
Maroni ha deciso di querelarla. «La querela è la ciliegina sulla torta, adesso potrò finalmente dire in veste di indagata tutto quello che non ho ancora detto», è stata la replica di Annamaria Fiorillo.
La magistrata, da dieci anni alla procura dei minori di Milano, ha spiegato che sollevare il caso «è stata una cosa faticosissima, sarebbe stato più semplice lasciar correre pensando che questo complesso intreccio non dipendesse da me in quanto io avevo fatto la mia parte con onestà. Invece, quando ho visto Maroni in televisione, ho sentito sorgere inme l’indignazione, soprattutto quando citava a sostegno delle sue affermazioni un comunicato di Bruti Liberati». Il 2 novembre scorso, il procuratore di Milano decise di esporsi affermando, a indagine ancora in corso, che la sera del 27 maggio la «fase conclusiva» dell’identificazione e dell’affidamento di Ruby in questura «è stata operata correttamente ». Questo nonostante nella sua relazione la pm Fiorillo avesse
scritto di non ricordare di aver dato il consenso all’affidamento alla consigliera regionale Nicole Minetti, che gli fu descritta, al telefono dalla questura, come una «consigliera ministeriale». «Siccome faccio parte anche io della magistratura - ha detto ancora ieri Fiorillo - mi sono sentita complice di questo inganno verso i cittadini, verso la gente comune come sono io, in fondo, perché le istituzioni hanno l’obbligo di dire la verità e non possono violare la legalità. Se ciò accade, a parer mio significa tradire la Costituzione».
Intanto ieri il comitato di presidenza del Csm, composto dal vicepresidente Vietti e dai vertici della Cassazione, ha deciso di non procedere sulla denuncia della pm Fiorillo e di girarla invece proprio al procuratore generale della Cassazione, che per l’ordinamento giudiziario è il titolare dell’azione disciplinare sui magistrati e che ha già avviato «accertamenti» preliminari sulla procura di Milano, proprio in seguito all’intervento di Bruti Liberati.
Fonte articolo 'Il Manifesto'
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