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mercoledì 6 gennaio 2010
SE FLAIANO PIANGE di Oliviero Beha
Il famoso “la situazione è grave ma non seria” di Ennio Flaiano rischia grosso: sta diventando tremendamente serio un po’ tutto nell’ex Belpaese dopo decadi di gravità flaianea in un combinato disposto che non fa più neppure ridere. Peccato, perché la formula era una ricchezza della nazione che così viene colpevolmente sperperata. E quando oltre alla Costituzione si aggredisce anche Flaiano, allora sì che appunto la situazione implode e diviene sia grave che seria. Come e dove ti giri, ti giri, è tutta una giostra grottesca su cui saliranno forse ormai i nostri nipoti, se va bene. C’è solo l’imbarazzo della scelta. Vogliamo occuparci del segreto di Stato che sta correndo il rischio opposto a quello del segreto di Pulcinella? Adesso Berlusconi mette la sordina a Mancini per le sue avventure telefoniche marca Telecom, dopo aver sistemato alla grande Pollari, Pompa e il pio “Betulla” già esecrato da tutti i botanici. Uno spione alle erbe. Se è questo il metro, tra un po’ metterà il segreto di Stato anche sulle tasse che paga, lui e famiglia/e. Preferite il ministro Brunetta, e l’avvampare del suo sdegno per l’articolo 1 della Costituzione, “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”, che sostituirebbe con il concetto di “efficienza e meritocrazia”? E perché allora non salta il fosso e la dice tutta, ma proprio tutta. E cioè che l’Italia era complessivamente una “Repubblica fondata sul denaro” prima, ieri, e una “Repubblica fondata sulla mafia” ormai, oggi, a giudicare da quello che accade in giro a tutte le latitudini nostrane? Lo sa il ministro per l’Innovazione che il livello di infiltrazione della delinquenza organizzata ha rotto tutti gli argini, al sud, al centro e al nord? Certamente conosce i numeri. E allora se è il merito della meritocrazia che giustamente lo intriga, continui a lavorare in questo senso scoperchiando i pentoloni a partire da quelli più vicini, senza giocare con le tre noci costituzionali sotto le quali continua a sparire il pisello (della legalità, che avete capito?). Altrimenti invece che il merito e la meritocrazia lascia pensare che quello che sembra premere anche a lui, uomo dabbene con un passato e soprattutto un debutto politico socialista “vero”, sia soltanto la necessità di mischiare le carte e la Carta. E del resto anche questa storia delle modifiche costituzionali, in un paese con una classe dirigente lontanissima dal rispettare le regole fondanti della democrazia, con il giochetto dell’art. 138 buono a servire una maggioranza e una minoranza che si ritagliano i vestiti su misura, è diventata grave e seria, serissima. E non sarebbe grave e casomai soltanto seria la questione della via da dedicare a Craxi, uno statista latitante su cui si gioca il passato prossimo di un po’ tutti, a partire dal premier (come giustamente hanno rilevato Pirani e Bocca in questi giorni) ma continuando con il Fassino del Pantheon democratico e la miriade di lacché di Bettino ancora vivi, vegeti e ingrassati, se non fosse passato così poco tempo: un decennio che però non vuole passare, un decennio di inabissamento perfezionato, un decennio in cui sembra più vivo il transfuga di Hammamet che i contemporanei di Arcore, Lorenzago o Piacenza. Un po’ di calma e gesso, via, e poi anche Craxi avrà la sua strada a metà tra Gengis Khan e Stavisky (senza “r”, proto…). Ma per far piangere Flaiano basta dare un’occhiata alle candidature sinistrorse in Puglia: sono davvero dei Mida rovesciati dall’oro al guano, una serie di organismi geneticamente modificati dal potere o dal sottopotere, lacerati tra il privilegio e l’autolesionismo. Chapeau, sembra quasi peggio vincere (?!?!) così che perdere seriamente. Perché non ci facciamo un bel sondaggio?
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