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venerdì 9 settembre 2011
«Ci scusi ma la lettera a Berlusconi deve rimanere segreta»? La risposta: «Potrebbe nuocere ai mercati» di Cinzia Gubbini
Egregio signore, va bene la trasparenza, ma non possiamo parlare di questi argomenti con lei. E soprattutto non in questo momento. Potrebbe essere questa la sintesi della risposta della Banca centrale europea ad Andrea D’Ambra, presidente dell’associazione Generazione Attiva, che aveva chiesto di avere accesso alla lettera che il presidente della Bce Trichet ha inviato a Berlusconi all’inizio di agosto. Quella che ha dato la stura alla manovra economica appena approvata. Quella che, secondo indiscrezioni, conteneva un inedito vademecum su cosa avrebbe dovuto fare l’Italia per rassicurare i mercati. Una sorta di “commissariamento”.
Ne sono seguiti appelli dalle prime pagine dei quotidiani affinché venisse resa pubblica. Persino un gruppo su Facebook che sollecita: «Tiratela fuori!» Ma D’Ambra ha fatto la cosa più semplice del mondo: ha richiesto formalmente di avere accesso alla lettera, in base alla decisione della Bce del 4 marzo 2004, che in nome della trasparenza amplia la possibilità (già prevista in una precedente decisione del ‘98) di poter accedere agli atti della Banca centrale. La risposta, però, è stata un «no, ci dispiace».
In una missiva dettagliata e cortese – davvero altri gli standard europei rispetto a quelli italiani - il direttore generale del Segretariato e dei servizi linguistici della Bce spiega: «Abbiamo deciso di non fornire accesso al documento richiesto, poiché la divulgazione recherebbe pregiudizio alla tutela dell’interesse pubblico». Addirittura? «Nella fattispecie la Banca europea ritiene che la divulgazione recherebbe pregiudizio all’efficacia dei messaggi della stessa Bce ai governi degli stati membri, in quanto strumento atto a promuovere un contesto favorevole al ripristino della fiducia degli investitori dei mercati finanziari, elemento di primaria importanza ai fini di una fluida conduzione della politica monetaria». Il riferimento è all’art. 4 della decisione di sette anni fa, in cui è scritto chiaramente che la Bce può rifiutare l’accesso a un documento quando la sua divulgazione possa recare pregiudizio alla politica monetaria, finanziaria o economica della Comunità o di uno Stato membro. Detta così sembra la cosa più ragionevole del mondo. Ma applicata al caso della lettera di Trichet (e stando alla risposta della Bce, quella all’Italia non sarebbe l’unica) le cose cambiano. Innanzitutto perché è stata la Bce a seguire una procedura da tutti giudicata inconsueta e politicamente azzardata, che rischia di esautorare le competenze non solo dei governi ma anche dei parlamenti nazionali. Ma in che senso la divulgazione della lettera ne inficerebbe l’efficacia? Gli investitori, probabilmente, sarebbero concordi con la Bce. I cittadini, in effetti, forse un po’ meno. Occorre non disturbare il manovratore? D’Ambra non demorde: «Almeno il parlamento dovrebbe essere informato. Faremo ricorso, e se necessario arriveremo fino al mediatore europeo».
fonte articolo 'Il Manifesto'
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Ne sono seguiti appelli dalle prime pagine dei quotidiani affinché venisse resa pubblica. Persino un gruppo su Facebook che sollecita: «Tiratela fuori!» Ma D’Ambra ha fatto la cosa più semplice del mondo: ha richiesto formalmente di avere accesso alla lettera, in base alla decisione della Bce del 4 marzo 2004, che in nome della trasparenza amplia la possibilità (già prevista in una precedente decisione del ‘98) di poter accedere agli atti della Banca centrale. La risposta, però, è stata un «no, ci dispiace».
In una missiva dettagliata e cortese – davvero altri gli standard europei rispetto a quelli italiani - il direttore generale del Segretariato e dei servizi linguistici della Bce spiega: «Abbiamo deciso di non fornire accesso al documento richiesto, poiché la divulgazione recherebbe pregiudizio alla tutela dell’interesse pubblico». Addirittura? «Nella fattispecie la Banca europea ritiene che la divulgazione recherebbe pregiudizio all’efficacia dei messaggi della stessa Bce ai governi degli stati membri, in quanto strumento atto a promuovere un contesto favorevole al ripristino della fiducia degli investitori dei mercati finanziari, elemento di primaria importanza ai fini di una fluida conduzione della politica monetaria». Il riferimento è all’art. 4 della decisione di sette anni fa, in cui è scritto chiaramente che la Bce può rifiutare l’accesso a un documento quando la sua divulgazione possa recare pregiudizio alla politica monetaria, finanziaria o economica della Comunità o di uno Stato membro. Detta così sembra la cosa più ragionevole del mondo. Ma applicata al caso della lettera di Trichet (e stando alla risposta della Bce, quella all’Italia non sarebbe l’unica) le cose cambiano. Innanzitutto perché è stata la Bce a seguire una procedura da tutti giudicata inconsueta e politicamente azzardata, che rischia di esautorare le competenze non solo dei governi ma anche dei parlamenti nazionali. Ma in che senso la divulgazione della lettera ne inficerebbe l’efficacia? Gli investitori, probabilmente, sarebbero concordi con la Bce. I cittadini, in effetti, forse un po’ meno. Occorre non disturbare il manovratore? D’Ambra non demorde: «Almeno il parlamento dovrebbe essere informato. Faremo ricorso, e se necessario arriveremo fino al mediatore europeo».
fonte articolo 'Il Manifesto'
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