Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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mercoledì 8 dicembre 2010
I nostri politici e Lombroso di Oliviero Beha
(vignetta Sergio Staino)
C’era una volta, tanto tempo fa, la distinzione/opposizione tra il Paese “legale” e il Paese “reale”. Che fine abbia fatto quest’ultimo, è sotto gli occhi di tutti. Un paese in cui la realtà è sembrata essere sostituita quasi perfettamente dalla realtà televisiva, ricostruita a piacimento. Quasi, però. Che oggi stia andando in pezzi chi lo può negare? Nel mio infinitesimale, vi racconto di impiegati degli Autogrill in autostrada che alla cassa o al banco insistono affinché tu oltre al caffè compri anche un biglietto della lotteria. Ma insistono troppo “disperatamente” con una espressione professionale da facce preoccupate, quasi che da quella tua giocata al supernalotto dipenda il loro futuro... Oppure di hostess Alitalia che esasperate dal niente che funziona non per colpa loro nell’ennesimo ritardo con bambini accampati tra i parcheggi degli aerei con una grinta da Rosa Luxemburg chiosano “è anche colpa vostra, che non protestate”, riferendosi presumibilmente anche a quel pasticciaccio brutto per niente gaddiano della vecchia compagnia di bandiera. Ma se il paese “reale” affonda gridando appena lo può, il paese “legale” che ha ormai perso per strada questo anacronistico aggettivo dandogli il significato contrario è ormai afasico, non dice più nulla. Parla, certo, con le parole della politica. E se dieci giorni fa tutto ruotava intorno alla Carfagna e ora almeno quella giostra si è fermata come era prevedibile che si fermasse, cioè con Cosentino continua a rappresentare il meglio dei Casalesi, adesso è tutto un attendere il fatidico derby sulla fiducia. Ma a parte i piani B veri o presunti di Berlusconi, a parte le ipotesi di ammucchiate varie, a parte la saturazione di Bersani e il solito piglio di Di Pietro, con Vendola miglior riservista a disposizione, la politica dov’è? Fare cadere Berlusconi, d’accordo: ma per fare che, con chi, con quale programma “mentre fuori piove”, fuori da un Parlamento chiuso per ferie o per calciomercato ? È una politica dei “vecchi maneggioni” detto da Berlusconi che con essi è rimasto in sella, oppure del “se ne vada a casa” dell’opposizione che è un’esortazione ma non un programma che costruisca alcunché. È necessario, ma non sufficiente. Se dunque le parole non sono né pietre ma gusci vuoti, anche per il paese “illegale” come per quello “reale” non ci restano che le facce. Quelle non si mascherano anche se si truccano. Delle loro facce essi hanno bisogno, non avendo quasi null’altro e comunque niente da dire.” Sono” i loro volti, in mancanza d’altro e in pienezza tv. Così si va dal Berlusconi oramai attore consunto cui corrono dietro le truccatrici per asciugarne il colante cerone,al Bersani dal volto di lavoratore non abbastanza segnato né espressivo, e dal volto di politico non abbastanza incisivo né comunicativo. È buono, sì, ma per ripetere “vada a casa” come un elettore deluso. Dal Tremonti docente impotente perché non riesce a farsi seguire né dagli studenti né dal Financial Times (cfr.la classifica dei ministri europei del ramo), al Rutelli “vorrei ma non posso”. Dal Casini “è ancora un bell’uomo” al Fini disposto a tutto, quindi a niente, sfuggente nel profilo di combattente da salmeria. Del resto sia anni fa che adesso il Caimano lo ha detto al giovane rottamatore Renzi, del Pd, allora lontano dal Comune di Firenze ma già alla provincia nel cursus previsto: ”Mi piaci proprio, hai una bella faccia”. Mancava soltanto il finale, che è d’attualità oggi. Non gli ha detto “Ragazzo, vieni via con me?”
Fonte articolo 'Il Fattto Quotidiano'
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C’era una volta, tanto tempo fa, la distinzione/opposizione tra il Paese “legale” e il Paese “reale”. Che fine abbia fatto quest’ultimo, è sotto gli occhi di tutti. Un paese in cui la realtà è sembrata essere sostituita quasi perfettamente dalla realtà televisiva, ricostruita a piacimento. Quasi, però. Che oggi stia andando in pezzi chi lo può negare? Nel mio infinitesimale, vi racconto di impiegati degli Autogrill in autostrada che alla cassa o al banco insistono affinché tu oltre al caffè compri anche un biglietto della lotteria. Ma insistono troppo “disperatamente” con una espressione professionale da facce preoccupate, quasi che da quella tua giocata al supernalotto dipenda il loro futuro... Oppure di hostess Alitalia che esasperate dal niente che funziona non per colpa loro nell’ennesimo ritardo con bambini accampati tra i parcheggi degli aerei con una grinta da Rosa Luxemburg chiosano “è anche colpa vostra, che non protestate”, riferendosi presumibilmente anche a quel pasticciaccio brutto per niente gaddiano della vecchia compagnia di bandiera. Ma se il paese “reale” affonda gridando appena lo può, il paese “legale” che ha ormai perso per strada questo anacronistico aggettivo dandogli il significato contrario è ormai afasico, non dice più nulla. Parla, certo, con le parole della politica. E se dieci giorni fa tutto ruotava intorno alla Carfagna e ora almeno quella giostra si è fermata come era prevedibile che si fermasse, cioè con Cosentino continua a rappresentare il meglio dei Casalesi, adesso è tutto un attendere il fatidico derby sulla fiducia. Ma a parte i piani B veri o presunti di Berlusconi, a parte le ipotesi di ammucchiate varie, a parte la saturazione di Bersani e il solito piglio di Di Pietro, con Vendola miglior riservista a disposizione, la politica dov’è? Fare cadere Berlusconi, d’accordo: ma per fare che, con chi, con quale programma “mentre fuori piove”, fuori da un Parlamento chiuso per ferie o per calciomercato ? È una politica dei “vecchi maneggioni” detto da Berlusconi che con essi è rimasto in sella, oppure del “se ne vada a casa” dell’opposizione che è un’esortazione ma non un programma che costruisca alcunché. È necessario, ma non sufficiente. Se dunque le parole non sono né pietre ma gusci vuoti, anche per il paese “illegale” come per quello “reale” non ci restano che le facce. Quelle non si mascherano anche se si truccano. Delle loro facce essi hanno bisogno, non avendo quasi null’altro e comunque niente da dire.” Sono” i loro volti, in mancanza d’altro e in pienezza tv. Così si va dal Berlusconi oramai attore consunto cui corrono dietro le truccatrici per asciugarne il colante cerone,al Bersani dal volto di lavoratore non abbastanza segnato né espressivo, e dal volto di politico non abbastanza incisivo né comunicativo. È buono, sì, ma per ripetere “vada a casa” come un elettore deluso. Dal Tremonti docente impotente perché non riesce a farsi seguire né dagli studenti né dal Financial Times (cfr.la classifica dei ministri europei del ramo), al Rutelli “vorrei ma non posso”. Dal Casini “è ancora un bell’uomo” al Fini disposto a tutto, quindi a niente, sfuggente nel profilo di combattente da salmeria. Del resto sia anni fa che adesso il Caimano lo ha detto al giovane rottamatore Renzi, del Pd, allora lontano dal Comune di Firenze ma già alla provincia nel cursus previsto: ”Mi piaci proprio, hai una bella faccia”. Mancava soltanto il finale, che è d’attualità oggi. Non gli ha detto “Ragazzo, vieni via con me?”
Fonte articolo 'Il Fattto Quotidiano'
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