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di 'Per quel che mi riguarda'

giovedì 21 gennaio 2010

Giustizia: Il processo è scaduto di Andrea Fabozzi

(Vignetta Bandanas)
A Torino nel processo per la morte dei sette operai della Thyssenkrupp, in un anno, si sono tenute 45 udienze. Sospese, adesso, per la malattia di uno dei giudici popolari: per quanto il tribunale cerchi di andar veloce sono già passati due anni dalla chiusura (a tempo di record, due mesi dopo l’incidente) delle indagini. A Roma ieri pomeriggio il senato ha approvato il disegno di legge sul processo breve. Che non contiene più alcuna eccezione per i delitti conseguenti alle violazioni delle leggi sulla sicurezza del lavoro. Dunque per alcuni dei responsabili della morte degli operai della Thyssen il processo si chiuderà entro un anno, per altri ci sarà un anno in più, in ogni caso senza una sentenza di primo grado non ci saranno più colpevoli. Intanto con le norme transitorie di questa legge, presentata dai senatori Gasparri e Quagliariello e riscritta dal senatore Valentino, i processi Mediaset e Mills spariranno come d’incanto. Per Berlusconi sarà la fine dei problemi e anche per l’avvocato inglese David Mills che è già stato condannato in primo e secondo grado per corruzione in atti giudiziari, se la camera approverà il processo breve prima della sentenza della Cassazione che se ne occuperà il 25 febbraio prossimo.
Corsa contro il tempo
163 sì, 130 no e due astenuti. Così il senato ha dato il via libera a quella che secondo i calcoli della presidente del gruppo del Pd Anna Finocchiaro e «la diciottesima legge ad personam».
In due hanno dichiarato di non partecipare al voto, uno a sorpresa dai banchi del Pdl. È il senatore Enrico Musso, un professore di economia dei trasporti che nel 2007 fu sconfitto da Marta Vincenzi nelle elezioni per il sindaco di Genova e che poi fu promosso da Berlusconi al senato. «La maggioranza - ha detto Musso in aula - ha fatto un grave errore a non ammettere pubblicamente i due obiettivi della legge sul processo breve, il primo, condiviso da tutti, della irragionevole durata dei processi, il secondo, che è diventata una specie di agenda nascosta, della tutela del presidente del Consiglio». Su questa frase il presidente del senato ha tolto l’audio al senatore dissidente. Altre emozioni non ce ne sono state, se si esclude la rituale protesta dei senatori dell’Idv immediatamente dopo il voto, con fogli prestampati. Così l’accelerazione decisa dal presidente del Consiglio e dal suo ristretto circolo legale dopo la rinuncia al decreto «blocca processi» (che avrebbe dovuto applicare la sentenza della Consulta sul rito abbreviato) ha condotto il processo breve al primo approdo in una manciata di giorni. L’emendamento Valentino lo ha completamente riscritto, dividendo i reati in tre fasce (puniti con meno di dieci anni, con dieci o più anni e reati di terrorismo e mafia) e assegnando una durata massima del processo per ognuna delle tre fasce: sei anni e mezzo (tre in primo grado, due in secondo e uno e mezzo in Cassazione), sette anni (quattro più due più uno) e dieci anni (cinque più tre più due).
Toghe unite nella denuncia
All’approvazione in primo grado della legge i magistrati italiani hanno reagito recuperando il «comitato intermagistrature», un organismo raramente riunito che tiene insieme magistrati ordinari, contabili e amministrativi. Il giudizio è stato netto: «La legge sul processo breve avrà conseguenze devastanti, distruggerà il funzionamento della giustizia in Italia. Centinaia di migliaia di processi finiranno al macero con un costo sociale e un danno erariale altissimo». Secondo le toghe, per i reati commessi prima del 2 giugno 2006 puniti con una pena inferiore ai due anni si assisterà a un’amnistia di fatto, a causa della norma transitoria necessaria a cancellare i processi di Berlusconi. Ma il «colpo di spugna» profetizzato dai magistrati riguarderà tutti «i tipici reati della criminalità dei colletti bianchi» e «renderà impossibile l’accertamento degli omicidi colposi realizzati nell’ambito dell’attività medica, le lesioni personali, le truffe, gli abusi di ufficio, la corruzione, le frodi comunitarie, le frodi fiscali, i falsi in bilancio» e ancora e ancora. Il veleno nella coda della legge è che «sarà sempre più difficile reprimere fenomeni di mala amministrazione» visto che l’ultima versione del processo breve prevede l’estinzione anche dei processi pendenti davanti alla Corte dei conti. Per la gioia direttamente dell’autore, il senatore Valentino che è sotto processo contabile per le consulenze concesse quando era sottosegretario alla giustizia, insieme all’allora ministro Castelli e all’altra sottosegretaria di Forza Italia Iole Santelli.
I dubbi di incostituzionalità
Per il voto finale al senato l’opposizione non ha chiesto il voto segreto, dopo che martedì qualche senatore - probabilmente dell’Udc - aveva votato con la maggioranza. Il segretario del Pd Pierluigi Bersani ha laconicamente commentato che «per uno salvo migliaia saranno senza giustizia». Antonio Di Pietro per una volta volta non ha annunciato un referendum abrogativo ma si è rivolto al capo dello stato perché non firmi la legge e alla Corte costituzionale perché la cancelli. Ma la nuova versione del processo breve è certamente meno a rischio incostituzionalità della precedente, anche se ci sono dei dubbi sulla norma transitoria. La vera incognita è politica risiede nelle perplessità dei deputati vicini a Gianfranco Fini che aspettano la legge alla camera.

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