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di 'Per quel che mi riguarda'

venerdì 17 settembre 2010

RAZZISMO - Il mal francese infiamma Bossi e risveglia il Pd di Luca Fazio

(vignetta Mauro Biani)
Se avessimo il coraggio di specchiarci nella Francia di Sarkozy che scatena la caccia dall’uomo su base etnica forse ci accorgeremmo di quanto facciamo schifo anche dalle nostre parti. Immancabilmente ce lo ricordano i leader del centrodestra, Bossi fa Bossi, La Russa lo rincorre con grande naturalezza, e Berlusconi, come sempre, sa annusare come pochi altri l’aria fetida che tira.
Insomma, il governo sta con la Francia, e questa è una notizia allarmante per i «nostri» rom, dettata con accenti diversi che ormai conosciamo fino alla nausea. Il capo della Lega bofonchia distillando in poche battute la summa del pensiero reazionario e fascista che da un ventennio paralizza la parte avversa, il centrosinistra o giù di lì. «Sì, Sarkozy fa bene sulle espulsioni - dice Bossi - la maggior parte dei furti li fanno i rom, certo non sono il demonio però la gente che lavora torna a casa se la trova buttata in aria non è bello». Poi, una frase che sarebbe da incorniciare, «se rubi ai ricchi è un conto, ma se rubi ai poveri quelli si incazzano».
La Russa, essendomeno dotato di Bossi, azzarda un modesto «non si può andare avanti così, non esiste nessun dato culturale in grado di giustificare chi sistematicamente commette reati». In assenza di un pensiero forte alternativo a questa argomentazione da cavernicoli, il principale partito dell’opposizione è condannato non solo a perdere (ormai ci sono abituati e per di più sanno che le prossime campagne elettorali si giocheranno sulla pelle dei rom) ma anche a recitare la parte del complice silente, che si arrende per subalternità culturale al pericoloso bofonchiare di Bossi.
E’ presto per dire allelujia, ma se non altro questa volta fa piacere la reazione decisa di Pier Luigi Bersani (Pd), che sta facendo i salti mortali per rendere più velenose le sue dichiarazioni, almeno a Porta a Porta. «Bossi si preoccupi di qualche ladrone un po’ più grosso a cui sono state fatte autostrade grazie a norme approvate in parlamento». E ancora: «Quella dei rom è una piccola minoranza e un’Europa che non riesce a governare civilmente le esigenze di una piccolissima popolazione, è una vergogna». Con meno enfasi, D’Alema si dice «negativamente colpito» dalla Francia che «per la prima volta attua una politica che ha il chiaro sapore discriminatorio e razzista». Sono solo parole ma inaudite, in fondo stiamo parlando di due leader storici del Pd...
Adesso speriamo che segua qualche fatto concreto. Perché, senza nulla togliere alla perfidia di Sarkozy, l’umiliazione della popolazione rom da anni è cronaca quotidiana in Italia, e in particolare nella città laboratorio del più perfido razzismo, Milano - e ben prima che l’argomento infiammasse il paese dei diritti universali.
Non per caso il vicesindaco De Corato si è felicitato per l’asse Berlusconi-Sarkozy. Come se avesse bisogno dell’autorizzazione dall’alto, come se Palazzo Marino, nel suo piccolo, non avesse già fatto da battistrada all’Eliseo. In due anni 200 sgomberi e 60 negli ultimi sei mesi. Nel silenzio generale nonostante la vergogna dei bambini strappati dalle baracche e dalle scuole, e nella totale assenza di qualsiasi opposizione organizzata.
I pochi che stanno con i rom sono abbandonati a se stessi, che siano maestre, genitori o associazioni più o meno caritatevoli. Non è solo questione di mettersi
la mano sul cuore, perché se è vero quello che ha minacciato Bossi - «Maroni ha già chiesto di poter fare come la Francia» - prima o poi bisognerà inventarsi qualcosa per impedire lo scandalo di un altro tentativo di rendere legale la deportazione su base razziale. Dispiace per Sarkozy, ma anche in questo caso è arrivato secondo.
Qualcuno forse ricorda il decreto legge del novembre 2007 sull’espulsione dei cittadini rumeni in seguito all’omicidio della signora Reggiani? Veltroni era sindaco di Roma e Prodi governava. E l’Europa si chiedeva se per caso l’Italia non avesse perso la testa.

Fonte articolo 'Il Manifesto'



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