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di 'Per quel che mi riguarda'

giovedì 17 marzo 2011

Il Sòla 24 Ore di Marco Travaglio

Non sappiamo per il Sole 24 Ore, ma per il Fatto Quotidiano la dipartita di Gianni Riotta è un brutto colpo. Con questo giornalista palermitano, da molti scambiato per americano per via della camicia bianca e della cravatta blu, il nostro giornale perde uno dei suoi più validi collaboratori. Non si contano infatti le notizie che molti cronisti e inviati del Sole, nei due anni della sua direzione, ci hanno passato a titolo gratuito dopo aver tentato invano di pubblicarle sul loro giornale. Giorni fa il vecchio banchiere siciliano Giovanni Scilabra ha raccontato di aver dato a un inviato del Sole uno scoop su Dell’Utri, Berlusconi e Ciancimino, ma poi l’intervista non uscì perché Johnny Raiotta aveva deciso che “non è il momento”: così la regalò a noi. Piuttosto allergico alle notizie vere (“non è il momento”), il partigiano Johnny adora quelle taroccate. Come quando, direttore del Tg1, fece un’intervista muta a B. che negò di aver mai fatto l’editto bulgaro: “Ho tentato – mentì il premier – fino all’ultimo di trattenere Biagi alla Rai”, e il direttore balbettò “lasciamo stare, l’amico Enzo non c’è più...”. O quando nascose i rimbrotti della Regina d’Inghilterra a B. che, in pieno G8, s’era messo a strillare “Mister Obamaaaaa!”. O quando si accommiatò dal Tg1 con un autoelogio mortuario affidato alle sapienti labbra di Susanna Petruni: “Ascolti record registrati in tutte le edizioni della giornata del terremoto in Abruzzo”. Più gente moriva, più lo share s’impennava: un trionfo. O quando esordì sull’house organ di Confindustria annunciando trionfante che un referendum tra le “grandi firme” del Sole aveva eletto Giulio Tremonti “Uomo dell’anno 2009”. Seconda classificata: la Marcegaglia, casualmente l’editore del giornale. Bastò una rapida ricognizione tra le grandi firme del Sole per scoprire che nessuna di esse era stata consultata, né dunque si era mai sognata di issare il ministro sul podio. Aveva fatto tutto Johnny: si era riunito con se stesso e, dopo lunghe consultazioni allo specchio, aveva votato l’uomo forte del governo B. A scrutinio segreto, si capisce, trattandosi di un caso di coscienza. Il bilancio di due anni di cura Riotta al Sole è riguardevole: 50 mila copie perse per strada in edicola, crollo degli abbonati, 92 milioni persi dal gruppo. Una catastrofe epocale di quelle dimensioni, nella demeritocrazia italiana, va premiata. E lo sarà presto con un nuovo incarico di alto prestigio per il suo artefice: se Ferrara, direttore di un giornale che non legge nessuno, ha avuto un programma quotidiano tutto per sé su Rai1, dal quale naturalmente milioni di persone fuggono a gambe levate in un esodo biblico che fa impallidire la Libia, anche Raiotta avrà presto quel che merita. Già si parla di un bel posto al Pompiere della Sera, o di nuovo in Rai. Per qualche ora abbiamo temuto che venisse rimpiazzato da uno che ama le notizie. Poi per fortuna è arrivato Roberto Napoletano, che è un po’ il Riotta di Caltagirone. È l’ex direttore del Messaggero che, nel 2006, la notte in cui non si capiva se le elezioni le avesse vinte Prodi o Berlusconi, fu immortalato da un fuorionda di Striscia mentre ordinava ai capiredattori di inventarsi un titolo purchessia per mettere in prima pagina Piercasinando, genero del padrone. Insomma, l’erede naturale.
Ps. Giunge in redazione un comunicato chiaramente apocrifo attribuito a Roberto Saviano: “Mi dispiace molto che Gianni Riotta abbia deciso di lasciare il Sole 24 Ore perché la sua direzione ha realizzato un giornale libero, con al centro la battaglia antimafia... Il fango insinua che con la direzione Riotta il Sole perdeva copie, la verità è un’altra e basta vedere i dati reali, in Italia fare il giornalista è un mestiere pericoloso se si vuole essere liberi e senza condizionamenti. La libertà dei giornalisti è sgradita al potere politico”. Essendo impossibile che Saviano abbia anche solo pensato queste cose, attendiamo trepidanti una smentita.

fonte articolo 'Il Fatto Quotidiano'
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