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di 'Per quel che mi riguarda'

venerdì 15 ottobre 2010

Una piazza da paura di Daniela Preziosi

(vignetta Mauro Biani)
Mancavano solo i timori del ministro dell’interno Roberto Maroni, a piovere come una minaccia sulla piazza di domani a Roma. I vertici sindacali non l’hanno presa bene: una «provocazione» per la Fiom, «se il ministro ha delle informazioni faccia il suo lavoro», per Susanna Camusso, solo «tentativi di alzare la pressione» secondo Achille Passoni, già Cgil ora veltroniano in forza al Pd.
La «strategia della tensione», come la chiama l’eurodeputato Luigi De Magistris, «fallirà sen’altro», affogata come sarà in unmare di folla. Ma resta una piazza difficile per le forze del centrosinistra che pure cominciano ad immaginare un barlume di coalizione comune alle prossime elezioni. La questione del lavoro e dei diritti taglia in due il campo democratico. Il leader Pd lo sa, e pur non partecipando al corteo ha convocato per i prossimi giorni incontri con le parti sociali per esporre il programma del partito. «E chissà che non ce la facciamo noi a rifarli sedere insieme», ha detto a Varese all’indirizzo dei sindacati. La sinistra sarà al gran completo, da Nichi Vendola (che ha fatto appello per la partecipazione alle altre forze del centrosinistra e almondo della cultura) alla federazione di Ferrero e Diliberto (che chiedono, insieme alla Fiom stessa, la diretta Rai dell’evento), passando per Sinistra critica e il Pcdl di Ferrando.
In forze e bandiere (a giudicare dall’ultima performance in piazza, quella del 2 ottobre) arriverà il pattuglione dell’Italia dei valori, Di Pietro e De Magistris in testa. Ma la sinistra che verrà in piazza non è tanto quella politica. L’elenco delle associazioni e dei movimenti, piccoli o grandi, in partenza per Roma, è sterminato.
Da Emergency passando per i centri sociali al popolo viola, che su questa data ha sostenuto una mezza scissione - se n’è messo al capo Paolo Flores D’Arcais, direttore di Micromega, e comunque nella quasi totalità tornerà in piazza accanto ai metalmeccanici.
È il Pd, come al solito, a trovarsi in imbarazzo, pur avendo varato dall’inizio la linea di non aderire ufficialmente alle manifestazioni sindacali. Le differenze interne sul tema del lavoro cominciano ad essere profonde, come ha testimoniato l’assemblea dei lavoratori alla festa nazionale di Torino. Un incontro passato sotto silenzio, nel corso del quale però si sono dati il cambio ’partite Iva’, artigiani e soprattutto lavoratori dipendenti. E metalmeccanici, dalla Fiom di Pomigliano alla segreteria Cisl, quelli del «10-100-1000 Pomigliano».
E così stavolta al corteo ci saranno ancora meno dirigenti Pd del solito. Non ci sarà il segretario Bersani, non ci sarà Enrico Letta, stavolta non ci sarà neanche Rosy Bindi, di solito ’ponte’ fra il partito e le realtà di piazza. Per contro sono molte le federazioni che hanno organizzato delegazioni che sono veri e propri spezzoni di corteo, come quella di Bologna. A sorpresa, ha annunciato la sua presenza Sergio Cofferati, già segretario Cgil e ora eurodeputato Pd. Ma per aver parlato di una presenza non a titolo strettamente personale il responsabile del lavoro del partito Stefano Fassina è stato sottoposto a un fuoco di fila di dichiarazioni contrarie. Fra imembri della segreteria, non sarà solo. Ci sarà anche Matteo Orfini, dalemiano di nuova generazione, come lui molto impegnato sul fronte interno per riposizionare il lavoro come tema centrale nel Pd. E dalla stessa area del partito arriva la presenza e la partecipazione anche di Barbara Pollastrini, «con un sentimento di gratitudine per chi aiuta tutto il paese a rimettere al centro il valore del lavoro e una dignità collettiva basata su valori forti». Ci sarà anche l’exministro Damiano, e l’abruzzese Lolli. E Paolo Nerozzi e Vincenzo Vita, già animatori della sinistra del partito.

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