Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
La tua opinione é importante, esprimila, lascia un commento ai post.
Prego gentilmente tutti quelli che postano la loro opinione scegliendo l'opzione 'Anonimo' di blogger di firmare il proprio commento. grazie. ros
giovedì 6 maggio 2010
QUE SE VAYAN TODOS Galapagos
(vignetta Mauro Biani)
"Que se vayan todos" è uno degli urli più famosi della protesta popolare. A gridarlo a fine ’99 erano milioni di argentini esasperati dalla politica di rigore (e poliziesca)varata da Fernando de la Rúa che tentava di porre rimedio al «massacro» di Menem. Un urlo - «andate tutti a farvi fottere» - accompagnato da decine di morti (novanta, gli ufficiali). Come è andata a finire è noto: nel 2002, falliti tutti i tentativi, l’Argentini dichiarò di non essere più in grado di onorare il proprio debito pubblico. Fu la dichiarazione di bancarotta dello stato, il default, come scrivevano i giornali.
Oggi la Grecia è allo stesso punto dell'Argentina del 2002. Anzi, è nella stessa situazione nella quale si trovava la Polonia all’inizio degli anni ’90. Molti fanno finta di non ricordarlo, ma anche Varsavia fece default e rinegoziò il debito pubblico ottenendo-imponendo uno sconto del 50%. La Polonia si è ripresa e l’Argentina anche. La Grecia che farà? Al piede di Atene, la Ue ha messo un enorme palla di ferro - come si faceva per i galeotti - con la quale ha vincolato gli aiuti finanziari. Ma aiuti a chi? I dati su chi possiede il debito pubblico greco (300 miliardi di euro) non sono precisi al centesimo, tra pochi giorni dovremmo sapere (c’è una richiesta della Autorità di controllo) l’esatto ammontare, ma si sa che a detenere molti dei bond sono banche tedesche e francesi, fondi di investimento (attratti dagli alti rendimenti) e compagnie di assicurazione, anche italiane. L’accordo tra Grecia, Fmi e Ue prevede che mano a mano che i bond sul mercato verranno a scadenza saranno sostituti da nuove obbligazioni emesse dalla Ue. Di fatto la Grecia non vedrà un euro dei 110 miliardi di prestiti che le sono stati concessi: i soldi finiranno tutti nelle tasche degli investitori più o meno istituzionali.
Come per la crisi scatenata dai mutui subprime (quando i soldi prestati non servirono a garantire la casa e il lavoro ai poveracci, ma alle banche per non farle fallire) anche nel caso della Grecia accadrà lo stesso. Anzi accadrà di più. Le condizioni poste alla Grecia, faranno precipitare il paese in profonda recessione con una caduta del Pil sia nel 2010 (-4%) che nel 2011. La manovra correttiva imposta a Atene è superiore in proporzione a quella dell’Italia nel 1992. Allora furono prelevati dalle tasche degli italiani oltre 95 mila miliardi di lire con il risultato di un ’93 di recessione, appena riequilibrata dal maggiore export che, grazie alla svalutazione della lira, rese più competitive le merci italiane. Tanto che l’anno seguente il saldo della bilancia commerciale si chiuse con un attivo di oltre 50 mila miliardi di lire.
Ma la Grecia non «gode» neanche della possibilità della svalutazione e quindi la manovra si risolverà solo in recessione, accompagnata da un aggiustamento dei conti pubblici. Forse necessario, visto che negli ultimi 5 anni il debito pubblico ellenico con il governo conservatore di Karamanlis è salito da 180 a 300 miliardi di euro. Certo, la Grecia non ha mai brillato per trasparenza nella spesa, però ci sono tante cose che non tornano. La prima riguarda l’evasione fiscale: possibile che in Grecia ci siano solo 5mila famiglie che denunciano più di 100 mila euro di reddito annuale? Girando per il porto del Pireo si possono ammirare yacht di una bellezza, e di un costo enorme: sono la prova delle migliaia di evasori che pullulano nel paese. Nel quale l’evasione fiscale è pari a circa il 30%. Evasione legata a un «nero» enorme che in piccola parte interessa anche il lavoro, ma che si esalta nel lavoro autonomo e nel capitale. Che non ama il ministro delle finanze, ma quello del tesoro, visto che larga parte dell’evasione veniva reinvestita in titoli pubblici. Dei quali, dalla seconda metà del 2009, i «risparmiatori» hanno cominciato a disfarsi, mandando soldi all’estero e dando la prima spallata alla solidità dei conti pubblici facendo lievitare i rendimenti dei bond. Con il prestito Ue l’evasione fiscale (per chi detiene ancora bond) sarà garantita. A questo punto sarebbe meglio che la Grecia dichiarasse il default, uscisse dall’euro (e dalla Nato) e, con una dracma svalutata, tentasse di rilanciare la proprio economia.
Fonte articolo 'Il Manifesto'
"Que se vayan todos" è uno degli urli più famosi della protesta popolare. A gridarlo a fine ’99 erano milioni di argentini esasperati dalla politica di rigore (e poliziesca)varata da Fernando de la Rúa che tentava di porre rimedio al «massacro» di Menem. Un urlo - «andate tutti a farvi fottere» - accompagnato da decine di morti (novanta, gli ufficiali). Come è andata a finire è noto: nel 2002, falliti tutti i tentativi, l’Argentini dichiarò di non essere più in grado di onorare il proprio debito pubblico. Fu la dichiarazione di bancarotta dello stato, il default, come scrivevano i giornali.
Oggi la Grecia è allo stesso punto dell'Argentina del 2002. Anzi, è nella stessa situazione nella quale si trovava la Polonia all’inizio degli anni ’90. Molti fanno finta di non ricordarlo, ma anche Varsavia fece default e rinegoziò il debito pubblico ottenendo-imponendo uno sconto del 50%. La Polonia si è ripresa e l’Argentina anche. La Grecia che farà? Al piede di Atene, la Ue ha messo un enorme palla di ferro - come si faceva per i galeotti - con la quale ha vincolato gli aiuti finanziari. Ma aiuti a chi? I dati su chi possiede il debito pubblico greco (300 miliardi di euro) non sono precisi al centesimo, tra pochi giorni dovremmo sapere (c’è una richiesta della Autorità di controllo) l’esatto ammontare, ma si sa che a detenere molti dei bond sono banche tedesche e francesi, fondi di investimento (attratti dagli alti rendimenti) e compagnie di assicurazione, anche italiane. L’accordo tra Grecia, Fmi e Ue prevede che mano a mano che i bond sul mercato verranno a scadenza saranno sostituti da nuove obbligazioni emesse dalla Ue. Di fatto la Grecia non vedrà un euro dei 110 miliardi di prestiti che le sono stati concessi: i soldi finiranno tutti nelle tasche degli investitori più o meno istituzionali.
Come per la crisi scatenata dai mutui subprime (quando i soldi prestati non servirono a garantire la casa e il lavoro ai poveracci, ma alle banche per non farle fallire) anche nel caso della Grecia accadrà lo stesso. Anzi accadrà di più. Le condizioni poste alla Grecia, faranno precipitare il paese in profonda recessione con una caduta del Pil sia nel 2010 (-4%) che nel 2011. La manovra correttiva imposta a Atene è superiore in proporzione a quella dell’Italia nel 1992. Allora furono prelevati dalle tasche degli italiani oltre 95 mila miliardi di lire con il risultato di un ’93 di recessione, appena riequilibrata dal maggiore export che, grazie alla svalutazione della lira, rese più competitive le merci italiane. Tanto che l’anno seguente il saldo della bilancia commerciale si chiuse con un attivo di oltre 50 mila miliardi di lire.
Ma la Grecia non «gode» neanche della possibilità della svalutazione e quindi la manovra si risolverà solo in recessione, accompagnata da un aggiustamento dei conti pubblici. Forse necessario, visto che negli ultimi 5 anni il debito pubblico ellenico con il governo conservatore di Karamanlis è salito da 180 a 300 miliardi di euro. Certo, la Grecia non ha mai brillato per trasparenza nella spesa, però ci sono tante cose che non tornano. La prima riguarda l’evasione fiscale: possibile che in Grecia ci siano solo 5mila famiglie che denunciano più di 100 mila euro di reddito annuale? Girando per il porto del Pireo si possono ammirare yacht di una bellezza, e di un costo enorme: sono la prova delle migliaia di evasori che pullulano nel paese. Nel quale l’evasione fiscale è pari a circa il 30%. Evasione legata a un «nero» enorme che in piccola parte interessa anche il lavoro, ma che si esalta nel lavoro autonomo e nel capitale. Che non ama il ministro delle finanze, ma quello del tesoro, visto che larga parte dell’evasione veniva reinvestita in titoli pubblici. Dei quali, dalla seconda metà del 2009, i «risparmiatori» hanno cominciato a disfarsi, mandando soldi all’estero e dando la prima spallata alla solidità dei conti pubblici facendo lievitare i rendimenti dei bond. Con il prestito Ue l’evasione fiscale (per chi detiene ancora bond) sarà garantita. A questo punto sarebbe meglio che la Grecia dichiarasse il default, uscisse dall’euro (e dalla Nato) e, con una dracma svalutata, tentasse di rilanciare la proprio economia.
Fonte articolo 'Il Manifesto'
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento