(vignetta
steffanpaulus)

Mentre il
nano bollito passa il suo tempo a guardarsi dai complotti di Fini e Casini, dei terribili “comunisti” del Pd, delle immancabili toghe rosse e dei terribili tupamaros della Corte costituzionale, e ora persino di Tremonti e di Feltri, gli sfugge qualcosa di terribilmente più grande e pericoloso che congiura contro di lui: il resto del mondo. Non passa giorno senza che le cronache dall’estero raccontino come funzionano i paesi normali, col rischio che i giudici della Consulta ne siano influenzati in vista della sentenza sul legittimo impedimento. L’altro giorno la condanna per stupro e molestie sessuali dell’ex presidente israeliano Moshe Katzav: “Ex” perché si era dimesso tre anni fa alle prime notizie sull’indagine. Rischia fino a 16 anni, cioè finirà certamente in galera. Un paio di mesi fa, le dimissioni del deputato ed ex ministro laburista inglese Phil Woolas, raggiunto da una gravissima accusa: avere mentito in campagna elettorale, additando un avversario politico come simpatizzante dell’estremismo islamico (più o meno quel che ha detto
Gasparri di Obama il giorno della sua elezione). Per quella bugia la sua elezione è stata invalidata: Woolas ha dovuto lasciare la Camera, è stato scaricato dal suo partito e rischia pure l’arresto. L’altroieri – i particolari a pag. 19 – un altro ex deputato laburista inglese, David Chaytor, è finito in carcere dopo la condanna a 18 mesi in primo grado (ma lì le sentenze di tribunale sono immediatamente esecutive) per essersi fatto rimborsare dallo Stato la bellezza di 22 mila euro per l’affitto di un appartamento: il che sarebbe stato suo diritto, se non si fosse scoperto che la padrona di casa era sua figlia. “Ex” anche lui perché s’è dimesso dalla Camera, ha confessato tutto, è stato cacciato dai laburisti, si è ritirato dalla vita politica, ha restituito il maltolto con gli interessi e alla fine il giudice l’ha condannato senza sospensione condizionale della pena perché “lo scandalo dei rimborsi spese ha fatto vacillare la fiducia nel legislatore e, quando un pubblico ufficiale è colpevole di offese del genere, devono seguire sanzioni penali, così che le persone capiscano quant’è importante essere onesti per maneggiare fondi pubblici”.
Ecco perché, all’estero, i processi ai politici non condizionano la politica e le istituzioni: perché i politici, appena raggiunti dal benché minimo sospetto, si dimettono o sono costretti a farlo dai loro stessi partiti; così poi i giudici processano degli “ex”, dei pensionati, lontani dalla politica e dalle istituzioni. Per preservare le quali non si aboliscono inchieste e processi: si cacciano inquisiti e imputati. Se poi questi vengono assolti, tornano a fare politica. Se vengono condannati, spariscono dalla circolazione. In ogni caso, i partiti e le istituzioni escono non screditati, ma rafforzati perché dimostrano di saper fare pulizia al proprio interno.
Così nessuno si sogna di ipotizzare “scontri” fra giustizia e politica. O di caricare i giudici di responsabilità politiche, avvertendoli minacciosamente – come fanno gli onorevoli avvocati di B. ogni volta che un tribunale o la Consulta deve giudicare B. o una legge pro B. – che la loro decisione influenzerà la stabilità del governo e i destini del Paese. O di invocare l’esigenza di “mettere al riparo” o “in sicurezza” premier, ministri e parlamentari da inchieste e processi per “tutelarne l’attività” (così delirava ancora ieri il Corriere della Sera).
Tornando in Italia, gli ultimi boatos dalla Corte, tra un rinvio e l’altro,
scommettono su un pateracchio che salva di fatto l’impunità del premier fingendo di bocciarla: un inciucio all’italiana che, per giunta, impedirebbe ai cittadini di esprimersi nel referendum. Gli azzeccagarbugli la chiamano soavemente “
sentenza additiva di illegittimità”. Facciano pure come credono. Ma non ci raccontino la favola delle “altre democrazie”, perché non attacca.
Nelle democrazie l’unico impedimento è quello che impedisce agli inquisiti e agli imputati di sedere nelle istituzioni. Non in tribunale o in galera.fonte articolo 'Il Fatto Quotidiano'
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