Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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lunedì 8 febbraio 2010
Tutti sull’Isola dell’evasione di Libero D'Agostino
Vista ad occhio nudo l’immoralità sarebbe doppia: immorale è lo Stato che permette alle banche di sfruttare la frode o l’evasione fiscale degli altri Paesi; altrettanto immorale è lo Stato che compra i dati rubati da una banca per stanare gli evasori. Lo scontro tra Berna e Berlino sulla lista dei 1500 presunti evasori tedeschi, trafugata da un istituto di credito elvetico, ripropone una questione etica che si era già presentata con l’elenco sottratto due anni fa alla Lgt di Vaduz, e con i 3000 nomi offerti recentemente al fisco francese da un ex dipendente dell’Hsbc di Ginevra. Tre cd con dati riservati per una sottile disputa su diritto, morale e ragion di Stato, che divide cittadini e politici.
Terreno assai viscido, osserva Ferdinando Bruno, docente di fiscalità internazionale all’Usi di Lugano, secondo cui tirare come un elastico il diritto o la morale serve a ben poco: “I dati bancari rubati- spiega- riguardano atti illegittimi, comportamenti considerati reati dallo Stato tedesco, che può sanzionarli con l’acquisizione di queste informazioni”. Altrettanto pragmatico Marco Bernasconi, professore di diritto tributario alla Bocconi e alla Supsi, va subito al sodo: “I distinguo etici o giuridici non portano da nessuna parte. Piaccia o no, bisogna capire una volte per tutte che, ormai, alcuni governi se non possono avere delle informazioni in un modo le ottengono in altro. Ma questo la nostra classe politica non l’ha ancora capito”. Moralità e immoralità a secondo del punto di vista, nota l’avvocato Henry Peter, docente di diritto economico all’Università di Ginevra: “ Per la Germania è immorale la Svizzera che custodisce capitali sottratti al fisco; per la Svizzera è invece immorale la Germania se paga per i dati rubati”.
Per Bernasconi il problema è assai semplice: “Per avere delle informazioni fiscali c’è un canale ufficiale che è quello delle convenzioni sottoscritte dalla Svizzera con un’ottantina di Paesi, accordi che stabiliscono pure a che condizioni la Confederazionepuò fornire queste informazioni- spiega-. Ad alcuni Stati, come Usa, Francia, Germania o Italia, ciò non basta, vorrebbero andare oltre, e vanno oltre, da quanto previsto nelle convenzioni. Io non faccio valutazioni morali, dico solo che questa è la realtà con cui dobbiamo fare i conti”. Ridotto all’osso il ragionamento di Bernasconi significa che per Berna è finito il tempo dei distinguo: “ Se un governo vuole i soldi evasi al suo fisco se li prende comunque”. Insomma, la Svizzera come isola salva evasori, secondo la definizione del senatore Dick Marty, sotto l’assedio di Ue e Usa ha i giorni contati.
A metterla sul piano giuridico-morale ci sono poche scappatoie, nota Bruno: “L’illegittimita dell’evasione fiscale che un governo vuole perseguire assorbe e supera l’eventuale illeggitimità con cui esso ottiene le informazioni necessarie”. Per sbloccare la situazione Peter indica una possibile strada: “ Tra i due Paesi c’è il trattato sulla doppia imposizione che regola anche lo scambio d’informazioni. In mancanza di altre soluzioni bisogna far leva su questo accordo, che è sempre una comune base di partenza per trattare”. Gusto o sbagliato che sia, la “ragion di Stato”, di Usa, Germania, Francia o Italia, si sta dimostrando, per Bernasconi, più forte del diritto. Una ragion di Stato che si misura nei 3200 miliardi di euro spesi dai governi in Europa e negli Usa per salvare il sistema bancario e nell’allarmante crescita del debito pubblico in molti Paesi. “Perciò, minacciare ritorsioni non serve a niente, se non ad inasprire i rapporti” dice Peter.
Tanto più che, sottolinea Bruno, la lotta all’evasione è appena cominciata: “E maggiore sarà in futuro la pressione dell’Ue sulla Svizzera, perché il contesto internazionale è cambiato”. La vertenza con Berlino, dopo quella con gli Usa, Italia e Francia, è dunque solo un altro capitolo di una storia ancora tutta da vedere. “È questa la realtà di oggi- dice Bernasconi- e non quella che si sogna a Berna”.
Fonte articolo
Terreno assai viscido, osserva Ferdinando Bruno, docente di fiscalità internazionale all’Usi di Lugano, secondo cui tirare come un elastico il diritto o la morale serve a ben poco: “I dati bancari rubati- spiega- riguardano atti illegittimi, comportamenti considerati reati dallo Stato tedesco, che può sanzionarli con l’acquisizione di queste informazioni”. Altrettanto pragmatico Marco Bernasconi, professore di diritto tributario alla Bocconi e alla Supsi, va subito al sodo: “I distinguo etici o giuridici non portano da nessuna parte. Piaccia o no, bisogna capire una volte per tutte che, ormai, alcuni governi se non possono avere delle informazioni in un modo le ottengono in altro. Ma questo la nostra classe politica non l’ha ancora capito”. Moralità e immoralità a secondo del punto di vista, nota l’avvocato Henry Peter, docente di diritto economico all’Università di Ginevra: “ Per la Germania è immorale la Svizzera che custodisce capitali sottratti al fisco; per la Svizzera è invece immorale la Germania se paga per i dati rubati”.
Per Bernasconi il problema è assai semplice: “Per avere delle informazioni fiscali c’è un canale ufficiale che è quello delle convenzioni sottoscritte dalla Svizzera con un’ottantina di Paesi, accordi che stabiliscono pure a che condizioni la Confederazionepuò fornire queste informazioni- spiega-. Ad alcuni Stati, come Usa, Francia, Germania o Italia, ciò non basta, vorrebbero andare oltre, e vanno oltre, da quanto previsto nelle convenzioni. Io non faccio valutazioni morali, dico solo che questa è la realtà con cui dobbiamo fare i conti”. Ridotto all’osso il ragionamento di Bernasconi significa che per Berna è finito il tempo dei distinguo: “ Se un governo vuole i soldi evasi al suo fisco se li prende comunque”. Insomma, la Svizzera come isola salva evasori, secondo la definizione del senatore Dick Marty, sotto l’assedio di Ue e Usa ha i giorni contati.
A metterla sul piano giuridico-morale ci sono poche scappatoie, nota Bruno: “L’illegittimita dell’evasione fiscale che un governo vuole perseguire assorbe e supera l’eventuale illeggitimità con cui esso ottiene le informazioni necessarie”. Per sbloccare la situazione Peter indica una possibile strada: “ Tra i due Paesi c’è il trattato sulla doppia imposizione che regola anche lo scambio d’informazioni. In mancanza di altre soluzioni bisogna far leva su questo accordo, che è sempre una comune base di partenza per trattare”. Gusto o sbagliato che sia, la “ragion di Stato”, di Usa, Germania, Francia o Italia, si sta dimostrando, per Bernasconi, più forte del diritto. Una ragion di Stato che si misura nei 3200 miliardi di euro spesi dai governi in Europa e negli Usa per salvare il sistema bancario e nell’allarmante crescita del debito pubblico in molti Paesi. “Perciò, minacciare ritorsioni non serve a niente, se non ad inasprire i rapporti” dice Peter.
Tanto più che, sottolinea Bruno, la lotta all’evasione è appena cominciata: “E maggiore sarà in futuro la pressione dell’Ue sulla Svizzera, perché il contesto internazionale è cambiato”. La vertenza con Berlino, dopo quella con gli Usa, Italia e Francia, è dunque solo un altro capitolo di una storia ancora tutta da vedere. “È questa la realtà di oggi- dice Bernasconi- e non quella che si sogna a Berna”.
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