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di 'Per quel che mi riguarda'

sabato 7 agosto 2010

Tor Crescenza di Marco Travaglio

Aveva promesso di “rinunciare alle vacanze per mettere mano al partito”. Poi, si sa, le mani vanno un po’ dove vogliono. E così B. viene descritto in piena fregola estiva mentre riceve truppe mammellate a getto continuo nel castello affittato a Tor Crescenza. Scelta più che comprensibile, vista la toponomastica beneaugurante: per la torre, ma soprattutto per la crescenza. Del resto la prospettiva di trascorrere l’estate in compagnia di Cicchitto, Bonaiuti, Capezzone e magari pure Stracquadanio, per non parlare dei triumviri Verdini, La Russa e Bondi è talmente mortifera che non la si augura al peggiore nemico. Trattasi del trust di cervelli che, quando non mettevano le mani sull’argenteria, convincevano il Capo a epurare Fini e i finiani: “Dai retta a noi, Silvio, sono quattro gatti”. S’è poi scoperto che erano 44 e senza di loro il governo ha perso la maggioranza. Un erroruccio di calcolo, ma B. non l’ha preso benissimo: il Giornale di famiglia racconta “più di una tensione, quando il premier ha messo sul tavolo il cambio dei tre coordinatori con il ticket Alfano-Gelmini-Meloni (un cervello in tre, quello della Meloni, ndr). Un cambio che Berlusconi era più che deciso a fare perché è da tempo scontento della gestione del partito e gli ultimi sondaggi confermano che i tre non sarebbero amatissimi dall’elettorato”. Ma va? Gli elettori non apprezzano Verdini, La Russa e Bondi? Chi l’avrebbe mai detto. Ci voleva proprio un sondaggio. Dunque B. vuol cacciarli in blocco. Ma – rivela il Geniale – “apriti cielo: tanto ha urlato La Russa che alla fine il premier avrebbe provato a ripiegare: lasciamo Ignazio e sostituiamo gli altri. A quel punto è stato Verdini a farsi sentire e così Berlusconi ha deciso di aggiornare la pratica”. Purtroppo, al fumetto, mancano le nuvolette con le parole. Sarebbe interessante conoscere il dettaglio degli ululati di Gnazio e di Denis (“Ahò, si me cacci quelli me carcerano...”). L’unico di cui non sono pervenute reazioni è James Bondi: forse perché, pronto all’estremo sacrificio, aveva anticipato i desideri dell’Amato flagellandosi col frustino come il fratacchione de “Il nome della Rosa”; o forse perché già recluso nelle segrete del castello a causa della metamorfosi licantropica. B. è talmente malmesso da preferire, all’attuale gruppo dirigente del Pdl, il Cepu. Non è uno scherzo: all’ultimo summit – riferisce sempre il Geniale – “era presente la new entry Francesco Polidori, meglio noto come Mr Cepu, che ha portato al premier uno studio statistico su come il partito dovrebbe riorganizzarsi sul territorio e si dice pronto a mettere a disposizione del Pdl le 120 sedi Cepu sparse per l’Italia”. Il tutto per “una campagna elettorale alla Obama”. Manca soltanto Obama, ma per sopperire si darà fondo alle riserve di fard. Nell’attesa il premier ha congedato i suoi Fantozzi e Tafazzi (“ci vediamo dopo ferragosto”) per dedicarsi a pratiche più utili e dilettevoli. Dagospia ammicca spesso alle cenette apparecchiate a Tor Crescenza dall’attempato gagà brianzolo per 25-30 ragazze alla volta, onorevoli o quasi, che passano a rincuorarlo nell’ora della prova. Il nuovo maniero di Stato garantisce maggiore riservatezza rispetto a villa Certosa, Palazzo Grazioli e villa San Martino. Così le cronache mondane registrano un viavai di “pulmini neri coi vetri abbuiati” al posto dei troppo vistosi ponti aerei di gnocca aviotrasportata o sbarcata via mare nelle passate estati sarde. Lì invece è tutto più discreto: a un segnale convenuto il ponte levatoio, anch’esso beneaugurante, si alza e si abbassa per far passare i festosi pulmini. James, all’ingresso, smista il traffico muliebre in entrata e in uscita e indirizza le pupe al salone delle feste, dove l’anziano latrin lover le accoglie abbigliato comme il faut: pare che, al posto del tradizionale accappatoio bianco, indossi una più intonata armatura medievale, perfettamente oliata e funzionante. Utilissima, fra l’altro, come legittimo impedimento alla prossima convocazione in tribunale.


Fonte articolo e vignetta 'Il Fatto Quotidiano'

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