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di 'Per quel che mi riguarda'

sabato 20 marzo 2010

Intervista a Santoro: "Sono dentro un filo spinato Ma provo a tagliarlo" di Carlo Tecce e Silvia Truzzi

A Michele Santoro le sfide piacciono. Ha pensato a ‘Rai per una notte’ alla faccia della par condicio col bavaglio: così sarà speciale Annozero, titolo profetico anche se le attuali macerie sono meno evidenti di quelle della Germania rosselliniana. Però a metà conversazione allarga le braccia:“Prima o poi vinceranno loro. Non si può lavorare con questa pressione continua”.
Santoro, le intercettazioni dell’inchiesta di Trani accanto alla sospensione delle trasmissioni completano un disegno?
L'inchiesta di Trani sta facendo venir fuori quello che avevamo sempre denunciato: un forte asservimento a interessi di parte, alla maggioranza politica che governa il paese. C'è una sorta di annientamento dei poteri distinti, un azzeramento delle istituzioni che sono ridotte alla legge del più forte. Basta leggere le dichiarazioni di Berlusconi,quando dice “in fondo cosa ho fatto? Ho parlato con quello che io avevo fatto eleggere”.
Anche Minzolini dice: che male c’è...
Il male sta nel fatto che si possano concordare insieme strategie editoriali. Vespa ha detto: “È una manovra per chiudere Santoro”. Sembra che avesse ragione. E’ evidente che l'obiettivo principale era bloccare Annozero. Questo provvedimento è una minaccia per tutti, anche per lui. La legge del più forte impone una considerazione che nemmeno Vespa può accettare: chi esercita la leadership politica decide pure come debba funzionare l'informazione.
Il presidente del Consiglio è ossessionato da lei?
Berlusconi è in un momento difficile e di conseguenza tende a ingigantire pericoli e minacce. Era convinto di aver fatto l'ultima plastica che aveva ricucito le crepe della sua immagine e Annozero ha continuato a porre dei punti interrogativi, in assenza di un'opposizione che incalzasse da vicino. E lui a pensare: ma come, quelli che mi si oppongono in Parlamento non mi mettono in discussione. E chi è, invece, che mi rompe le scatole? Risposta: una trasmissione di informazione che si può pure togliere di mezzo. Da Il raggio verde in poi ha problemi con me.
Oggi più di ieri?
Paolo Mieli ha detto: “Sembra che stia saltando il tappo, che stiano venendo meno gli equilibri sui quali si era consolidata la Terza Repubblica”. Berlusconi non è riuscito a costruire qualcosa di solido dal punto di vista politico. Con due grandi eventi emergenziali – spazzatura a Napoli e terremoto a L'Aquila – ha stabilito un rapporto diretto con la gente. È diventato il garante della politica del fare. Quando metti in piedi un'operazione del genere poi hai bisogno di una relazione quotidiana con l'opinione pubblica. E devi costantemente rimanere in contatto: ogni giorno c'è un'elezione.
Come si lavora con una marcatura stretta a uomo?
Cito Sergio Zavoli: “Siamo circondati dal filo spinato”. Così non si può lavorare, sta diventando un terreno impraticabile per chi voglia lavorare con libertà e creatività. Il caso Celentano è significativo (costretto a rinunciare al palco del 25, ndr). Dà l’idea che uno come lui non serva a niente, che ne puoi fare a meno. C'è una Rai che fa volentieri a meno di Sabina Guzzanti, di Luttazzi e pure di Santoro. È Daniele Piombi, l’abbiamo visto, che traccia lo scenario futuro della Rai. Ho sempre cercato di mantenere la mia rotta con equilibrio. Ho rispettato le regole, anche se so che sono pretesti.Quando si teorizza che il contraddittorio è uno dei principi base della democrazia, vuol dire che stiamo dando i numeri. E poi ci sono i codicilli nel contratto di servizio.
Come si resiste?
Cerco di tagliare il filo spinato. Sono un ardito. Taglio un po' e cerco di far passare altri. Il mio lavoro tenderà sempre a conquistare un pezzo di televisione per esprimere ciò che si vuole. Questo non mi impedisce di attenermi alle regole, ma almeno che siano chiare. Però su di noi si abbatte la minaccia del 3 per cento – la multa sul fatturato Rai da parte dell'Agcom: qualsiasi violazione potrebbe far scattare una sanzione milionaria. Si crea una situazione fuori dalla legge. C'è una sproporzione tra la pena e la trasgressione: come dire: parcheggi in seconda fila e ti taglio le gambe. Hanno inventato appositamente questa tagliola del 3 per cento. Devi fare la trasmissione con la D'Addario? Tre per cento. Devi fare il contratto a Travaglio? Tre per cento. Dobbiamo fare i processi in tv? No. Allora vogliono gli avvocati di Mills.
Un accerchiamento. Chi può tirarla fuori?
E’ una situazione paradossale: si crea una minaccia per impedirti di fare il tuo lavoro. Io cerco di giocare d'astuzia e di intelligenza, me lo riconoscono perfino nelle intercettazioni. Però non si può reggere per sempre questa pressione: prima o poi vincono loro. Cercano l’incidente. Allora devono entrare in gioco le opposizioni e dire: noi non ci stiamo.
Tira aria da editto bulgaro?
Non mi aspettavo un intervento di tale violenza. Vedere Riccardo Iacona chiuso in una stanza con me a controllare le agenzie, era dura. Soffrivo molto. L'unico modo per uscirne era impegnarsi, io ho sbagliato a candidarmi perché era inutile. Sono contrario alle piccole formazioni politiche, in questo sono rimasto comunista. E io posso definirmi comunista senza vergognarmi di alcunché: sono sempre stato eterodosso.Potevo non candidarmi e contribuire semplicemente a un progetto: la mia idea era creare un partito lib-lab che comprendesse una grande area di idee, anche diverse tra loro.
Pentito dell’esperienza al Parlamento europeo?
Quando ho accettato pensavo: facciamo la battaglia, posso aiutare a far nascere il nuovo soggetto intorno a Prodi. E poi torno a fare tv. Sono stato io a convincere Lilli Gruber a candidarsi. Pensavo a noi due testimonial di un progetto futuro, per far largo ai giovani.Ma siamo stati usati per prendere voti.
Questa volta, al silenziatore, lei risponde con un gran rumore: “Rai per una notte”.
Il 25 mi diverte molto, come tutte le sfide impossibili. Mettere in piedi da zero una trasmissione vera e propria, con tutto quello che serve: le riprese e le luci professionali.
Nel frattempo, con più edizioni al giorno, l’informazione è un’esclusiva del Tg1.
A prescindere dall'inchiesta, Minzolini rappresenta una rottura molto forte per la tradizione del Tg1 che è sempre stato paludato. La voce del governo era prevalente, ma si era molto attenti all’equilibrio. Minzolini – un po' come Vespa – ha fatto un'operazione di schieramento. Noi dipendiamo dal governo? E quindi siamo un Tg governativo.
E l’opposizione?
Sono tornato in Rai per effetto di una sentenza e ancora sono in causa con l’azienda perché c’è stato il ricorso in Cassazione. E vado in onda per la magistratura. Domanda: la sinistra presente nel cda Rai – quella di prima e quella di adesso – ha mai messo a verbale che non è d'accordo a fare questa causa contro di me? Qual è il livello di dissociazione da questa direzione? Loro dovrebbero pretendere un profilo editoriale di tutta la Rai. O abbiamo l’alta filosofia – servizio pubblico e contraddittorio e bla bla – o non c'è nulla. Vorrei degli amministratori che mettano il prodotto al centro del tavolo. E basta con questi codici.
Come si fa per chi confonde l’assoluzione con la prescrizione?
Si riuniscano i giornalisti e stabiliscano un codice deontologico cui attenersi. Come ha fatto la Bbc. Dopodiché si valuti Minzolini. E comunque ci vorrebbe un amministratore unico. Scelto da chiunque.
Il ruolo del presidente Rai è marginale?
Dipende da come si interpreta il ruolo. Quando c'era la logica “socialisti e demo-cristiani”, non andava niente in consiglio se il direttore generale e il presidente non erano d'accordo. Allora com'è che qui passa tutto a maggioranza? In generale c'è troppa connivenza.
La Rai ha sospeso per dieci giorni Loris Mazzetti anche a causa dei suoi articoli sul nostro giornale. Fine della libertà di espressione?
Anche qui c'è un altro giro di filo spinato. Una volta sulla televisione c’era molto dibattito, penso agli anni ’80. Poi sono intervenute le restrizioni, anche con la complicità dei sindacati. Se vuoi dire una cosa devi chiedere un permesso. Come in uno Stato militarizzato.

Fonte intervista e foto 'Il Fatto Quotidiano'

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