Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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mercoledì 17 febbraio 2010
La metafora di San Fratello di Vincenzo Consolo
La Sicilia e la Calabria franano, franano (sono metafora di questo nostro felice paese?). Ieri Giampilieri, con i suoi trentamorti, oggi molti luoghi della zona tirrenica, dei Nebrodi. Oggi San Fratello in provincia di Messina e Maierato in provincia di Vibo Valenzia. Ci andrà Bertolaso?
Paese antico, San Fratello, già San Filadelfio, costruito su un colle di 700 metri dov’era la greca Demenna. Costruito, San Fratello, nell’Alto Medio Evo, dalle truppe mercenarie raccolte nella Valle Padana (ma questo non bisogna farlo sapere a Bossi)da Ruggero il Normanno per la riconquista. Queste truppe di mercenari si erano stabilite in Sicilia formando le cosiddette colonie lombarde (Nicosia, Aidone, Piazza Armerina, Francavilla, Novara di Sicilia e San Fratello,appunto).
Colonie chiuse che hanno conservato le loro tradizioni lombarde, i loro costumi e, soprattutto, la loro lingua, il gallo italico o mediolatino. San Fratello è stata la più tipica e la più chiusa di queste colonie. Paese di pastori, di carbonai e di contadini, che aveva la sua ragione di vita nel ricco bosco adiacente al paese, il bosco della Miraglia, che fa parte del Parco dei Nebrodi, ricco di faggi, cerri, querce. La fine del mondo contadino degli anni Cinquanta, Sessanta, ha fatto crollare l’economia di San Fratello e costretto molti dei suoi abitanti ad emigrare. Emigrare dove? In Lombardia naturalmente, come in una sorta di richiamo ancestrale. C’è stata una trafila migratoria in Val Ceresio, nei paesi soprattutto di Saltrio e Viggiù. La popolazione di San Fratello si era quasi dimezzata. Ultima emigrazione dopo quelle dovute alle frane. La prima del 1754, che rovinò quasi la metà dell’abitato, e l’altra del 1922 che rovinò la parte centrale del paese determinando l’esodo della popolazione sulla costa e che formò il paese di Acquedolci. E oggi quest’altra frana, in un luogo dove sembra non si doveva costruire, e che costringerà gli abitanti a un nuovo esodo. Dove andranno questi sanfratellani delle case crollate? Ad Acquedolci o a Viggiù?
Molti hanno scritto su San Fratello, sulla sua storia, le sue tradizioni, la sua lingua, da Luigi Vasi a Giuseppe Pitré, dal Rubino al De Gregorio, al Sanfilippo, al Ricca Salerno, a Trovato. E noi vogliamo riportare qui solo due curiosità che riguardano la storia di San Fratello: quella di San Benedetto il Moro e quella dei Giudei. Benedetto il Moro, figlio di uno schiavo negro fatto libero, era nato a San Fratello nel 1524, s’era fatto eremita sul monte Pellegrino, a Palermo. Beato e quindi santo, viene esportato nel Nuovo Mondo, diviene popolare col nome di San Benito da Palermo, in Colombia, Venezuela, Messico, Argentina, Brasile. Benito Juarez, presidente del Messico, prende il nome da San Benito. Il fabbro ferraio di Predappio, Alessandro Mussolini, diede al figlio, in onore di Juarez il nome di Benito. E finalmente il nostro Craxi, oriundo di San Fratello, prende il nome di Bettino in onore di San Benedetto il Moro. E così il cerchio si chiude.
La festa dei Giudei. Non erano ebrei questi giudei, ma sanfratellani, pastori e contadini, che il giovedì e il venerdì della Settimana santa, nel loro costume rosso e giallo con ricami e lustrini, incappucciati, recitavano sino in fondo la loro parte di uccisori di Cristo. Suonavano trombe, scampanavano, saltavano e urlavano per due giorni lungo le strade del paese, accompagnavano poi esultando la processione del Cristo morto, colpivano qualche volta con le catene qualche devoto dietro la processione. Di questa singolare festa dei Giudei ne parla Giuseppe Pitré nella sua vasta opera sulle tradizioni popolari siciliane e Leonardo Sciascia in Feste religiose in Sicilia (1965). Scrive Sciascia: «Ma si dovrebbe anche tener conto del fatto che a travestirsi da Giudei sono i contadini e i pastori, e che per l’occasione, sotto quel travestimento, in passato più che attualmente, venivano a godere di certi privilegi, di certe libertà. La parte più conculcata, più oppressa, più misera della popolazione di San Fratello, mettendosi in quel giorno nel ruolo di un popolo non meno oppresso e perseguitato, si levava a beffeggiare, a insultare, a colpire; e a irridere al sacrificio della croce».
La frana, la terza frana a San Fratello. Non più santo né fratello, direbbero i Giudei, ma solo fratellastro.
Fonte articolo 'Il Manifesto'
Paese antico, San Fratello, già San Filadelfio, costruito su un colle di 700 metri dov’era la greca Demenna. Costruito, San Fratello, nell’Alto Medio Evo, dalle truppe mercenarie raccolte nella Valle Padana (ma questo non bisogna farlo sapere a Bossi)da Ruggero il Normanno per la riconquista. Queste truppe di mercenari si erano stabilite in Sicilia formando le cosiddette colonie lombarde (Nicosia, Aidone, Piazza Armerina, Francavilla, Novara di Sicilia e San Fratello,appunto).
Colonie chiuse che hanno conservato le loro tradizioni lombarde, i loro costumi e, soprattutto, la loro lingua, il gallo italico o mediolatino. San Fratello è stata la più tipica e la più chiusa di queste colonie. Paese di pastori, di carbonai e di contadini, che aveva la sua ragione di vita nel ricco bosco adiacente al paese, il bosco della Miraglia, che fa parte del Parco dei Nebrodi, ricco di faggi, cerri, querce. La fine del mondo contadino degli anni Cinquanta, Sessanta, ha fatto crollare l’economia di San Fratello e costretto molti dei suoi abitanti ad emigrare. Emigrare dove? In Lombardia naturalmente, come in una sorta di richiamo ancestrale. C’è stata una trafila migratoria in Val Ceresio, nei paesi soprattutto di Saltrio e Viggiù. La popolazione di San Fratello si era quasi dimezzata. Ultima emigrazione dopo quelle dovute alle frane. La prima del 1754, che rovinò quasi la metà dell’abitato, e l’altra del 1922 che rovinò la parte centrale del paese determinando l’esodo della popolazione sulla costa e che formò il paese di Acquedolci. E oggi quest’altra frana, in un luogo dove sembra non si doveva costruire, e che costringerà gli abitanti a un nuovo esodo. Dove andranno questi sanfratellani delle case crollate? Ad Acquedolci o a Viggiù?
Molti hanno scritto su San Fratello, sulla sua storia, le sue tradizioni, la sua lingua, da Luigi Vasi a Giuseppe Pitré, dal Rubino al De Gregorio, al Sanfilippo, al Ricca Salerno, a Trovato. E noi vogliamo riportare qui solo due curiosità che riguardano la storia di San Fratello: quella di San Benedetto il Moro e quella dei Giudei. Benedetto il Moro, figlio di uno schiavo negro fatto libero, era nato a San Fratello nel 1524, s’era fatto eremita sul monte Pellegrino, a Palermo. Beato e quindi santo, viene esportato nel Nuovo Mondo, diviene popolare col nome di San Benito da Palermo, in Colombia, Venezuela, Messico, Argentina, Brasile. Benito Juarez, presidente del Messico, prende il nome da San Benito. Il fabbro ferraio di Predappio, Alessandro Mussolini, diede al figlio, in onore di Juarez il nome di Benito. E finalmente il nostro Craxi, oriundo di San Fratello, prende il nome di Bettino in onore di San Benedetto il Moro. E così il cerchio si chiude.
La festa dei Giudei. Non erano ebrei questi giudei, ma sanfratellani, pastori e contadini, che il giovedì e il venerdì della Settimana santa, nel loro costume rosso e giallo con ricami e lustrini, incappucciati, recitavano sino in fondo la loro parte di uccisori di Cristo. Suonavano trombe, scampanavano, saltavano e urlavano per due giorni lungo le strade del paese, accompagnavano poi esultando la processione del Cristo morto, colpivano qualche volta con le catene qualche devoto dietro la processione. Di questa singolare festa dei Giudei ne parla Giuseppe Pitré nella sua vasta opera sulle tradizioni popolari siciliane e Leonardo Sciascia in Feste religiose in Sicilia (1965). Scrive Sciascia: «Ma si dovrebbe anche tener conto del fatto che a travestirsi da Giudei sono i contadini e i pastori, e che per l’occasione, sotto quel travestimento, in passato più che attualmente, venivano a godere di certi privilegi, di certe libertà. La parte più conculcata, più oppressa, più misera della popolazione di San Fratello, mettendosi in quel giorno nel ruolo di un popolo non meno oppresso e perseguitato, si levava a beffeggiare, a insultare, a colpire; e a irridere al sacrificio della croce».
La frana, la terza frana a San Fratello. Non più santo né fratello, direbbero i Giudei, ma solo fratellastro.
Fonte articolo 'Il Manifesto'
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San Fratello, emblema di una nazione fondata sull'emergenza permanente
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