Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)

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di 'Per quel che mi riguarda'

mercoledì 12 gennaio 2011

Battisti per caso di Marco Travaglio

Ora è finalmente chiaro perché prima il governo francese e poi quello brasiliano hanno scambiato un volgare assassino come Cesare Battisti per un irredentista che lotta per la libertà: pare che, prima che con B., avessero parlato con Clemente Mastella. La ferale notizia è stata comunicata dallo stesso statista di Ceppaloni l’altroieri, in una strepitosa intervista al Corriere. “È vero – ha riconosciuto l’europarlamentare Pdl, già ministro della Giustizia del governo Prodi dal 2006 al 2008 – quello che dice Napolitano. Sul terrorismo non siamo riusciti a farci capire dai Paesi amici. Ma qui voglio raccontare la mia esperienza, che forse può esser d’aiuto..”. Il pover’uomo sostiene che già nel 2006, nelle inopinate vesti di Guardasigilli, si recò a Parigi a perorare la causa dell’estradizione di Battisti presso il suo omologo francese, Pascal Clement. Per convincerlo meglio, fece subito una sapida battuta sulla somiglianza fra il suo nome e il cognome del collega: “Gli dicevo che ci chiamavamo entrambi ‘Clement’ e perciò lui avrebbe dovuto capire le mie ragioni, cioè che la ‘dottrina Mitterrand’ non poteva riguardare un delinquente che aveva ammazzato quattro innocenti. Clement mi disse che era una questione fra presidenti, Prodi e Chirac... Quando sembrava che la Francia non potesse più opporre resistenza, Battisti ‘fu agevolato’, diciamo così, ad andarsene. E finì in Brasile...”. Dove fu poi arrestato. A quel punto Mastella, astuto come una volpe, che ti inventa? “Ebbi mezz’ora di colloquio telefonico col ministro brasiliano Tarso Genro” (il quale poi, par di capire, mise giù la cornetta), “stanziai 100 mila dollari per pagare un avvocato in Brasile”, poi la mossa del cavallo: “Inviai dall’Italia Augusta Iannini”, la moglie di Vespa, dirigente al ministero. Il risultato finale dell’azione diplomatica a tenaglia svolta prima dal duo Mastella-Iannini, poi da B. e Frattini, è noto: Battisti resta in Brasile. Purtroppo però – come fa notare Cesare Martinetti su La Stampa – nella ricostruzione mastelliana c’è un problemino di date: nel 2006 Battisti in Francia non c’era più da due anni, essendo fuggito in Brasile nell’agosto 2004 “proprio a seguito dell’estradizione che i giudici francesi avevano giudicato fondata e legittima in ogni grado di giudizio”. Non solo, ma – ricorda Martinetti – “nel respingere l’ultimo ricorso di Battisti, il Consiglio di Stato della République, nel 2005, aveva motivato l’estradizione proprio con la ‘dottrina Mitterrand’ che prevedeva l’espulsione dei rifugiati colpevoli o complici di ‘crimini di sangue’”. Ricapitolando: Battisti viene arrestato a Parigi il 10 febbraio 2004. I giudici italiani chiedono l’estradizione tramite il governo Berlusconi-2 (ministro della Giustizia Castelli), Chirac dà parere favorevole e le autorità francesi (Consiglio di Stato e Cassazione) la concedono. A quel punto Battisti fugge e fa perdere le sue tracce, ricomparendo tempo dopo in Brasile. Dunque, quando Mastella si insedia alla Giustizia nel maggio 2006, Battisti non è più in Francia da due anni. Cos’è andato a fare Mastella a Parigi, a parte visitare la Torre Eiffel? Mistero. Non certo a convincere il collega Clement a estradare Battisti in Italia, visto che Battisti stava in Brasile. Delle due l’una. O Mastella andò effettivamente a Parigi a parlare di Battisti con Clement, il quale, constatate le precarie condizioni del collega italiano, non ebbe cuore di riferirgli ciò che avrebbe dovuto sapere, cioè che Battisti non era più lì da un pezzo, e preferì fare un’opera di misericordia: lo assecondò. Oppure Mastella non andò affatto a Parigi, non almeno a parlare di Battisti con Clement, ma se l’è inventato per strappare un angoletto sul Corriere che gliel’ha subito regalato senza verificare la totale inattendibilità del suo racconto. Ecco perché, come dice Napolitano, “l’Italia su Battisti non è riuscita a farsi capire dal Brasile”: perché chi dovrebbe farsi capire, a sua volta, non capisce una mazza.

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