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di 'Per quel che mi riguarda'

martedì 16 novembre 2010

La compagnia della buona morte di Marco Travaglio

Premesso che Beppe Grillo ha sempre torto perché, come ci è stato autorevolmente spiegato in questi anni dai mejo politici e commentatori di destra e di centro e di sinistra, è qualunquista, giustizialista, antipolitico, terrorista, golpista, fascista, comunista e soprattutto volgare (dice addirittura vaffanculo), è interessante notare che quasi tutte le sue proposte vengono regolarmente saccheggiate dai mejo politici e commentatori di destra e di centro e di sinistra. Nei due V-day di Bologna 2007 e Torino 2008 che han segnato l’ingresso in politica del comico genovese e dei suoi Meet-up, si raccolsero centinaia di migliaia di firme per tre referendum e tre leggi di iniziativa popolare sui seguenti punti:

modifica della legge elettorale per restituire ai cittadini il diritto di scegliersi i propri rappresentanti;
ineleggibilità per i condannati;
tetto massimo di due legislature per i parlamentari;
abolizione dell’Ordine dei giornalisti;
abolizione dei finanziamenti pubblici ai giornali;
abolizione della legge Gasparri.
Bene. L’altra sera ad Annozero il giovine Matteo Renzi, sindaco di Firenze e aspirante rottamatore della nomenklatura piddina, ha proposto un tetto massimo di 3 legislature per i parlamentari: forse non sa che già nello statuto dei Ds era previsto un tetto ben più rigoroso, di due legislature, anche se poi veniva regolarmente aggirato col sistema delle deroghe ad personam o, nel caso di Fassino e signora, ad familiam. Sempre ad Annozero, il finiano Italo Bocchino ha proposto di cacciare i condannati dal Parlamento. Su una legge elettorale che restituisca il diritto di scelta per gli elettori sono, a parole, quasi tutti d’accordo. E, ora che l’Ordine dei giornalisti ha sospeso per tre mesi Vittorio Feltri per la bufala anti-Boffo, il Giornale e Libero invocano l’abolizione dell’Ordine dei giornalisti. Restano l’abrogazione della Gasparri e dei fondi pubblici ai giornali, due proposte che i partiti non possono che rifiutare: fa comodo a tutti continuare a occupare la Rai come il cortile di casa propria e seguitare a ricattare la stampa per tenerla buona e docile, minacciando ogni anno di tagliarle i viveri e trovando poi regolarmente i fondi in extremis per tenerla in vita artificialmente (come spiegava domenica Stefano Feltri sul nostro giornale). Ma, fossimo in Grillo, canteremmo vittoria: quattro delle sue battaglie su sei (per tacere su quelle relative all’acqua pubblica, al wi-fi gratis per tutti, al ciclo completo per lo smaltimento dei rifiuti) sono ormai patrimonio comune di chiunque aspiri a raccogliere qualche voto. Come tutti i pionieri, non avrà la soddisfazione di vedersi riconosciuta la primogenitura delle sue buone idee: nessuno gli pagherà i diritti d’autore, nessuno gli dirà grazie per aver seminato un po’ di verde nel deserto della politica italiana, nessuno ammetterà che aveva ragione lui, altrimenti molti, troppi dovrebbero ammettere di aver avuto torto a trattarlo come il nuovo Bin Laden, insomma di non aver capito niente. Ma poco importa: gli elogi della compagnia della buona morte politico-giornalistica portano anche un po’ sfiga. È macabramente divertente, comunque, vedere questi cadaveri ambulanti all’ultimo rantolo che tentano di sopravvivere a se stessi copiando le idee di Grillo dopo averlo coperto d’insulti. Il Cainano prende fischi e pernacchie ovunque, appena mette il naso fuori dalla Berlusmobile. I finiani impiegano sei mesi di minuetti e tatticismi per rovesciarlo, poi a Perugia scoprono che i loro elettori sono molto più antiberlusconiani del vertice. A Milano il Pd tenta di rifilare ai suoi un’archistar contigua a tutti i regimi e infatti la gente se ne sta a casa o va a votare per l’altro candidato. A furia di ripetersi il mantra che “la classe politica è lo specchio del Paese”, i partiti morenti toccano con mano che il Paese è ancora, nonostante tutto, molto meglio di loro. Una prece.

fonte articolo 'Il Fatto Quotidiano'
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