Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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martedì 2 marzo 2010
SENSO VIETATO di Norma Rangeri
Basta un minimo rigore nell’osservanza delle regole perché la macchina del potere (berlusconiano) esploda in mille pezzi elettorali, alimentando le faide interne al Pdl. Quel che sta accadendo intorno alle liste del centrodestra per il voto regionale, ne è una clamorosa rappresentazione.
Semplicemente (il caso del Lazio) il non rispetto della scadenza di consegna all’ufficio del tribunale, ha escluso dalla competizione la lista del Pdl. E, altrettanto banalmente, la non regolarità di 514 firme può mettere fuori gioco il listino a sostegno del candidato della Lombardia, Roberto Formigoni, e di tutte le altre liste collegate. Normale amministrazione della cosa pubblica. Inconcepibile in Italia dove la pratica dell’arroganza e dell’impunità ha sempre premiato i furbi. Ora si vede anche meglio il valore, simbolico e concreto, dell’annosa, solitaria battaglia di Emma Bonino e della piazza viola per la legalità.
Scosso dalle guerre intestine, il centrodestra prima si appella al presidente della repubblica (che respinge al mittente ogni possibilità di intervento nella questione), poi spegne le più seguite trasmissioni della Rai. Devono tacere perché milioni di cittadini ne fanno un punto di riferimento. Bisogna chiuderle tutte, altrimenti si disturba il megafono del Tg1. Il totalitarismo della comunicazione non ammette crepe.
Nonostante le cure da cavallo (le videocassette a reti unificate degli esordi, la satira censurata, fino all’occupazione militare del palinsesto Rai con uomini di Publitalia e Mediaset), la surreale realtà di questo 1 marzo 2010, stringe ancora il morso.
La maggioranza del consiglio di amministrazione della Rai comanda di oscurare i talk-show del servizio pubblico per tutto il mese della campagna elettorale. Forzando il già pesante regolamento votato dalla Commissione parlamentare di vigilanza della Rai, che tuttavia non obbligava l’azienda di viale Mazzini a cancellare Annozero, Ballarò, Porta a Porta e tutti i programmi di informazione. Come testimoniano le parole del presidente Sergio Zavoli («svolta al di fuori dell’interesse dell’azienda e dei suoi utenti»).
Proteste in piazza e ricorso agli avvocati saranno messi in campo già oggi dai giornalisti del servizio pubblico, mase queste iniziative non dovessero rivelarsi armi decisive per ribaltare il diktat e riaccendere le trasmissioni, bisognerà trovare il modo di andare in onda ugualmente. Nel 2002, per aggirare la sospensione di Sciuscià, Michele Santoro fece un collegamento ponte con le emittenti locali pur di ritrovare il suo pubblico. Ora si potrebbe tentare la via della rete con You-tube, ultima frontiera per non abbandonare il campo a un solo esercito. Certo è che quando si considera digeribile per la democrazia il velenoso conflitto di interessi, e, non ponendovi alcun riparo, si legittima il governo di un regime mediatico, è inevitabile che l’opposizione giochi, con armi spuntate, un ruolo comunque subalterno alla voglia di divertirsi del capo.
Fonte articolo 'Il Manifesto'
Semplicemente (il caso del Lazio) il non rispetto della scadenza di consegna all’ufficio del tribunale, ha escluso dalla competizione la lista del Pdl. E, altrettanto banalmente, la non regolarità di 514 firme può mettere fuori gioco il listino a sostegno del candidato della Lombardia, Roberto Formigoni, e di tutte le altre liste collegate. Normale amministrazione della cosa pubblica. Inconcepibile in Italia dove la pratica dell’arroganza e dell’impunità ha sempre premiato i furbi. Ora si vede anche meglio il valore, simbolico e concreto, dell’annosa, solitaria battaglia di Emma Bonino e della piazza viola per la legalità.
Scosso dalle guerre intestine, il centrodestra prima si appella al presidente della repubblica (che respinge al mittente ogni possibilità di intervento nella questione), poi spegne le più seguite trasmissioni della Rai. Devono tacere perché milioni di cittadini ne fanno un punto di riferimento. Bisogna chiuderle tutte, altrimenti si disturba il megafono del Tg1. Il totalitarismo della comunicazione non ammette crepe.
Nonostante le cure da cavallo (le videocassette a reti unificate degli esordi, la satira censurata, fino all’occupazione militare del palinsesto Rai con uomini di Publitalia e Mediaset), la surreale realtà di questo 1 marzo 2010, stringe ancora il morso.
La maggioranza del consiglio di amministrazione della Rai comanda di oscurare i talk-show del servizio pubblico per tutto il mese della campagna elettorale. Forzando il già pesante regolamento votato dalla Commissione parlamentare di vigilanza della Rai, che tuttavia non obbligava l’azienda di viale Mazzini a cancellare Annozero, Ballarò, Porta a Porta e tutti i programmi di informazione. Come testimoniano le parole del presidente Sergio Zavoli («svolta al di fuori dell’interesse dell’azienda e dei suoi utenti»).
Proteste in piazza e ricorso agli avvocati saranno messi in campo già oggi dai giornalisti del servizio pubblico, mase queste iniziative non dovessero rivelarsi armi decisive per ribaltare il diktat e riaccendere le trasmissioni, bisognerà trovare il modo di andare in onda ugualmente. Nel 2002, per aggirare la sospensione di Sciuscià, Michele Santoro fece un collegamento ponte con le emittenti locali pur di ritrovare il suo pubblico. Ora si potrebbe tentare la via della rete con You-tube, ultima frontiera per non abbandonare il campo a un solo esercito. Certo è che quando si considera digeribile per la democrazia il velenoso conflitto di interessi, e, non ponendovi alcun riparo, si legittima il governo di un regime mediatico, è inevitabile che l’opposizione giochi, con armi spuntate, un ruolo comunque subalterno alla voglia di divertirsi del capo.
Fonte articolo 'Il Manifesto'
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