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giovedì 25 novembre 2010
Revisionatelo, Gabriele La Russa va alla guerra di Alessandro Robecchi
Nella splendida cornice di migliaia di vittime civili, fremente e fiero nella sua divisa militare virilmente indossata, Sua Eccellenza il Ministro della Difesa Ignazio La Russa ha compiuto l’ardita impresa di lanciare undicimila volantini sul villaggio afghano di Bala Murghab, malauguratamente sprovvisto di contraerea.
Atterrato incolume dopo l’ardito cimento, ha dichiarato, con vibrante sprezzo del ridicolo, di essere come Gabriele D’Annunzio, probabilmente nel tentativo di intrecciare una storia d’amore con Eleonora Duse. L’accostamento del ministro con il Sommo Vate, fatto da sé medesimo, deve essergli sembrato suggestivo.
E comunque più credibile di altri travisamenti: pare che Silvio Berlusconi gli avesse consigliato di dichiararsi nipote di Mubarak. La guerra psicologica del Ministro La Russa consiste dunque nel bombardare di carta gli afghani, in spregio alle più elementari regole della raccolta differenziata. «Il benessere proviene dalla pace», c’è scritto sui foglietti.
Un gesto di grande credibilità per un ministro che non più tardi di due settimane fa aveva proposto di dotare di bombe gli aerei italiani di stanza in Afghanistan, allo scopo, tutto pacifista, di ammazzare stecchiti più afghani possibile.
Non potendo tirare bombe dall’alto, come avrebbe voluto, non ha resistito alla tentazione di sganciare comunque qualcosa, e ha ripiegato su manifestini di propaganda. I volantini gettati da Gabriele La Russa, forse al grido di «Fiume è italiana», ritraggono combattenti talebani che tornano a casa abbandonando la guerra, immagine forte, l’unica, in effetti, che consentirebbe agli americani e a La Russa di vincere il conflitto tre a zero a tavolino per abbandono dell’avversario. In più, i piccoli foglietti colorati lanciati sulle teste degli afghani citano il Corano e mettono in guardia dalle mine antiuomo, senza dire – forse per mancanza di spazio, o più semplicemente per mancanza di onestà – che le mine e le bombe a grappolo ce le mettiamo pure noi, e che ai bambini afghani si insegna (mai abbastanza) a non raccogliere nulla da terra.
Una distrazione che si può perdonare data la tensione che regna sullo scacchiere
di guerra sul quale – sempre naturalmente in segno di pacificazione – giungono in queste ore nuovi potentissimi carri armati americani. Una nota del Ministero della Difesa comunica inoltre che i volantini sono stati testati da alcuni focus-group che li hanno giudicati efficaci e comprensibili anche agli analfabeti, dettaglio subito apprezzato da molti membri del governo italiano. Il virile gesto del generoso combattente in mimetica rischia di costituire un pericoloso precedente: presto infatti dieci milioni di copie di un libro che canta le lodi del governo Berlusconi saranno lanciate sulle teste degli italiani con un chiaro messaggio incluso: arrendetevi!
Oggi, mentre nell’ora del riposo e dello svago il guerriero La Russa è tornato a Roma ad occuparsi di Mara Carfagna, rifiuti solidi urbani e lotte intestine al regime, brilla nella popolazione afghana del distretto di Bala Murghab una nuova consapevolezza: con gente che chiama «missione di pace» una guerra e che scimmiotta le glorie del fetido ventennio non c’è da fidarsi. Per questo, ci sentiamo un po’ civili afghani anche noi
Fonte articolo 'Il Manifesto'
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Atterrato incolume dopo l’ardito cimento, ha dichiarato, con vibrante sprezzo del ridicolo, di essere come Gabriele D’Annunzio, probabilmente nel tentativo di intrecciare una storia d’amore con Eleonora Duse. L’accostamento del ministro con il Sommo Vate, fatto da sé medesimo, deve essergli sembrato suggestivo.
E comunque più credibile di altri travisamenti: pare che Silvio Berlusconi gli avesse consigliato di dichiararsi nipote di Mubarak. La guerra psicologica del Ministro La Russa consiste dunque nel bombardare di carta gli afghani, in spregio alle più elementari regole della raccolta differenziata. «Il benessere proviene dalla pace», c’è scritto sui foglietti.
Un gesto di grande credibilità per un ministro che non più tardi di due settimane fa aveva proposto di dotare di bombe gli aerei italiani di stanza in Afghanistan, allo scopo, tutto pacifista, di ammazzare stecchiti più afghani possibile.
Non potendo tirare bombe dall’alto, come avrebbe voluto, non ha resistito alla tentazione di sganciare comunque qualcosa, e ha ripiegato su manifestini di propaganda. I volantini gettati da Gabriele La Russa, forse al grido di «Fiume è italiana», ritraggono combattenti talebani che tornano a casa abbandonando la guerra, immagine forte, l’unica, in effetti, che consentirebbe agli americani e a La Russa di vincere il conflitto tre a zero a tavolino per abbandono dell’avversario. In più, i piccoli foglietti colorati lanciati sulle teste degli afghani citano il Corano e mettono in guardia dalle mine antiuomo, senza dire – forse per mancanza di spazio, o più semplicemente per mancanza di onestà – che le mine e le bombe a grappolo ce le mettiamo pure noi, e che ai bambini afghani si insegna (mai abbastanza) a non raccogliere nulla da terra.
Una distrazione che si può perdonare data la tensione che regna sullo scacchiere
di guerra sul quale – sempre naturalmente in segno di pacificazione – giungono in queste ore nuovi potentissimi carri armati americani. Una nota del Ministero della Difesa comunica inoltre che i volantini sono stati testati da alcuni focus-group che li hanno giudicati efficaci e comprensibili anche agli analfabeti, dettaglio subito apprezzato da molti membri del governo italiano. Il virile gesto del generoso combattente in mimetica rischia di costituire un pericoloso precedente: presto infatti dieci milioni di copie di un libro che canta le lodi del governo Berlusconi saranno lanciate sulle teste degli italiani con un chiaro messaggio incluso: arrendetevi!
Oggi, mentre nell’ora del riposo e dello svago il guerriero La Russa è tornato a Roma ad occuparsi di Mara Carfagna, rifiuti solidi urbani e lotte intestine al regime, brilla nella popolazione afghana del distretto di Bala Murghab una nuova consapevolezza: con gente che chiama «missione di pace» una guerra e che scimmiotta le glorie del fetido ventennio non c’è da fidarsi. Per questo, ci sentiamo un po’ civili afghani anche noi
Fonte articolo 'Il Manifesto'
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