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di 'Per quel che mi riguarda'

domenica 26 giugno 2011

Dalle stalle alle stalle di Marco Travaglio

Dopo una settimana di rivelazioni sulla P4, Pdl e Pdmenoelle (come lo chiama Grillo) hanno finalmente scoperto di chi è la colpa: dei giudici che intercettano e dei giornali che informano. Anziché felicitarsi del fatto che, ancora una volta, un pugno di pm e di cronisti hanno scoperchiato una cupola occulta e dunque incostituzionale che condiziona le istituzioni senz’alcun mandato elettivo né controllo democratico, salvando quel che resta della politica, i due maggiori partiti di governo e opposizione (si fa per dire) concordano sull’urgenza di una legge che imbavagli almeno la stampa. La parola d’ordine è “vietare la pubblicazione di intercettazioni prive di rilevanza penale”. Triplice scemenza.
1) Se le intercettazioni sulla P4 abbiano o no rilevanza penale lo decidono i magistrati, non i politici o i giornalisti.
2) Un’intercettazione ha rilevanza penale anche se non contiene una specifica notizia di un reato, ma serve a delineare il contesto e la personalità criminale delle persone indagate in base ad altre prove: qui la Procura intende dimostrare che la P4 è un centro di potere occulto “diretto a interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, amministrazioni ed enti pubblici”, pilotando ministeri, nomine, leggi, scelte politiche e aziendali (Rai, Eni, Enel, Trenitalia).
3) La stampa ha il diritto, anzi il dovere di pubblicare tutte le notizie utili ai cittadini: che siano rilevanti penalmente, o politicamente, o eticamente, o giornalisticamente. La privacy c’entra come i cavoli a merenda, infatti il Codice della privacy (decreto 196/2003) considera legittima “l’informazione anche dettagliata” su vicende private quando è “indispensabile per l’originalità dei fatti o per la qualificazione dei protagonisti”. Se una ministra, per far approvare dal governo e dalle Camere un provvedimento a lei caro, si rivolge a un tizio, Bisignani, che non fa parte né del governo, né del Parlamento, è importante sapere qual è la natura dei suoi rapporti anche privati con quel soggetto. Se da anni si discute di “mignottocrazia” (copyright di Paolo Guzzanti), come può essere politicamente e giornalisticamente irrilevante se il superministro occulto definisce “mignotta” una ministra? E se si discute di compravendita di parlamentari, non è forse doveroso riportare la conversazione in cui il ministro Frattini parla di “comprare 5-6 senatori” perché “si spostino” dove fa comodo al governo? Questi partiti col culo sporco possono approvare la legge Mastella (già votata nel 2007 da tutta la Camera, esclusi 9 deputati) o la legge Alfano o quel che pare a loro. La Mastella è la peggiore di tutte: vietato pubblicare il testo, il contenuto e persino il riassunto di qualsiasi atto d’indagine (intercettazioni, ma anche interrogatori, avvisi di garanzia, mandati di cattura), fino all’udienza preliminare e, se l’indagine viene archiviata, silenzio perpetuo; per il cronista che scrive lo stesso, carcere fino a 30 giorni o multe fino a 100 mila euro. Ma la approvino pure. Tanto qualunque bavaglio s’inventino s’infrangerà contro la Costituzione, la Convenzione europea sui diritti dell’uomo e la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, che regolarmente condanna gli Stati appena s’azzardano a perseguire i giornalisti che svelano notizie vere, pubbliche o private che siano, su chi ricopre pubbliche funzioni. A questo proposito, se avesse davvero voluto violare la privacy di alcune gentildonne del Pdl, la stampa avrebbe pubblicato ben di peggio di quel che è già uscito, carte alla mano, sui loro rapporti coi vertici della P4. Se i politici non vogliono veder pubblicate le loro intercettazioni con faccendieri, pregiudicati, piduisti e piquattristi, non hanno che da selezionare meglio le proprie frequentazioni. Il cosiddetto ministro Alfano sostiene che “la legge va approvata prima della pausa estiva perché i buoi sono scappati dalla stalla”. A leggere certe intercettazioni, più che i buoi, sono scappate le mogli dei buoi.

fonte articolo e vignetta 'Il Fatto Quotidiano'
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