribuiva loro cose mai scritte né pensate. Ieri uno di quei magistrati, additato come “golpista” solo per aver invitato i colleghi che lavorano al ministero a dimettersi, ha inviato una rettifica che è uscita senza una parola di replica. Evabbè, abbiamo dato del golpista a un giudice che non c'entrava nulla, che sarà mai. Zio Tibia, senza volerlo si capisce, ha anticipato Vauro e Vincino riportando in edicola il Male. Il mitico foglio satirico, nel '78, diffuse false prime pagine di Stampa, Corriere, Giorno e Paese Sera: “Clamoroso arresto di Ugo Tognazzi”, “E' il capo delle Br”, “Anche Vianello nella direzione strategica”. Se lo facesse oggi col Giornale, nessuno noterebbe la differenza.

fonte articolo 'Il Fatto Quotidiano'
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