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di 'Per quel che mi riguarda'

domenica 6 marzo 2011

L’Italia che non valorizza Bondi di Alessandro Robecchi

(vignetta 8max)
È proprio vero che l’Italia non valorizza il suo patrimonio artistico. Guardate il ministro Sandro Bondi, nonostante sia stato più volte transennato e puntellato dalla maggioranza, alla fine non ha evitato il cedimento strutturale. Ora se ne va, ci lascia con una certezza difficile da scalfire: non ci mancherà. Lui, povera stella, giustifica il suo totale nullismo ministeriale con l’insensibilità dell’universo.
Il mondo della cultura «di sinistra» non l’ha cagato nemmeno un po’. Il mondo della cultura «liberale» (ah, ah, ndr) non si è aggregato attorno a lui. Intanto gli è crollata addosso Pompei, qualche affaruccio famigliare è finito sui giornali, i tagli di Tremonti (quello che «la cultura non si mangia») hanno fatto il resto. Si è fatta strada nel Paese la convinzione che avere un ministro della cultura come Bondi, o non averlo, o avere al suo posto un grizzly degli Appalachi è esattamente la stessa cosa, e forse un po’ meglio, dato che i grizzly non scrivono disgustose poesiole. Eppure la triste storia del triste Bondi ci dice qualcosa del potere in Italia, dove potere significa Silvio Berlusconi. Finiti i tempi in cui bastava la piaggeria. Oggi dire «il duce ha sempre ragione» e comporre sonetti in sua lode non basta più. Ora bisogna attivarsi, presentarsi al cospetto del sovrano almeno con un disegnino di legge che lo cavi dai guai, o con la macchina dai vetri oscurati piena di ragazze, o con lo scalpo di qualche deputato razziato alle tribù vicine. Fatti, non parole. «Non ho convinto il governo del ruolo chiave che ha la cultura», ha detto, con inconsapevole umorismo. Cultura? Ruolo chiave? Ma che dice, Bondi! Porti una leggina ad personam. Porti due donzelle vestite da infermiere, oppure un «responsabile» nuovo di zecca, e vedrà la sua stella brillare di nuovo. Comunque, grazie di tutto, si libera un posto per l’atteso rimpasto: Scilipoti, o Lele Mora, o il Gabibbo, o qualche ex del Grande Fratello, oppure, per risollevare la nostra immagine all’estero, Barbareschi o Topo Gigio. I talenti non mancano e, se sono uomini, possono pure restare vestiti.

fonte articolo 'Il Manifesto'
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