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di 'Per quel che mi riguarda'

mercoledì 22 dicembre 2010

Palazzo Madama: 'Blocchiamo la farsa' di Norma Rangeri'

Seduta sullo scranno più alto del senato, la furia della vendetta ha mostrato a tutto il paese come è ridotta la democrazia parlamentare. La vicepresidente del senato, Rosi Mauro, la donna simbolo della Lega, ieri ha messo in scena una pantomima indecorosa del dibattito sul disegno di legge Gelmini. Un guazzabuglio di norme contraddittorie, riconosciuto dalla stessa ministra che infatti chiede di risolvere tutto nel decreto mille proroghe di fine anno.
Alla farsesca conduzione delle votazioni di palazzo Madama potremmo affiancare l’altra indecente istantanea della giornata: il ministro Bondi che fa il "pianista" votando per l’amico assente, il collega Sacconi. Lo stile di questi personaggi sottolinea la violenza (la violenza) delle istituzioni, le stesse che chiedono ai ragazzi di non arrabbiarsi troppo quando scendono in
piazza contro chi ha deciso di distruggere l’università italiana. L’incidente di percorso è il segno del marasma politico della maggioranza, la cifra di un autoritarismo straccione che pretende di dettare legge a un’intera generazione che difende il diritto costituzionale allo studio.
Nel giorno in cui l’Istat sforna le cifre record della disoccupazione italiana, con il 24,7 per cento dei giovani senza lavoro, chi ha nella mente un altro mondo dovrebbe accettare di subire il diktat di chi ha condotto l’Italia sul piano inclinato della crisi sociale. No grazie, tutti oggi di nuovo in piazza, da Palermo a Torino, per darsi una speranza, non solo la propria. Lo dimostra la sintonia con gli operai della Fiom nella battaglia per i diritti e nella richiesta di uno sciopero generale.
E’ una boccata d’aria per tutti, e dovrebbe sbrigarsi ad aprire porte e finestre quel partito democratico lento a capire la posta in gioco, sensibile alle sirene del "merito" e pronto a mortificare, sull’altare della "modernizzazione", il principio dell’uguaglianza.
Gli unici benpensanti in questo momento sono gli studenti che si rivolgono al presidente della repubblica perché non firmi la legge. Chiedono un gesto politico alla sola istituzione con la testa fuori dalla palude berlusconiana. Spiazzano tutti
mettendo fiori nei caschi per distribuirli davanti la Camera e così isolare gli untori ministeriali dello scontro di piazza. Loro, i ragazzi, non sono in vendita anche se esibiscono cartelli con la scritta "vendesi" mimando la corruzione morale del mercato parlamentare. Hanno vent’anni, non si fanno incastrare in vecchi cliché, vogliono tenere il campo a lungo per vincere la partita.
Alla sinistra viene offerta l’occasione di ritrovare il senso di una battaglia generale. Non solo contro Berlusconi e l’ossessione ideologica della Gelmini, ma, ancor di più, contro «un’apocalisse culturale» come scrive Marco Revelli a proposito dell’arretratezza in cui è sprofondato il sistema-Italia.
Il protagonismo degli studenti trascina e coinvolge la generazione dei nativi berlusconiani, cresciuti nel ventennio del sogno mediatico. Ora bucano lo schermo e presentano il conto.


LETTERA A NAPOLITANO: 'Presidente non firmi la legge'

Presidente,
siamo le studentesse e gli studenti della Sapienza in mobilitazione da due anni in difesa dell'Università e della Formazione Pubblica. In questi ultimi mesi sono stati occupati quasi tutti gli atenei, abbiamo occupato i monumenti, ci siamo riuniti nelle assemblee, siamo saliti sui tetti, abbiamo invaso le strade e bloccato le città, tutto per far sentire la nostra voce al paese e bloccare la riforma. (...) Siamo andati a protestare davanti al Senato e alla Camera, abbiamo assediato il governo nel giorno della sua «sfiducia», senza cercare lo scontro ma il confronto, cercando di farci sentire da chi si è barricato all'interno della zona rossa, limitando il nostro diritto al dissenso. (...) Ci rivolgiamo a Lei, Presidente della Repubblica Italiana, in quanto garante della Costituzione di questo Paese, ponendo alla Sua attenzione la responsabilità politica del governo nella scelta di smantellare definitivamente i principi democratici sanciti dalla nostra carta costituzionale. Se porrà la Sua firma al disegno di legge Gelmini Lei sancirà la cancellazione del Diritto allo Studio, uno dei diritti fondamentali della Costituzione intesa come patto fondante della nostra società, che garantisce equità e democrazia.
Noi non siamo disposti a renderci complici del processo di restaurazione di uno stato autoritario, corrotto e autoreferenziale, che garantisce diritti e privilegi a pochi potenti a danno del resto della società. Si renda anche lei indisponibile a questo disegno eversivo: non firmi, sarà così in piazza anche Lei al nostro fianco!
Studenti e studentesse in mobilitazione della Sapienza

Fonte articolo 'Il Manifesto'
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