Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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mercoledì 20 ottobre 2010
LA CENSURA CHE NON C’È di Norma Rangeri
Il direttore generale della Rai che va ospite in un programma dell’azienda per discutere con un conduttore (Vespa) del comportamento di un altro conduttore (Santoro), naturalmente assente dal contraddittorio. Nel paese di Berlusconi succede anche questo. Al conflitto di interessi che manganella l’avversario (giornalista, politico o magistrato), mancava il serial delle ospitate di Mauro Masi. Ora abbiamo anche quelle.
La pressione sull’informazione è fortissima. La Rai è, come sempre, il termometro più sensibile del Palazzo, le vicende santoriane sono un avvertimento. Poi altri editti seguiranno. Per esempio «l’odioso» Report o il prossimo programma con Saviano.
La guerra interna alla leadership berlusconiana riverbera negli attacchi alle leadership televisive (Santoro, Fazio, Gabanelli...) con una nobile gara a chi, tra i caporali, riesce a dimostrare di essere ancora fedele al re.
C’è poi un’altra guerra, non dichiarata davanti alle telecamere, purtroppo mai neppure nominata dalle star della tv minacciate di bavaglio. Come se i tagli ai giornali non fossero una censura altrettanto odiosa. È una guerra che ci riguarda direttamente e duramente, perché mette a rischio la stessa sopravvivenza del giornale. La vignetta di Vauro lo segnala ogni giorno con il suo esangue malato bisognoso di una trasfusione di abbonamenti.
Che cominciano ad arrivare (troppo lentamente). I lettori scrivono, ci sono vicini, offrono consigli su come migliorare il giornale, ma stentano a credere che effettivamente questa volta le nostre vicende possano giungere a un punto di non ritorno. «Ho venti anni, sono un vostro appassionato neo lettore, spero proprio che la notizia di una imminente chiusura sia un falso allarme», scrive Giovanni sul nostro sito. Purtroppo l’allarme non è mai stato così reale, mai ci siamo trovati di fronte alla mancanza dei fondi pubblici dell’editoria come accadrà quando verificheremo che nella legge finanziaria il governo di Berlusconi e Tremonti lascerà a secco decine di giornali, noi compresi e, direi, noi soprattutto. Perché siamo una vera cooperativa, perché non siamo legati a un partito, perché non abbiamo finanziatori di altro genere. Noi soprattutto perché siamo tra quelli che rischiano di più.
Fonte articolo e vignetta 'Il Manifesto'
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La pressione sull’informazione è fortissima. La Rai è, come sempre, il termometro più sensibile del Palazzo, le vicende santoriane sono un avvertimento. Poi altri editti seguiranno. Per esempio «l’odioso» Report o il prossimo programma con Saviano.
La guerra interna alla leadership berlusconiana riverbera negli attacchi alle leadership televisive (Santoro, Fazio, Gabanelli...) con una nobile gara a chi, tra i caporali, riesce a dimostrare di essere ancora fedele al re.
C’è poi un’altra guerra, non dichiarata davanti alle telecamere, purtroppo mai neppure nominata dalle star della tv minacciate di bavaglio. Come se i tagli ai giornali non fossero una censura altrettanto odiosa. È una guerra che ci riguarda direttamente e duramente, perché mette a rischio la stessa sopravvivenza del giornale. La vignetta di Vauro lo segnala ogni giorno con il suo esangue malato bisognoso di una trasfusione di abbonamenti.
Che cominciano ad arrivare (troppo lentamente). I lettori scrivono, ci sono vicini, offrono consigli su come migliorare il giornale, ma stentano a credere che effettivamente questa volta le nostre vicende possano giungere a un punto di non ritorno. «Ho venti anni, sono un vostro appassionato neo lettore, spero proprio che la notizia di una imminente chiusura sia un falso allarme», scrive Giovanni sul nostro sito. Purtroppo l’allarme non è mai stato così reale, mai ci siamo trovati di fronte alla mancanza dei fondi pubblici dell’editoria come accadrà quando verificheremo che nella legge finanziaria il governo di Berlusconi e Tremonti lascerà a secco decine di giornali, noi compresi e, direi, noi soprattutto. Perché siamo una vera cooperativa, perché non siamo legati a un partito, perché non abbiamo finanziatori di altro genere. Noi soprattutto perché siamo tra quelli che rischiano di più.
Fonte articolo e vignetta 'Il Manifesto'
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