Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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giovedì 29 aprile 2010
Fini non molla, il vice traballa di Micaela Bongi
Altro che «epurazione» di Italo Bocchino. C’è un presidente della camera che, non pago del match all’auditorium della conciliazione, continua a andare in tv non tanto «per dire, ma per ridire» su tutto (come lamenta il berlusconiano stretto Osvaldo Napoli) e insomma, questa «confusione tra ruolo istituzionale e ruolo politico» è ancora sostenibile? Se continua così, sicuramente no, si fa la domanda e si dà la risposta Sandro Bondi. E lo fa nella sua veste di coordinatore del Pdl, non in quella di neo responsabile culturale dei Promotori della libertà, la curva di Forza Silvio.
Un’altra giornata del Pdl ad altissima tensione. Perché Gianfranco Fini torna appunto in tv, a Porta a Porta addirittura, per un «te lo dico in faccia» bis dopo lo scontro in direzione. E nello stesso pomeriggio si sfiorano le botte in Transatlantico dopo che il governo è andato sotto sul dl lavoro e poco prima viene pure convocata l’assemblea dei deputati del Pdl per decidere sulle dimissioni di Bocchino da vicecapogruppo. O meglio: sulle sue due lettere di dimmissioni; perché nella seconda, recapitata mercoledì, il deputato finiano sosteneva che in base al regolamento avrebbe dovuto dimettersi anche il presidente dei deputati Fabrizio Cicchitto (eletto in ticket con il vicario), e dunque Bocchino si candidava a prendere il suo posto. E allora Cicchitto gli scrive: «La responsabilità del mio ruolo mi impone di convocare il gruppo per affrontare seriamente la vicenda e, con il metodo più democratico, lasciare ai deputati il compito di accettare o meno la prima o la seconda delle tue lettere». Sfida accettata, insomma.
Se Fini e i suoi immaginavano un arretramento della maggioranza pi diellina che aveva preso tempo, ecco che invece l’assemblea del gruppo viene convocata a tambur battente. Perché così ha deciso il premier in persona: la conta ora la vuole lui. E, a Porta a Porta, dopo l’intervista registrata del presidente della camera, è sempre Cicchitto a rispondere a Vespa che gli domanda se le dimissioni di Bocchino saranno accettate: «Esatto, ma Fini non c'entra niente», il problema è che «è venuto meno il rapporto fiduciario» tra capogruppo e vice.
Il caso sarà circoscritto? Si vedrà oggi. Perché alla vigilia della conta nel gruppo Fini mette in guardia Berlusconi: «Non dia corso a epurazioni, non gli converrebbe». Il riferimento è anche - se non soprattutto, per quanto riguarda le possibili conseguenze - ai presidenti di commissione finiani che potrebbero essere sostituiti con seguaci del premier. E il gruppo? «Se dovesse accogliere le dimissioni di Bocchino o lo sfiduciasse, beh, se il buongiorno
si vede dal mattino allora altro che partito liberale dimassa e libertà di esprimere il dissenso...». Il presidente della camera prosegue: «Se il presupposto è che oggi il governo è stato battuto per il voto di qualche amico di Fini, come ho sentito dire, allora siamo alla caccia alle streghe». Insomma, Cicchitto - conclude Fini - farà bene a consultarsi con Berlusconi sul da farsi.
Messi alle strette, i berlusconiani provano a rialzare il tiro contro lo stesso presidente della camera. Che sull’eventuale ma in realtà impraticabile sfratto dallo scranno più alto della camera aveva pure battibeccato con Vespa: «Berlusconi non può dirmi ’se vuoi fare politica devi dimetterti’...». E il conduttore si trasforma in interprete del pensiero del Cavaliere: «Credo intendesse dire che dovesse dimettersi se voleva fare una corrente». E Fini: «A me non è parso, direttore. E comunque credo che quello che è accaduto lo abbiano visto in tanti». Ma «non sono presidente della camera in ragione di un concorso vinto o di un cadeaux del presidente del consiglio. Lo sono per una storia politica che rivendico». Insomma, le dimissioni Silvio se le sogna. E avanti con i troppi decreti, i troppi voti di fiducia, il Pdl che dovrebbe essere «diverso da come è oggi» e non può «essere considerato una parentesi», come fa il documento approvato
in direzione, e «il premier rispetti le mie opinioni perché io sbaglio in tantissime
occasioni maa volte sbaglia anche lui». E poi il voto anticipato che andrebbero
spiegato agli elettori e il lungo elenco di Fini: da Saviano accusato dal Cavaliere di fare pubblicità alla criminalità («è meglio che queste affermazioni non le faccia», lo rimprovera l’ex leader di An) alla magistratura che «non può essere denigrata». Per non parlare del «giornalismo che sguazza nel fango, per non citare quella materia organica...». E ancora, l’immigrazione: e qui Fini si lancia e arriva a dire che la legge che porta il suo nome e quello di Bossi «la rifarei al cento per cento». Conclusione del «pontiere» Vespa: con premier «serena collaborazione»? No, «sereno confronto».
Trasecola Napoli: «Che senso ha questa precisazione»? Trasecola Bondi: Fini scelga se fare politica o fare il presidente della camera. Trasecola Mario Valducci: «La diatriba va riportata all’interno del partito». Al capo si lasci almeno la tv. Anche perché il capo non ne può più. E in privato torna a ripetere: così non si va avanti.
Fonte articolo 'Il Manifesto'
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Un’altra giornata del Pdl ad altissima tensione. Perché Gianfranco Fini torna appunto in tv, a Porta a Porta addirittura, per un «te lo dico in faccia» bis dopo lo scontro in direzione. E nello stesso pomeriggio si sfiorano le botte in Transatlantico dopo che il governo è andato sotto sul dl lavoro e poco prima viene pure convocata l’assemblea dei deputati del Pdl per decidere sulle dimissioni di Bocchino da vicecapogruppo. O meglio: sulle sue due lettere di dimmissioni; perché nella seconda, recapitata mercoledì, il deputato finiano sosteneva che in base al regolamento avrebbe dovuto dimettersi anche il presidente dei deputati Fabrizio Cicchitto (eletto in ticket con il vicario), e dunque Bocchino si candidava a prendere il suo posto. E allora Cicchitto gli scrive: «La responsabilità del mio ruolo mi impone di convocare il gruppo per affrontare seriamente la vicenda e, con il metodo più democratico, lasciare ai deputati il compito di accettare o meno la prima o la seconda delle tue lettere». Sfida accettata, insomma.
Se Fini e i suoi immaginavano un arretramento della maggioranza pi diellina che aveva preso tempo, ecco che invece l’assemblea del gruppo viene convocata a tambur battente. Perché così ha deciso il premier in persona: la conta ora la vuole lui. E, a Porta a Porta, dopo l’intervista registrata del presidente della camera, è sempre Cicchitto a rispondere a Vespa che gli domanda se le dimissioni di Bocchino saranno accettate: «Esatto, ma Fini non c'entra niente», il problema è che «è venuto meno il rapporto fiduciario» tra capogruppo e vice.
Il caso sarà circoscritto? Si vedrà oggi. Perché alla vigilia della conta nel gruppo Fini mette in guardia Berlusconi: «Non dia corso a epurazioni, non gli converrebbe». Il riferimento è anche - se non soprattutto, per quanto riguarda le possibili conseguenze - ai presidenti di commissione finiani che potrebbero essere sostituiti con seguaci del premier. E il gruppo? «Se dovesse accogliere le dimissioni di Bocchino o lo sfiduciasse, beh, se il buongiorno
si vede dal mattino allora altro che partito liberale dimassa e libertà di esprimere il dissenso...». Il presidente della camera prosegue: «Se il presupposto è che oggi il governo è stato battuto per il voto di qualche amico di Fini, come ho sentito dire, allora siamo alla caccia alle streghe». Insomma, Cicchitto - conclude Fini - farà bene a consultarsi con Berlusconi sul da farsi.
Messi alle strette, i berlusconiani provano a rialzare il tiro contro lo stesso presidente della camera. Che sull’eventuale ma in realtà impraticabile sfratto dallo scranno più alto della camera aveva pure battibeccato con Vespa: «Berlusconi non può dirmi ’se vuoi fare politica devi dimetterti’...». E il conduttore si trasforma in interprete del pensiero del Cavaliere: «Credo intendesse dire che dovesse dimettersi se voleva fare una corrente». E Fini: «A me non è parso, direttore. E comunque credo che quello che è accaduto lo abbiano visto in tanti». Ma «non sono presidente della camera in ragione di un concorso vinto o di un cadeaux del presidente del consiglio. Lo sono per una storia politica che rivendico». Insomma, le dimissioni Silvio se le sogna. E avanti con i troppi decreti, i troppi voti di fiducia, il Pdl che dovrebbe essere «diverso da come è oggi» e non può «essere considerato una parentesi», come fa il documento approvato
in direzione, e «il premier rispetti le mie opinioni perché io sbaglio in tantissime
occasioni maa volte sbaglia anche lui». E poi il voto anticipato che andrebbero
spiegato agli elettori e il lungo elenco di Fini: da Saviano accusato dal Cavaliere di fare pubblicità alla criminalità («è meglio che queste affermazioni non le faccia», lo rimprovera l’ex leader di An) alla magistratura che «non può essere denigrata». Per non parlare del «giornalismo che sguazza nel fango, per non citare quella materia organica...». E ancora, l’immigrazione: e qui Fini si lancia e arriva a dire che la legge che porta il suo nome e quello di Bossi «la rifarei al cento per cento». Conclusione del «pontiere» Vespa: con premier «serena collaborazione»? No, «sereno confronto».
Trasecola Napoli: «Che senso ha questa precisazione»? Trasecola Bondi: Fini scelga se fare politica o fare il presidente della camera. Trasecola Mario Valducci: «La diatriba va riportata all’interno del partito». Al capo si lasci almeno la tv. Anche perché il capo non ne può più. E in privato torna a ripetere: così non si va avanti.
Fonte articolo 'Il Manifesto'
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