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di 'Per quel che mi riguarda'

venerdì 12 febbraio 2010

MALINCONIA DI UN REGIME di Ida Dominijanni

La terra tremava, l’Aquila crollava, le macerie si ingoiavano i morti e loro ridevano: «Qua bisogna partire in quarta, mica c’è un terremoto al giorno». Il terremoto porta la ricostruzione e la ricostruzione porta gli appalti. E gli appalti, cosa portano? Palate di affari a chi se li aggiudica, e palate di doni in cambio a chi glieli assegna. In dettaglio: soldi, utenze di cellulari, disponibilità di qualche appartamento per le vacanze alla Maddalena con personale di servizio annesso, lavori di ristrutturazione di altri appartamenti e mobili, divani e poltrone per arredarli, qualche Bmw, qualche passaggio in aereo privato, soggiorni a volontà in alberghi di lusso. Questo per gli funzionari della cricca della Ferratella. Per il capo, invece, donne: alla voce massaggi, presso il Salaria Sport Village di Roma. Il capo, sbattuto fra l’Aquila e New York e Haiti, ogni tanto aveva bisogno di rilassarsi un po’ perché, come dice il premier, soffre di mal di schiena: «una ripassata con Francesca», la preferita, o con una ragazza brasiliana era l’ideale. All’occorrenza, feste speciali. «Megagalattiche», con «due o tre situazioni» tutte per lui. Ci pensava Diego Anemone, il Tarantini di turno. Assistiamo da dieci mesi a un indecoroso carosello. Il regime di Silvio Berlusconi è sommerso da scandali di varia natura, Silvio Berlusconi se la prende con i giudici e le inchieste «a orologeria», il suo impero editoriale monta scandali altrui nel tentativo di diluire il marciume di governo in una fogna collettiva: tutto è gossip e nel gossip tutto si equivale e tutto si annulla. E’ ora di piantarla. Quello che emerge dall’inchiesta sulla Protezione civile non è gossip e non è neanche uno scandalo: è uno tsunami che monta dal cuore del regime berlusconiano, mettendo definitivamente a nudo l’idea di Stato e di legalità, di mercato e di efficienza che lo sorregge e lo sostanzia. Un governo imprenditore, affrancato dalla legge in nome dell’emergenza, che mette in mora norme, procedure e controlli, nonché il comandamento liberista della competizione di mercato. E’ la stessa miscela di stato d’eccezione e stato-impresa sperimentata da Bush jr. nella guerra in Iraq, col terremoto dell’Aquila nella parte, in sedicesima, del crollo delle Torri, e la trasformazione della Protezione civile in Spa come corollario conseguente. Con la ciliegina sulla torta, impensabile negli Usa ma praticabile in Italia, del crisma dell’impunità a Bertolaso, all’uopo nominabile ministro. Così il cerchio si chiude: come l’imprenditore di governo, anche il governo imprenditore è per definizione onnipotente e immune, immune e onnipotente.
Poi c’è l’altra, di ciliegina, anch’essa un prodotto rigorosamente nostrano. Si chiama escort ed è diventata il marchio di qualità della democrazia made in Italy, il fringe benefit degli uomini che contano. Ripassiamoci l’elenco: appartamenti,
servitù, divani, Bmw, donne. Un regalo come un altro, una tangente come un’altra, una merce come un’altra, per utilizzatori finali e iniziali, sporadici o costanti. Merce procurata, perché gli uomini che contano non hanno il tempo per alzare il telefono e non hanno la testa per curare la parvenza di una relazione: ci pensi qualche altro, che si chiami Anemone o che si chiami Tarantino, purché sia efficiente quando scatta l’emergenza.
Dieci mesi di carosello hanno tentato con ogni mezzo di diluire e insabbiare quello che era distinto e lampante nella denuncia di Veronica Lario: ciarpame politico, sistema di scambio fra potere, sesso e danaro. Per il divertimento dell’imperatore, disse allora l’imperatrice senza assolvere la corte, che, aggiunse, era connivente. Adesso diventa chiaro che se è l’imperatore a divertirsi, anche i vassalli vogliono la loro parte. Diventa chiara anche un’altra cosa, oscurata nel frattempo all’insipienza e dalla debolezza dell’opposizione. Nella marmellata del gossip che ogni giorno la stupidità dei media di regime rimescola, non è vero che tutto è uguale a tutto. Non ci piacciono i Marrazzo e i Delbono,mané questi né altri casi in cui siano in gioco storie, peccati e stoltezze singolari è paragonabile a questa etica goverantiva dell’equivalenza, dove una donna vale quanto un divano o un’automobile, il sesso è una protesi meccanica del potere, il suo procacciatore un efficiente servitore, il piacere un pezzo del pacchetto tutto compreso. Malinconico pare che si chiami uno dei personaggi coinvolti nell’inchiesta sulla Protezione civile, un nome giusto come sigla di regime.

Fonte articolo 'Il Manifesto'

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