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di 'Per quel che mi riguarda'

venerdì 29 gennaio 2010

SINISTRA: La politica non sale sui tetti di Loris Campetti

Quando quest'estate il caso Innse conquistò le prime pagine dei giornali e bucò il video, fummo facili profeti nel prevedere che, con l'arrivo dell'autunno, le nebbie della «politica» avrebbero oscurato le mille lotte nate sull'esempio di quei lavoratori sul carroponte. La prima volta i gesti estremi fanno notizia, tanto più se è estate con la «politica» in vacanza. Il ritorno alla «normalità» abitua ai tetti invasi da operai che difendono il posto di in ogni modo. Non era successa la stessa
cosa con la strage alla Thyssenkrupp?
Grande risonanza mediatica e politica, ma chi vede oggi i 3-4 morti al giorno sul lavoro? Ci spiegano anzi che i «caduti» sono un po' diminuiti nel 2009, nascondendo l'evidenza: la crisi ha ridotto fortemente le ore lavorate e il risparmio di vite è numerico, non percentuale.
Lavoro oscurato, lavoratori rimossi. Non è una scelta che riguardi soltanto i media: dov'è finito l'interesse – se non la centralità – del lavoro nelle agende di gran parte della sinistra, anzi dell'opposizione al governo Berlusconi? E se compare in qualche postilla delle agende, è inutile cercarlo nelle pratiche e nelle scelte politiche. Una conferma illuminante viene dal dibattito e dai conflitti che sulle alleanze elettorali, le scelte di candidati sindaci e presidenti di regioni.
Il lavoro - le persone fisiche che si arrabattano nella precarietà e nella cassa integrazione, quelle che si incatenano ai cancelli o scalano i tetti per difendere salari, dignità e futuro, gli ex lavoratori vittime della crisi e della sua gestione - ridotti a comparse. Si può obiettare che i contenuti in generale e non solo il lavoro sono estranei ai processi politici elettorali. Un'aggravante, non una consolazione.
Il criterio che muove la ricerca di alleanze da parte del Pd (e non solo) è «geografico», centrato sulla conquista del «centro» dello schieramento politico, salvo poi accorgersi, in molti casi, di essere stati da esso conquistati ed espugnati. Chi ancora ragiona sulla composizione sociale per definire le alleanze e si chiede quali siano il campo e gli interlocutori di un «blocco» antiberlusconiano, mette a fuoco i diritti civili, perdendosi per strada quelli sociali. E' vero o no che la libertà vale doppio, rispetto all'eguaglianza e alla fraternità? I lavoratori dipendenti, per non dire degli operai, meritano interesse solo in quanto «cittadini», anzi come consumatori farebbero più punti ma dentro la crisi sono piuttosto latitanti. Per fare solo un esempio, la candidatura di Emma Bonino alle elezioni regionali del Lazio è senz'altro coraggiosa, se non altro perché la città di Roma vive gomito a gomito con un sempre più invadente Vaticano. Un segnale in controtendenza. Però non si può nascondere l'imbarazzo di tanti lavoratori segnati dalla crisi a esprimere un voto a chi pensa che per uscire dalla crisi provocata dal liberismo si debbano scegliere ricette liberiste. Quella croce sulla scheda elettorale sarà sofferta per una parte del popolo dei cancelli, degli uffici, dei tetti e dei silos. C'è da sperare che non prevalga il masochismo di chi si sente «tradito», fino al punto di dare un voto di protesta a una «sindacalista», per quanto post-fascista, come la Polverini – una candidatura populista ma certamente furba. E c'è da temere il non voto.
Cambiare l'interlocutore è legittimo, bisognerebbe capire se paga anche in termini elettorali. L'importante è che il giorno del prossimo scrutinio nessuno che voglia costruire un'alternativa a Berlusconi, ci inondi con le sue lacrime e le sue domande sulle ragioni del «tradimento» degli operai e dei lavoratori. Quel rancore nei confronti della sinistra è figlio di un precedente e più grave «tradimento».

Fonte articolo 'Il Manifesto'


Fiat di Termini Imerese - Annozero 28.01.2010 -Servizio di Dina Lauricella


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