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di 'Per quel che mi riguarda'

venerdì 25 marzo 2011

D’Alema fa autocritica sui dittatori: 'Il trattato non è sospeso e infatti è in vigore' di Daniela Preziosi

«Quel trattato il governo di centrosinistra non lo avrebbe firmato. E infatti non lo firmammo. Per molte ragioni. Una era che era troppo oneroso. Avremmo dovuto consegnargli ogni anno per vent’anni 250 milioni di dollari, 5 miliardi. Senza garanzie, così, in mano». L’aula di Montecitorio ha appena votato contro la sospensione del trattato Italia-Libia. L’ex ministro degli esteri D’Alema - ché è in questa qualità che ricostruisce quella vicenda del 2007 - come tutto il Pd, ha votato a favore. «Poi non fummo più noi a governare. Se no avremmo trattato ancora con Gheddafi, e l’avremmo spuntata.
Torniamo all’aula, ieri. La risoluzione dei radicali non passa. Come, del resto, non è passata mercoledì notte al Senato, dove però è stata votata in blocco dalle ppposizioni. Ieri va diversamente. Fli e Udc, che pure da giorni chiedono la sospensione del trattato, si astengono. Anche se, rivela Matteo Mecacci, il radicale che parla in aula, dal Terzo Polo «era stato assicurato il sì. Sarebbe passata». «Sul merito eravamo d’accordo», ammette il casiniano Roberto Rao, «ma l’intervento di Mecacci ha fuorviato l’attenzione dal punto centrale». Il radicale ha usato la manciata di minuti che aveva a disposizione per chiedere - parecchio su coi decibel - le dimissioni di Frattini. Sul «punto centrale» Frattini ripete il refrain di questi giorni: «Fino all’approvazione della risoluzione 1973, l’accordo poteva considerarsi
sospeso di fatto, ma con l’entrata in vigore della risoluzione, alla luce dell’articolo 103 della Carta dell’Onu, vi è la prevalenza assoluta e automatica degli obblighi della Carta su quelli assunti dagli Stati membri». Tradotto: nella gerarchia delle leggi, la risoluzione Onu prevale sui trattati bilaterali. «Ne discende una sospensione di diritto. L’applicazione dell’accordo è vietata formalmente dalla 1973». I radicali non ci stanno ed esibiscono papielli giuridici in cui si sostiene che (lo ha fatto Emma Bonino al Senato mercoledì), se mai, che la risoluzione Onu ’supera’ solo alcuni punti del trattato, e che per sospenderlo in toto bisogna contestarlo ai sensi della Convenzione di Vienna. «In ogni caso l’argomento del ministro non sta in piedi», spiega Mecacci. «Il trattato del 2008 nel 2009 è tradotto in Italia con una legge. Per esempio, prevede che il tesoro riscuota dalle aziende del settore degli idrocarburi un’addizionale Ires. E non sarà l’Onu a sospenderla». Di questo Frattini non parla. In aula a un certo punto invece ammette
la ragione per cui il governo non procede alla sospensione formale del trattato: «È interesse futuro dell’Italia mantenerlo in vita per conservare il rapporto preferenziale nella Libia del dopo Gheddafi». Fosse solo questo. C’è anche un retropensiero, che affiora ciclicamente nelle parole di Berlusconi dall’inizio dell’insorgenza libica: che Gheddafi succeda a se stesso. Ieri sul Corriere il Cavaliere riportava un pensiero del Rais, colto come in presa diretta: «È fiducioso di potercela fare». Come se, di recente, il Cavaliere si fosse risolto a ’disturbare’ il Raìs, per sapere come va la battaglia per riespugnare le città.

fonte articolo 'Il Manifesto'
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