Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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mercoledì 31 marzo 2010
ALMENO UN SUSSULTO di Valentino Parlato
(vignetta tratta dal sito di Mauro Biani)
Il Partito democratico dovrebbe prendere atto, con serietà e responsabilità, della sconfitta subita in queste elezioni regionali. Una sconfitta, aggiungerei, acutizzata
dal positivo risultato ottenuto da Nichi Vendola in Puglia. Tutto il nord dell’Italia e buona parte del sud è in mano alla destra e consolarsi con possibili eventuali conflitti tra la Lega e il Pdl è del tutto illusorio: il territorio e la televisione marciano insieme.
Queste elezioni provano che non si batte Berlusconi con gli scandali e i processi. Il paese è cambiato, viviamo in una società largamente berlusconizzata, privatizzata, e senza più fiducia nella politica, come rova la forte crescita dell’astensionismo: a destra e anche a sinistra.
Ai tempi della mia giovinezza, quando c’era il Pci si facevano convegni e aspre discussioni sullo stato del capitalismo nel paese, sui suoi mutamenti. Oggi il Pd è un partito separato dal territorio (con i lavoratori ha più contatti la Lega di Bossi), con poche e incerte idee sulla società italiana e sulla crisi che la investe, molto dura, anche per chi ha la casa di proprietà o la pensione.
La popolazione giovanile è diminuita in seguito alla denatalità, e la denatalità ha a che fare con questioni molto concrete, materialissime come l’impossibilità di progettare un futuro e dunque dei figli.
Il guaio è che il Pd oggi fa politica (o crede di far politica) senza sapere dove sta. Una volta la stampa del Pci faceva inchiesta sui territori di nuova industrializzazione (ricordo di averci lavorato con Luca Pavolini), oggi si fa più attenzione alle intercettazioni telefoniche. Qualcuno, giustamente, finisce in galera, ma nulla si mette in movimento nella società. E ancora, il Pd non è neppure un partito, ma una sommatoria eteroclita di pubblici incarichi.
La Lega – va detto – è oggi l’unico vero partito che ci sia in Italia. Ma allora che fare per non lasciare che il Belpaese si avviti in questa melma, mettendo in gioco anche l’unità nazionale, proprio alla vigilia dei festeggiamenti per il suo centocinquantenario?
Dal Partito democratico ci si aspetta una mossa, un sussulto di presa di coscienza della gravità della situazione e dei pericoli che sono davanti a noi. O si pensa di cavarsela prendendosela con Grillo o accusando i NoTav della Val di Susa che l’hanno votato di aver consegnato il Piemonte alla Lega? Ma non si tratta solo del Pd (dal quale, devo dirlo, c’è poco da aspettarsi) ma anche di tutti i soggetti democratici che ancora ci sono e, aggiungerei, anche di questo nostro manifesto, che è nato da un preveggente scontro con il Partito comunista e che da quasi quarant’anni sostiene che questa società si deve e si può cambiare.
E poi, non per consolarci, in questi mesi abbiamo visto piazza piene e animate, di lavoratori in sciopero, o per denunciare il cappio sul collo dell’informazione, o per difendere l’acqua pubblica e i beni comuni.
Anche la sfida di Michele Santoro ha avuto successo. Insomma, questo paese non sta tanto bene, ma è ancora vivo. Forse più di quella politica che dovrebbe rappresentarlo.
Fonte articolo 'Il Manifesto'
Il Partito democratico dovrebbe prendere atto, con serietà e responsabilità, della sconfitta subita in queste elezioni regionali. Una sconfitta, aggiungerei, acutizzata
dal positivo risultato ottenuto da Nichi Vendola in Puglia. Tutto il nord dell’Italia e buona parte del sud è in mano alla destra e consolarsi con possibili eventuali conflitti tra la Lega e il Pdl è del tutto illusorio: il territorio e la televisione marciano insieme.
Queste elezioni provano che non si batte Berlusconi con gli scandali e i processi. Il paese è cambiato, viviamo in una società largamente berlusconizzata, privatizzata, e senza più fiducia nella politica, come rova la forte crescita dell’astensionismo: a destra e anche a sinistra.
Ai tempi della mia giovinezza, quando c’era il Pci si facevano convegni e aspre discussioni sullo stato del capitalismo nel paese, sui suoi mutamenti. Oggi il Pd è un partito separato dal territorio (con i lavoratori ha più contatti la Lega di Bossi), con poche e incerte idee sulla società italiana e sulla crisi che la investe, molto dura, anche per chi ha la casa di proprietà o la pensione.
La popolazione giovanile è diminuita in seguito alla denatalità, e la denatalità ha a che fare con questioni molto concrete, materialissime come l’impossibilità di progettare un futuro e dunque dei figli.
Il guaio è che il Pd oggi fa politica (o crede di far politica) senza sapere dove sta. Una volta la stampa del Pci faceva inchiesta sui territori di nuova industrializzazione (ricordo di averci lavorato con Luca Pavolini), oggi si fa più attenzione alle intercettazioni telefoniche. Qualcuno, giustamente, finisce in galera, ma nulla si mette in movimento nella società. E ancora, il Pd non è neppure un partito, ma una sommatoria eteroclita di pubblici incarichi.
La Lega – va detto – è oggi l’unico vero partito che ci sia in Italia. Ma allora che fare per non lasciare che il Belpaese si avviti in questa melma, mettendo in gioco anche l’unità nazionale, proprio alla vigilia dei festeggiamenti per il suo centocinquantenario?
Dal Partito democratico ci si aspetta una mossa, un sussulto di presa di coscienza della gravità della situazione e dei pericoli che sono davanti a noi. O si pensa di cavarsela prendendosela con Grillo o accusando i NoTav della Val di Susa che l’hanno votato di aver consegnato il Piemonte alla Lega? Ma non si tratta solo del Pd (dal quale, devo dirlo, c’è poco da aspettarsi) ma anche di tutti i soggetti democratici che ancora ci sono e, aggiungerei, anche di questo nostro manifesto, che è nato da un preveggente scontro con il Partito comunista e che da quasi quarant’anni sostiene che questa società si deve e si può cambiare.
E poi, non per consolarci, in questi mesi abbiamo visto piazza piene e animate, di lavoratori in sciopero, o per denunciare il cappio sul collo dell’informazione, o per difendere l’acqua pubblica e i beni comuni.
Anche la sfida di Michele Santoro ha avuto successo. Insomma, questo paese non sta tanto bene, ma è ancora vivo. Forse più di quella politica che dovrebbe rappresentarlo.
Fonte articolo 'Il Manifesto'
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