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di 'Per quel che mi riguarda'

mercoledì 29 settembre 2010

Oggi le comiche di Micaela Bongi

(vignetta Mauro Biani)
Evviva, evviva, Silvio Berlusconi ha deciso di chiedere un voto di fiducia sul suo discorso di oggi alla camera e Italo Bocchino gongola. Finalmente il premier riconosce che Futuro e libertà è la terza gamba della coalizione e non la quinta colonna del Pd? Tale è il riconoscimento, che il Cavaliere invia il guardaspalla Ignazio La Russa a menare le mani: un vertice con gli esponenti di Futuro e liberta? «Sì, se li incontriamo per strada».
Con il loro sì i finiani si apprestano a dichiarare che Berlusconi non è un aspirante dittatore che manovra miliardi di dubbia provenienza, servizi di provata infedeltà e giornali-manganello esponendo a seri rischi «l’intero sistema democratico». Fatti due conti, al momento sembra l’unico presidente del consiglio possibile.
A meno che non si voglia rischiare di perdere per strada qualche pezzo della compagine di «ribelli», compresi gli esponenti al governo: come potrebbero votare contro? Dovrebbero ribellarsi dimettendosi. Appunto. Quello che sul Foglio di ieri consigliava di fare a Gianfranco Fini il suo intellettuale di riferimento, Alessandro Campi: lasci la presidenza della camera, faccia un partito, e «combatta». Forse è troppo tardi, forse Fini teme che sarebbe come impiccarsi da solo a Giancarlo Tulliani, alla casa di Montecarlo, alle società off shore.
Finendo per darla vinta ai direttorissimi del capo. Preoccupati non solo di scoprire gli altarini del paladino della legalità cresciuto alla corte di Arcore, ma di dimostrare all’elettore berlusconizzato la differenza tra il leader tycoon con una disneyland in Sardegna e il suo sfidante alla guida della destra. Uno che al massimo fa carte false per comprare una cucina Scavolini al cognato parvenu.
Agli altri, di elettori, forse Gianfranco Fini dovrebbe anche spiegare come si fa a predicare solennemente il rispetto per le istituzioni e contemporaneamente, dallo scranno più alto di Montecitorio, riunire i deputati come un capogruppo qualsiasi. Anche in questo caso, troppo tardi. Ma non è detta l’ultima parola. Il gruppo in questione si riunirà oggi, dopo le comunicazioni del presidente del consiglio, per decidere il da farsi. L’ipotesi più probabile è quella di votare la fiducia al governo, ma anche un documento autoprodotto «con i contenuti che a quel punto decideremo di metterci noi». Cos’è, un governo ombra? Praticamente cacciati dal partito «caserma» (copyright del cofondatore), con il loro gruppo parlamentare avrebbero voluto dimostrare di essere determinanti.
Mai finiani o quel che ne resta si votano all’irrilevanza, visto che Berlusconi potrebbe riuscire a costruirsi anche il suo terzo polo privato (gli udc siciliani, l’uomo simbolo del Pdl veltroniano Massimo Calearo più un altro deputato, Cesario, che con Api vola nella maggioranza, magari persino i lombardiani che in Sicilia governano con il Pd...). Voti forse volatili di manovrieri ancora in transito, ma utili alla bisogna e ok, il prezzo è giusto. Governare è un altra cosa.
Avere i numeri pure: i nuovi acquisti potrebbero rivelarsi solo in prestito e la Lega abbaia pronta a mordere. Ma domani è un altro giorno. Oggi, le comiche.


Fonte articolo 'Il Manifesto'
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